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Per nutrirti davvero devo mettere in tavola la mia anima

BAMBINO, PASTA, PRANZO
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Pane e Focolare - pubblicato il 30/07/18
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“Com’è andata oggi?” non è una domanda di rito, è la vera brace che scalda le cene di famiglia: perché senza compagnia l’uomo muore anche ad un banchetto

Anthelme Brillat-Savarin, l’autore de La fisiologia del gusto, una specie di Bibbia sui riti della tavola, è famoso per i suoi aforismi. Uno dei più noti è: “Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei!
Nulla di più azzeccato: il modo di mangiare rivela davvero la personalità e il carattere di un individuo. Ma questo vale anche per la famiglia.
La famiglia è detta anche “focolare domestico”: perché mangiare insieme è qualcosa che fonda la comunità. Pensiamo al neonato: quando viene nutrito dalla mamma, al seno o con il biberon, apprezza non solo il cibo ma anche l’affetto e la tenerezza di chi glielo assicura. Per la mamma il pasto del bimbo è un momento di comunicazione intensa: gli sorride, lo accarezza, gli parla, magari gli canta una canzone.


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Si narra che l’imperatore Federico II abbia condotto un singolare esperimento: affidò alle balie un gruppo di neonati, con l’ordine di accudirli nei loro bisogni essenziali, nutrirli e lavarli, ma dovevano toccarli il meno possibile e soprattutto avevano il divieto di parlare loro. L’imperatore era curioso di sapere quale lingua quei bimbi avrebbero parlato. Risultato? Quelle povere creature morirono tutte. Eppure erano accudite e nutrite magari anche meglio di tanti neonati in case di poveri contadini.
L’esperimento crudele di Federico II dimostra quanto l’essere umano abbia bisogno di nutrirsi anche di relazione: siamo fatti di corpo e anima, e quando nutriamo il corpo dobbiamo nutrire anche l’anima. Il bisogno di cibo si combina con il desiderio di amore ed è bellissimo quando la soddisfazione ottenuta dal cibo viene associata immediatamente con il volto delle persone che hanno realizzato quella soddisfazione. Ne nasce una relazione di gratitudine, di piacere della compagnia.

TAVOLA, CIBO, MANI

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Guardiamo come si svolgono (dovrebbero svolgersi?) i pasti quotidiani in famiglia: immaginiamo la tavola apparecchiata con cura, anche senza tanti fronzoli ma con attenzione alla bellezza e all’ordine. Vediamo l’arrivo della pentola fumante, contempliamo il cibo che viene distribuito nei piatti. Intanto, i genitori chiedono ai figli come è andata la giornata, i ragazzi raccontano. C’è intensa comunicazione, il tempo scorre calmo. Magari uno dei bambini tiene il broncio, gli si chiede che succede, lui racconta dei problemi avuti a scuola. Sedute tutti insieme alla stessa tavola, le persone si accorgono le une delle altre: ci si guarda in faccia, nulla può sfuggire all’occhio attento dei genitori. E nella calma del rito, si generano cambiamenti, viene la voglia di parlare, di confidarsi.



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La tavola familiare si presta efficacemente a celebrare momenti importanti: compleanni, anniversari, un bel voto a scuola. Se è domenica o comunque un giorno di festa, ci sono cerimoniali che rendono quel giorno diverso dal solito: un cibo più ricercato, un’apparecchiatura più raffinata. Che bello quando arrivano ospiti, amici, compagni di scuola, magari un’intera famiglia, creando una comunità ricca di legami che aiutano nella vita quotidiana.
Bisogna costruire la famiglia anche attraverso i pasti: perché a tavola si può creare un’empatia che consolida e conferma il fatto di essere una vera famiglia. Bisogna però rispettare le regole: essere puntuali quando chi ha preparato il pasto annuncia che è pronto in tavola, stare seduti senza allontanarsi fino a quando tutti hanno finito, aspettare gli altri prima della portata successiva. E’ buona cosa riconoscere la fatica di chi ha preparato il pasto, fare i complimenti per quanto è stato preparato, dare magari qualche consiglio per il futuro ma sempre in modo costruttivo, senza avvilire chi ha generosamente dedicato del tempo alla cucina.


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E poi la tavola familiare deve essere preparata con il contributo di tutti: anche i bambini possono aiutare ad apparecchiare e sparecchiare. E togliamo le distrazioni, spegniamo i cellulari, per non parlare della televisione!
Insegnare a cucinare è una cosa molto utile e formativa: in genere i ragazzi si divertono, lo vivono come un gioco. Ma intanto imparano ad apprezzare l’impegno di questa attività, il rispetto delle materie prime, il gusto della buona cucina, la generosità del lavoro svolto a vantaggio di tutti.

MAMMA, FILGI, CUCINA

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Eppure, quante famiglie oggi non danno nessun valore al momento del pasto condiviso. Tanti giovani entrano in casa, vanno al frigorifero, prendono qualcosa di pronto, magari lo scaldano al microonde e vanno a consumarlo in camera, davanti al pc. La madre non se la prende, anzi questo le permette di fare altrettanto, mettendosi davanti alla televisione a guardare la sua serie TV preferita. Il padre non fa una piega, è stanco e non ha voglia di mettersi a parlare con i figli, con il rischio di essere coinvolto in qualche noiosa discussione su maestre e compagni di scuola prepotenti.
E la famiglia piano piano muore, i suoi componenti si allontanano, non si è più famiglia ma persone che convivono.
L’impegno della tavola è importante per costruire una famiglia!

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