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Perché si può cambiare il Catechismo? Risponde Giovanni Paolo II

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Giovanni Marcotullio - pubblicato il 29/08/18
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Quanto alla pena di morte, era stato proprio il CCC redatto da Joseph Ratzinger per ordine del Papa Polacco a rompere con la lezione che andava da san Tommaso a Pio XII, eppure ogni riformulazione della fede, che avvenga “sinfonicamente” nella Chiesa, non introduce alcuna novità nel suo depositum.Quando la polemica sul rescritto pontificio che modificò l’articolo 2267 del Catechismo era al suo acme un lettore mi ha scritto su Facebook:

Io continuo a ritenere giusta la precedente formulazione del 2267 del Catechismo. Resto favorevole alla pena di morte in linea di principio. Ritengo la nuova formulazione ambigua e in contraddizione con l’insegnamento e, soprattutto, la pratica che la Chiesa stessa ha adottato per secoli. Prendo questa modifica del Catechismo come niente di più che una rinnovata esortazione del Papa a impegnarsi affinché l’applicazione della pena di morte sia scongiurata. Per come la vedo adesso ritengo che non ci siano argomenti che possano spostarmi da questa posizione. Cosa dovrei fare come cattolico? Posso esprimere liberamente queste posizioni in quanto cattolico? O dovrei chiamarmi fuori?

Dopo uno scambio col quale entrambi ci sincerammo di avere a che fare con un interlocutore interessato a discutere civilmente (e non con un “troll”) risposi così:

La risposta è molto semplice, anche se la articolo in due parti:

• Se intende parlare del suo personale assenso di fede, e considerando che anche nel depositum fidei c’è una gerarchia delle verità, penso che una divergenza limitata a questo o simili àmbiti (su Aleteia ho ricordato che lo diceva anche il Prefetto CdF Ratzinger in un rescritto) sia ammissibile, ovvero tollerabile. La Santa Chiesa, Madre e Maestra, accompagna compassionevolmente non solo chi ha difficoltà nel proprio matrimonio, ma anche i figli che non le stanno dietro nell’approfondimento dei propri convincimenti.

• Se invece intende parlare di una facoltà di insegnare che l’insegnamento della fede cattolica sarebbe conforme alla vecchia versione del numero 2267 e non alla nuova, penso che ciò si porrebbe in contrasto frontale con l’autorità che ha promanato il CCC, la quale sola formalizza i contenuti della dottrina cattolica nel pellegrinaggio terreno della Chiesa.

Insomma, chioserei con san Paolo: «Quanti dunque siamo perfetti, dobbiamo avere questi sentimenti; se in qualche cosa pensate diversamente, Dio vi illuminerà anche su questo. Intanto, dal punto a cui siamo arrivati continuiamo ad avanzare sulla stessa linea».

La questione sottesa è però quella della tangibilità del Catechismo, che alcuni descrivono come una specie di moloch intoccabile, da maneggiare col sacro terrore che impone l’Arca dell’Alleanza in 2Sam 6.


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Di per sé, il genere letterario del “catechismo” conosce il proprio apogeo nel XVI secolo (grazie ai catechismi di Lutero e Pietro Canisio, oltre che a quello, lievemente posteriore, del Concilio di Trento), anche se si annoverano dei prodromi che affondano le radici più remote nella schola palatina e nella scuola di Alcuino di York. Nacque appunto come sviluppo organico di un’introduzione al cristianesimo a mezzo di domande e risposte (la forma riesumata ultimamente da Pio X e da Benedetto XVI – per il Compendio); nella forma “classica” esemplata dal Catechismo tridentino l’andamento dialogico era già scomparso per lasciare il posto a un’esposizione della dottrina a una sola voce.


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Questi brevissimi accenni sono qui funzionali solo a un aspetto della questione: il catechismo – ogni catechismo – è uno strumento. Uno strumento che neppure è esistito per tutta la storia della Chiesa, e fra tutti i catechismi esistenti si dànno notevoli differenze di forma e di contenuto. Dunque si tratta non solo di uno strumento, ma anche di uno strumento marcatamente storico, segnato di volta in volta dalla propria epoca e dalle istanze che caratterizzavano quest’ultima.


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Utile in tal senso è rileggere la Costituzione apostolica Fidei depositum, con la quale Giovanni Paolo II promulgava nel 1992 la prima edizione del Catechismo (quella redatta in francese), nonché la più breve Lettera apostolica Lætemur magnopere, che cinque anni dopo si approvava e si promulgava l’editio typica.


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Giovanni Paolo II ricordava di aver aperto i lavori preparatori del Catechismo a seguito del Sinodo del 1985, il quale intendeva celebrare i primi venti anni dalla conclusione del Vaticano II:

In questo spirito, il 25 gennaio 1985 ho convocato un’Assemblea straordinaria del Sinodo dei Vescovi, in occasione del ventesimo anniversario della chiusura del Concilio. Scopo di questa assemblea era di celebrare le grazie e i frutti spirituali del Concilio Vaticano II, di approfondirne l’insegnamento per meglio aderire ad esso e di promuoverne la conoscenza e l’applicazione.

In questa circostanza i Padri sinodali hanno affermato: « Moltissimi hanno espresso il desiderio che venga composto un catechismo o compendio di tutta la dottrina cattolica per quanto riguarda sia la fede che la morale, perché sia quasi un punto di riferimento per i catechismi o compendi che vengono preparati nelle diverse regioni. La presentazione della dottrina deve essere biblica e liturgica. Deve trattarsi di una sana dottrina, adatta alla vita attuale dei cristiani ». Dopo la chiusura del Sinodo, ho fatto mio questo desiderio, ritenendolo « pienamente rispondente ad un vero bisogno della Chiesa universale e delle Chiese particolari ».

Dopo aver richiamato la formazione della Commissione preparatoria (presieduta dal cardinal Ratzinger), il Papa polacco si diffuse utilmente sulla distribuzione della materia, che spiega bene perché non sarebbe stato ugualmente efficace integrare uno dei catechismi precedenti:

Un catechismo deve presentare con fedeltà ed in modo organico l’insegnamento della Sacra Scrittura, della Tradizione vivente nella Chiesa e del Magistero autentico, come pure l’eredità spirituale dei Padri, dei santi e delle sante della Chiesa, per permettere di conoscere meglio il mistero cristiano e di ravvivare la fede del popolo di Dio. Esso deve tener conto delle esplicitazioni della dottrina che nel corso dei tempi lo Spirito Santo ha suggerito alla Chiesa. E anche necessario che aiuti a illuminare con la luce della fede le situazioni nuove e i problemi che nel passato non erano ancora emersi.

Il Catechismo comprenderà quindi cose nuove e cose antiche, poiché la fede è sempre la stessa e insieme è sorgente di luci sempre nuove.

Per rispondere a questa duplice esigenza, il « Catechismo della Chiesa Cattolica » da una parte riprende l’« antico » ordine, quello tradizionale, già seguito dal Catechismo di san Pio V, articolando il contenuto in quattro parti: il Credo; la sacra Liturgia, con i sacramenti in primo piano; l’agire cristiano, esposto a partire dai comandamenti; ed infine la preghiera cristiana. Ma, nel medesimo tempo, il contenuto è spesso espresso in un modo « nuovo », per rispondere agli interrogativi della nostra epoca.

Le quattro parti sono legate le une alle altre: il mistero cristiano è l’oggetto della fede (prima parte); è celebrato e comunicato nelle azioni liturgiche (seconda parte); è presente per illuminare e sostenere i figli di Dio nel loro agire (terza parte); fonda la nostra preghiera, la cui espressione privilegiata è il « Padre Nostro », e costituisce l’oggetto della nostra supplica, della nostra lode, della nostra intercessione (quarta parte).

La Liturgia è essa stessa preghiera; la confessione della fede trova il suo giusto posto nella celebrazione del culto. La grazia, frutto dei sacramenti, è la condizione insostituibile dell’agire cristiano, così come la partecipazione alla Liturgia della Chiesa richiede la fede. Se la fede non si sviluppa nelle opere, è morta e non può dare frutti di vita eterna.

E prima della conclusione un breve capitolo fu dedicato a illustrare il valore dottrinale del testo. Un compendio quanto mai utile a comprendere ciò che il Catechismo è… e ciò che esso non è.

Il « Catechismo della Chiesa Cattolica », che ho approvato lo scorso 25 giugno e di cui oggi ordino la pubblicazione in virtù dell’autorità apostolica, è un’esposizione della fede della Chiesa e della dottrina cattolica, attestate o illuminate dalla Sacra Scrittura, dalla Tradizione apostolica e dal Magistero della Chiesa. Io lo riconosco come uno strumento valido e legittimo al servizio della comunione ecclesiale e come una norma sicura per l’insegnamento della fede. Possa servire al rinnovamento al quale lo Spirito Santo incessantemente chiama la Chiesa di Dio, Corpo di Cristo, pellegrina verso la luce senza ombre del Regno!

L’approvazione e la pubblicazione del « Catechismo della Chiesa Cattolica » costituiscono un servizio che il successore di Pietro vuole rendere alla Santa Chiesa Cattolica, a tutte le Chiese particolari in pace e in comunione con la Sede apostolica di Roma: il servizio cioè di sostenere e confermare la fede di tutti i discepoli del Signore Gesù, come pure di rafforzare i legami dell’unità nella medesima fede apostolica.

Chiedo pertanto ai Pastori della Chiesa e ai fedeli di accogliere questo Catechismo in spirito di comunione e di usarlo assiduamente nel compiere la loro missione di annunziare la fede e di chiamare alla vita evangelica. Questo Catechismo viene loro dato perché serva come testo di riferimento sicuro e autentico per l’insegnamento della dottrina cattolica, e in modo tutto particolare per l’elaborazione dei catechismi locali. Viene pure offerto a tutti i fedeli che desiderano approfondire la conoscenza delle ricchezze inesauribili della salvezza. Intende dare un sostegno agli sforzi ecumenici animati dal santo desiderio dell’unità di tutti i cristiani, mostrando con esattezza il contenuto e l’armoniosa coerenza della fede cattolica. Il « Catechismo della Chiesa Cattolica », infine, è offerto ad ogni uomo che ci domandi ragione della speranza che è in noi e che voglia conoscere ciò che la Chiesa Cattolica crede.

Questo Catechismo non è destinato a sostituire i Catechismi locali debitamente approvati dalle autorità ecclesiastiche, i Vescovi diocesani e le Conferenze episcopali, soprattutto se hanno ricevuto l’approvazione della Sede apostolica. Esso è destinato ad incoraggiare ed aiutare la redazione di nuovi catechismi locali, che tengano conto delle diverse situazioni e culture, ma che custodiscano con cura l’unità della fede e la fedeltà alla dottrina cattolica.

“Uno strumento valido e legittimo al servizio della comunione ecclesiale e […] una norma sicura per l’insegnamento della fede”: bella definizione. Modesta ma conscia dell’importanza di un lavoro epocale. Con il Catechismo il Papa serve i servi di Dio sparsi nel mondo, non pretende di sostituire il loro servizio; soprattutto si esprime uno stile, che è quello mutuato dal Concilio Vaticano II il quale

non doveva per prima cosa condannare gli errori dell’epoca, ma innanzitutto impegnarsi a mostrare serenamente la forza e la bellezza della dottrina della fede.

Cinque anni dopo Giovanni Paolo II avrebbe succintamente ricapitolato quanto esposto nella Costituzione apostolica, il cui valore ovviamente permane immutato, e avrebbe aggiunto un’importante annotazione su quanto avvenne in risposta alla promulgazione dell’edizione francese:

Questa edizione è stata preparata da una Commissione Interdicasteriale, che ho costituito a tale scopo nel 1993. Presieduta dal Card. Joseph Ratzinger, tale Commissione ha lavorato assiduamente, per adempiere al mandato ricevuto. Essa ha dedicato particolare attenzione all’esame delle numerose proposte di modifica ai contenuti del testo, che durante questi anni sono pervenute dalle varie parti del mondo e dalle diverse componenti del mondo ecclesiale.

A questo riguardo si può opportunamente rilevare che l’invio tanto considerevole di proposte di miglioramento manifesta anzitutto il notevole interesse che il Catechismo ha suscitato in tutto il mondo, anche in ambienti non cristiani. Conferma inoltre la sua finalità di porsi come esposizione completa ed integra della dottrina cattolica, che consente a tutti di conoscere ciò che la Chiesa stessa professa, celebra, vive, prega nella sua vita quotidiana. Evidenzia nello stesso tempo il grande impegno di tutti nel voler offrire il proprio contributo perché la fede cristiana, i cui contenuti essenziali e fondamentali vengono riassunti nel Catechismo, possa essere presentata oggi al mondo nel modo più adeguato possibile. Attraverso questa collaborazione molteplice e complementare delle varie membra della Chiesa, si realizza così, ancora una volta, quanto scrissi nella Costituzione Apostolica Fidei depositum: « Il concorso di tante voci esprime veramente quella che si può chiamare la “sinfonia” della fede ».

Una fede sinfonica, ecco la formula ecclesiale a cui Giovanni Paolo II e Joseph Ratzinger ispirarono il lavoro di revisione del grande testo proposto nel 1992: la fede cattolica non è l’opera romantica di un genio solitario, né la direttiva sovietica di un ristretto Politbüro… è invece il respiro di un popolo che già da sempre la conosce, che per essa – per la Fede – ha un fiuto infallibile. E il Servo dei servi di Dio, naturalmente, vigilò sulle proposte applicando il discernimento degli spiriti… e dello Spirito:

Anche per tali motivi, la Commissione ha preso in seria considerazione le proposte pervenute, le ha attentamente esaminate attraverso varie istanze, e ha sottoposto alla mia approvazione le sue conclusioni. Queste, in quanto consentono di esprimere meglio i contenuti del Catechismo rispetto al deposito della fede cattolica, oppure permettono di formulare alcune verità della stessa fede in modo più confacente alle esigenze della comunicazione catechistica attuale, sono state da me approvate, e sono quindi entrate a far parte della presente edizione tipica latina. Essa pertanto ripete fedelmente i contenuti dottrinali che ho presentato ufficialmente alla Chiesa e al mondo nel dicembre 1992.

Le novità possono esserci, ed anche non essere marginali: esse però non confluirono nel Catechismo del 1997 se non come riformulazione di un’unica e medesima dottrina. Undici anni di lavoro sinodale costante hanno regalato alla Chiesa (e pure al mondo) un testo che – lungi dallo stagliarsi come un totem tribale – risulta esemplare e quanto mai attuale proprio nello stile ecclesiale in cui nacque.



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