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Nudi o spogliati di tutto? Benetton: la nuova campagna già vecchia di Oliviero Toscani

BENETTON ADVERTISING
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Paola Belletti - pubblicato il 06/08/18
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Nove ragazzini nudi che si abbracciano ma sembrano stipati, messi vicini a forza; un testo che inneggia ad uno strano nuovo mondo alla “Imagine” di Lennon, senza guerre né religione. Davvero la causa del no al razzismo esige anche questo?Mi spiacerebbe contribuire ad alzare il volume di una campagna marketing, quella del gruppo Benetton, che ha scosso le coscienze forse meno del finale di Temptation Island. Però mi ha colpito la sua prevedibilità; per questo ho provato a leggere e capire, innanzitutto vedendo il video (long e short version) con gli scatti in sequenza e poi rileggendo il testo che lo accompagna. Dice proprio quello che vuole significare: confusione, disgregazione, vicinanza e solitudine.

Nudi Come è il titolo della campagna che andrà su media tradizionali e social e che sintetizza i valori del brand, leggiamo sul sito dell’Ansa. Ovvero?

(…) la diversità, l’uguaglianza e un’idea del futuro che è più urgente che mai. ( Ansa)

Il testo è un proclama informe e disordinatamente entusiasta che passa a volo radente da S. Francesco (che si spoglierebbe per liberarsi delle ricchezze del demonio? Non è così, non è proprio così) al mito del buon selvaggio (che non dichiara ma deve sottindendere; deve pensare che l’uomo lasciato libero da condizionamenti sociali e culturali sia buono, come scrisse Rousseau piantando in molte menti semi di piante malevolissme) fino a schiantarsi contro la parete di roccia di una pace e una redenzione non si capisce come ottenuta e pagata con quale moneta. Ci sono sole e luna (scritti con una maiuscola sospetta, ma questa può essere semplicemente una mia illazione), imperi e divinità. C’è il numero nove che, come sole e luna, in ambito massonico ha un significato particolare: indica completezza e multiformità della materia e molto altro che più esperti e documentati studiosi potranno illustrare. E’ altamente improbabile che il numero, ripetuto chiaramente, sia stato scelto a caso.  Forse si riferisce proprio ad un’idea di umanità completa, arrivata, bastante a sé stessa e in continua trasformazione. Tutti fratelli, certo, ma senza un padre a renderci tali.

Così si legge, e con una certa fatica e un certo sgomento, nella cartella comunicati stampa sul sito del gruppo:

Nudi come San Francesco, che si spogliò degli abiti e delle ricchezze del demonio (ma non erano del padre, abiti e ricchezze? Che non ci sia odio verso il padre in questa distorta interpretazione del gesto del santo più frainteso di tutti i tempi? Ndr), e nudi come tutte le creature del suo Cantico delle Creature: “Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra” e per queste nuove creature della Città Futura che neppure Giotto seppe pre-vedere e disegnare. Non più creature di città dolenti di macchine e di cemento, di acciaio e di polvere, qui ci sono nove pezzi, unici e tuttavia uguali, di un’umanità che presto inchioderà il vecchio mondo al suo odore scorante di materia in decomposizione e di roba smessa. Pupille di luce che brillano come in un arcobaleno, e pelli colorate che si mischiano, questi nove figli nostri sono frate Sole e sora Luna finalmente abbracciati e confusi: creature giovani di roccia fertile, di pietra morbida della quale ci si potrà finalmente fidare. Grazie a loro i colori torneranno innocenti: non ci sarà più la strega nera che offre la mela avvelenata rossa alla fanciulla bianca-neve. Non più la guerra delle razze ma il miracolo etnico con la ricchezza delle sue reminiscenze pacificate. (…)

Questo spot  vuole usare la forza di questi giovani, effemminati i maschi, prive di sensualità le femmine, come carro armato per schiacciare e distruggere tutti i razzismi, gli odi tribali, le mafie, il terrorismo. Come ha fatto a non sembrare patetica una tesi del genere? Come hanno fatto i direttori marketing e il direttore generale a non temere il ridicolo? Il responsabile comunicazione, il capo ufficio stampa hanno dato tutti l’ok? Ci stimano davvero pochissimo, noi popolo di consumatori. O avevano invece intenzione di redigere un testo con determinate caratteristiche? Anche senza decodificare simboli e allegorie è uno scenario inquietante quello che si staglia nelle nostre menti.

Diversità e identità insieme, in una pace bugiarda che confonde per annullare. Suggestioni imperiali, fruscii di seta, azzurri gelidi del nord, madonne e cristi, croci e simboli pagani: l’euforica barbarie del mondo nuovo dipinto da questo spot  si vede bene e fa orrore. Non si saprebbe che fare, dove andare, per cosa battersi, chi amare in questo mondo in arrivo. Ci sarebbe forse solo il tempo di mangiare e vomitare e poi finire in un gorgo, che scarica non si sa dove. Non c’è inizio, nessuno sviluppo, se non simile a quello di cellule tumorali che proliferano a caso e soffocano, e non c’è fine, solo interruzione, forse. Non c’è morte, non c’è significato. Non c’è stata nemmeno nascita, né vita. Questi giovani sembrano così da sempre. Sono suggestioni mie, sia chiaro, ma ben suggerite dal testo sia scritto sia “iconografico”.

Da cosa ci deve salvare Benetton? Ed è davvero gratis tutta questa salvezza così “sgraziata”?

Molti avanzano ragionevoli dubbi sull’efficacia in termini di vendite di campagne come questa. Aiuterà il gruppo a vendere vestiti, accessori, qualche borsa, le scarpe, o almeno a fidelizzare al brand? Mah. La nudità è bisogno plastico di vestizione, oppure la pretesa di un Eden senza vergogna? Ma anche per quello è già troppo tardi da milioni di anni, l’accesso è chiuso per sempre. Sembra una campagna di una stranezza inutile e già vista, di cui si indovina in fretta la firma. I neri, i bianchi, i gialli. Sempre maggiore nudità in termini di centimetri scoperti ma sempre minore sensualità; la solita dose di irriverenza che non turba quasi più nessuno.


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E quanto pesa e urta il riferimento, grottesco e colpevolmente impreciso, ad un vago immaginario cattolico appositamente deformato. Della nudità di Francesco chiamata in causa a riempire vuoti cosa resta? Della vera spoliazione sua e del suo rivestirsi di Cristo coi cenci di Madonna Povertà cosa rimane? Delle creature cantate e del loro rapporto col Creatore cosa troviamo?

Sembra una vecchio ritornello di una canzone rivoluzionaria ormai superata, il solito schema di frasi ripetute da decenni: patetiche come una festa a tema hippies, come una tribute band che fa i Doors o peggio, come dei sessantenni con la camicia a fiori, i pantaloni a zampa e i capelli lunghi, ma radi.


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Eppure, mi riesce difficile non vedere in questi passi la prosecuzione di una marcia che vuole arrivare in un dato punto, in una desolata pianura dove tutte le identità sono livellate fino al suolo. Dove anche il desiderio di rivendicarle è stato così stigmatizzato che gli stessi depredati finiscono di spogliarsi da sé, si autoaccusano e cercano di svellere le superstiti radici di identità che ancora buttassero fittoni dalle loro carni, poche e molli. Un’anoressia creativa che si riflette in soggetti anoressici con una sessualità appena abbozzata e pochissima tensione. Nessun muscolo teso, poca pelle bianca, ebano o gialla pronta a stingersi in un unico grigio fango.



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I colori dei ragazzi sembrano scelti con freddezza da un catalogo, non hanno niente della vivace screziatura che nasce dalla infinita fantasia di Dio, il padre di tutti. Come succede coi colori materici: li mescoli tutti assieme ed esce una tinta brutta e grigiastra. Quelli che si aprono a ventaglio dal prisma, invece, di là dal cristallo sono uniti in una bella luce bianca e piena che non annulla ma compie. Così sembra fare sempre il mondo secondo lo spirito che gli è proprio: copia malissimo le cose del Creatore.

Comunque si vede che anche Toscani deve continuare a sbarcare il lunario. Altrimenti perché accetterebbe di partecipare a macchinosi talent show dove si doppia malissimo e dove dice tutto e il contrario di tutto (Master of Photography)? O di realizzare queste campagne che hanno lo stesso graffio di una tigre sfinita da anni passati a trascinarsi in una gabbia?

Forse non ha guadagnato quanto avrebbe meritato con altre opere, quelle sì davvero cariche di novità? Tipo questa:

Ieri mia madre mi ha detto: “Ho avuto un solo uomo, tuo padre”. All’improvviso si sono sgretolati anni e anni di liberazione sessuale, di convincimenti libertari, di mentalità radicale. Tutto quel che avevo creduto una conquista civile si è ridimensionato di fronte a quella semplice affermazione: “Ho avuto un solo uomo, tuo padre”. Sono stato messo di fronte alla debolezza di ciò che credevo essere la modernità, con la forza di chi afferma un principio antico, senza la consapevolezza di essere, lei sì, la vera rivoluzionaria. Mi sono domandato: sono più avanti io che ho vissuto e teorizzato il rifiuto del matrimonio, l’amore libero e i rapporti aperti o lei che per una vita intera è rimasta fedele ad un solo uomo?

Senza essere Gesù Cristo mi sono sentito il figlio di Dio e mia madre mi è apparsa come la Madonna: in modo naturale, come se fosse la più ovvia delle cose, lei ha impostato tutta la sua vita su concetti che oggi ci appaiono sorpassati, ridicoli: la felicità, l’onestà, il rispetto, l’amore. Mentre penso che non c’è mai stata in lei ombra di rivendicazioni nei confronti del potere maschile mi rendo conto che non esiste nessuno più autonomo di lei. Nessun senso di inferiorità l’ha mai sfiorata, perché le fondamenta della sua indipendenza erano state scavate nei terreni profondi della dirittura morale, della lealtà, della giustizia, dell’onore e non sulla superficie di ciò che si è abituati a considerare politicamente corretto. Il rispetto e la timidezza con cui guardava mio padre e l’educazione che mi ha dato a rispettarlo non avevano niente a che vedere con le rivendicazioni dei piatti da lavare.
Mia madre non si è mai sentita inferiore perché ci serviva in tavola un piatto cucinato per il piacere di accontentarci e di farci piacere; o perché lavava e stirava per farci uscire “sempre in ordine”. Sono consapevole che sto esaltando il silenzio e quella che le femministe hanno drasticamente definito sottomissione. Ma non posso fare a meno di interrogarmi sui veri e falsi traguardi dell’emancipazione, su ciò che appartiene ai convincimenti profondi e su ciò che non è altro che sterile battibecco. Nella ricerca dei valori che dovrebbero educarci a un’etica meno degradata di quella improntata al principio del così fan tutti, mia madre è un esempio di anticonformismo e di liberazione: lei è davvero affrancata dagli stereotipi e dai bisogni indotti della società massificata. Per conquistare obiettivi importanti e sicuramente oggi irrinunciabili siamo stati costretti ad abdicare alla nostra integrità. Noi abbiamo perso la “verginità”, non lei.

(“Non sono obiettivo”, O. Toscani, Feltrinelli 2001)

 

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