“Vedo in voi le Sentinelle del Mattino”, disse Giovanni Paolo II ed ecco cosa è fiorito: una storia di evangelizzazione per accendere la speranza nei giovanidi Roberta Conte
“Cari amici, vedo in voi le Sentinelle del Mattino in quest’alba del terzo millennio…”.
Dalle parole che nel 2000 Giovanni Paolo II rivolge ai giovani, durante la Giornata Mondiale della Gioventù a Tor Vergata, nasce a Verona il Progetto Sentinelle del Mattino,un progetto di Evangelizzazione e Primo Annuncio la cui prima espressione sarà Una Luce nella Notte, esperienza che oggi a Milano, presso la basilica di Sant’Eustorgio, ogni terzo sabato del mese, continua a permettere ai giovani, e non solo, di avvicinarsi a Dio e alla preghiera.
I compiti o “ministeri” degli evangelizzatori sono quattro: i contatti in strada, l’accoglienza, l’intercessione e l’animazione musicale. Il primo ministero è composto da quei giovani che trascorrono la serata invitando chi incontrano per strada ad entrare in chiesa per incontrare Gesù. Il ministero dell’accoglienza si occupa di accogliere in chiesa chi ha accettato l’invito o chi entra per caso o per scelta. Il ministero dell’intercessione si occupa di sostenere tutta la serata con la preghiera: ad ogni intercessore è affidato il compito di pregare per una coppia di giovani che sono in strada a portare l’invito. Il ministero dell’animazione musicale si occupa di circondare tutta la serata con la musica, il
canto e la Parola di Dio.
Nel 1999, a Verona, il Progetto vede i primi esperimenti: una chiesa aperta, giovani desiderosi di incontrare i giovani che vivono fuori dalla Chiesa e parlare loro di Gesù. Una notte insieme nella preghiera e nella condivisione, al lume delle decine di candele che illuminano la chiesa.
Abbiamo incontrato Lukas, coordinatore a Milano, con il quale ripercorriamo la storia e la missione di Luce nella notte.
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Come arriva Luce nella notte a Milano?
«Qui a Sant’Eustorgio io e altri amici guardavamo spesso la piazza davanti alla nostra chiesa, piena di giovani che si perdevano dietro a illusioni e false speranze e ci facevamo la stessa domanda: “Come possiamo portare loro quel poco di Gesù che abbiamo incontrato?”
Nel giugno 2004, in occasione del Seminario Internazionale sul Sistema delle Cellule Parrocchiali di Evangelizzazione, abbiamo conosciuto il responsabile del Progetto Sentinelle del Mattino.
Personalmente ero molto scettico, non avevo capito bene di cosa si trattasse. A settembre, io e altri amici siamo andati per la prima volta a vivere Una Luce nella Notte, presso il Duomo di Desenzano. Appena la serata è iniziata e ho visto il primo giovane accompagnato davanti a Gesù è successo qualcosa che non dimenticherò mai: il mio sguardo ha incrociato quello di altri due dei miei amici ed era chiaro a tutti noi che stavamo provando e pensando la stessa cosa: “Dobbiamo farlo anche noi!”. Era la risposta che stavamo cercando!
Pochi mesi dopo abbiamo iniziato e da quel momento abbiamo realizzato Una Luce nella Notte ogni mese. In dieci anni, la partecipazione all’esperienza si è allargata anche al resto della Diocesi e ad altri progetti come le Dieci Parole o i Corsi di Assisi. Nel 2012 è iniziata una collaborazione con la Diocesi e con altre realtà impegnate nell’evangelizzazione per la Festa della Fede della Zona 1. Nel 2015, lasciando il Progetto Sentinelle del Mattino, abbiamo consegnato l’esperienza alla Diocesi che ha scelto di acquisirla con il nome di Luce nella Notte e darle un responsabile diocesano.
A oggi, siamo arrivati a 30 edizioni diocesane (dopo le 117 da “Sentinelle”) e proprio sabato 9 giugno 2018, abbiamo ricevuto il grande dono della presenza dell’Arcivescovo, Monsignor Mario Delpini, che ci ha benedetti e inviati.»
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Come l’impegno di voi volontari aiuta le persone che entrano in chiesa nella preghiera o più semplicemente a incontrare Cristo?
«La cosa incredibile è che spesso e volentieri sono proprio le persone che accogliamo ad aiutare noi! Spesso crediamo di essere lì per dare qualcosa e sono più le volte che torniamo noi a casa arricchiti. Ma, a parte questo, credo che il solo fatto che ci sia qualcuno che si prende la briga di dedicare gratuitamente e con delicatezza del tempo a queste persone sia già un aiuto grande: sappiamo bene come il tempo, in questa nostra società cultura, sia un dono raro!
Una cosa che mi sento di dire è che i giovani che si impegnano nella Luce nella Notte sono davvero belli! E lo dico non perché si impegnino in questa specifica proposta ma perché li vedo a ogni serata: non è una cosa facile mettersi in gioco così e molti di loro ne sono intimoriti, si sentono inadeguati, limitati o addirittura incapaci. Eppure è proprio questa loro semplicità nel dare quel poco che possono che permette allo Spirito Santo di agire e fare cose grandi. E i giovani che vengono contattati e accompagnati lo vedono, lo sentono.»
Raccontaci una sera particolare, una notte che porterai sempre con te.
«Senza dubbio la prima serata che abbiamo realizzato: finalmente, anche noi riuscivamo ad aprire la nostra chiesa per portare Gesù ai giovani.
Quella sera moriva Giovanni Paolo II, proprio il Papa che aveva lasciato quel prezioso “mandato” alle Sentinelle del Mattino.
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Improvvisamente, la chiesa si è riempita di gente, arrivava spontaneamente per raccogliersi un minuto e lasciare al Signore un pensiero per lui. Solo mezz’ora dopo il nostro parroco di allora venne a informarci, ma per noi era già tutto chiaro.»
Quali sono gli ostacoli che avete incontrato?
«Ostacoli, come in tutte le cose di Dio, ce ne sono stati tanti. Fin dall’inizio, la fatica maggiore è stata quella di far capire la bellezza di questa iniziativa: negli ambienti parrocchiali si temeva che potesse, in un certo senso, fare concorrenza ad altre esperienze o attività già presenti, tanto che il primo anno di Luce nella Notte fu considerato sperimentale. Dopo l’entusiasmo del primo anno, come sempre succede, i grandi numeri hanno lasciato il posto a chi davvero si sentiva chiamato a portare avanti Luce nella Notte.
I primi anni, uno degli ostacoli che io ho sentito più pesanti è stata la nostra umanità, le gelosie, le invidie, i giudizi. Devo ammettere che, raramente, i problemi sono venuti da fuori: il problema non è mai stato trovare una chiesa disponibile, avere persone che ci aiutassero nella preghiera o chi partecipasse per realizzare la serata. Gesù, ad ogni modo, ci ha sempre permesso di vedere negli ostacoli delle opportunità.»
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Negli anni è diventato più difficile o più semplice evangelizzare, portare il messaggio di Cristo alle persone tramite la Luce?
«Spiace dirlo ma è diventato più difficile. È aumentata una forma di individualismo fra i giovani. È aumentata la solitudine data dagli smartphone e da internet. È aumentato il relativismo.
È sempre più difficile portare un invito e farsi ascoltare ma questo ci sprona a cercare modi, forme e linguaggi diversi per affrontare questi giovani.
I ragazzi sono alla ricerca di qualcosa. Nemmeno loro sanno cosa sia e, se glielo chiedi, più che “la felicità” non sanno rispondere. La cosa più triste di oggi, rispetto al passato, è il sempre meno interesse ad accogliere una proposta che potrebbe davvero dar loro la felicità.»
Come si può essere evangelizzatori nel quotidiano, nella vita di tutti i giorni?
«Premettendo che evangelizzare non è mai stato facile, nemmeno ai tempi di Gesù, penso che la risposta a questa domanda possa essere “non smettendo di essere evangelizzatori all’1.00 del terzo sabato del mese!”
Evangelizzare vuol dire raccontare agli altri la bellezza che hai incontrato nella tua vita o, per dirla con la Parola di Dio, a “dare ragione della speranza che è in noi”. Questo si può fare anche nella vita di tutti i giorni: al di là dei limiti che ciascuno ha (il mio, per esempio, è la timidezza). Se hai incontrato Gesù, in qualche modo da te deve uscire!
Spesso è una testimonianza silenziosa del tuo amore per Gesù, altre volte è proprio la capacità di raccontare senza veli il tuo incontro con Dio. L’importante è vivere questo incontro ogni momento senza pensare che ci siano momenti più o meno opportuni. Paolo ci dice che tutti i momenti sono quelli in cui dare testimonianza!
Poi, è chiaro, c’è la sacrosanta libertà di ognuno di accogliere o meno quello che hai da dare, ma la tremenda domanda per noi è: chi parlerà di Gesù a quella persona se non lo fai tu che sei in quel posto, in quella situazione, in quel momento, in cui solo tu potevi essere?»