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Cos’è successo a Tommaso dopo il famoso episodio dell’incredulità? L’arte conosce la risposta

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Joynel Fernandes - pubblicato il 18/07/18
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Gli Acta Thomae, un documento che riguarda soprattutto la vita del santo, portano avanti questa storia di fedeLa Tradizione non è stata benevola con San Tommaso, un apostolo di Cristo affascinante. Offuscato dalla sua insistenza nel voler verificare a livello sensoriale la Resurrezione, Tommaso ha ereditato il ruolo di colui che dubita, ma attraverso il suo franco scetticismo è emersa l’innegabile confessione “Mio Signore e mio Dio”, e una scintilla di fede inestinguibile che ha infiammato il mondo.

MARTYRDOM OF ST THOMAS

PD

Ma cosa è accaduto a San Tommaso dopo il suo famoso episodio di incredulità? È stato l’epilogo? Gli Acta Thomae, un documento che riguarda principalmente la vita del santo, portano avanti questa storia di fede. La leggenda afferma che all’atto della distribuzione dei territori di missione, l’India sarebbe spettata a San Tommaso. L’apostolo, però, rifiutò di avventurarsi in quella terra straniera. Cristo apparve poi in modo soprannaturale ad Abban, un inviato del re indiano Gundafor. Abban invitò Tommaso a servire il suo padrone come architetto. Tommaso acconsentì e salpò per l’India.

Il progetto reale includeva la costruzione di un palazzo per il re nello stile artistico romano, ma il coraggioso Tommaso distribuì il tesoro che gli era stato affidato ai poveri. Re Gundafor era furioso e lo fece imprigionare. In seguito capì che l’intenzione dell’apostolo non era costruire un palazzo sulla Terra, “dove la tignola e la ruggine consumano, e dove i ladri scassinano e rubano” (Mt 6, 19-20), ma costruire un palazzo eterno in Cielo attraverso i nobili atti di carità e d’amore. Il re lo fece rilasciare e annullò il processo contro di lui. Mentre il santo percorreva il Paese predicando la Buona Novella, la sua fede venne ancora una volta messa alla prova dal re Misdai, che lo condannò a morte.

La leggenda del martirio di San Tommaso è stata riassunta dalle pennellate magistrali del pittore Peter Paul Rubens. Il dipinto in considerazione ci invita ad andare alle profondità della fede attraverso la bellezza dell’arte e lo spettacolare calore dei colori.

Il fiammingo Rubens cerca di simulare una scena asiatica piena di simboli e storie. Il dramma si svolge in primo piano. Ispirato dal modello scultoreo classico del Laocoonte morente, Rubens presenta San Tommaso mentre viene perseguitato dai pagani potenti.

Notate l’aspetto del santo. Attenendosi alla tradizione antica, San Tommaso viene ritratto con incompta caesarie, capelli non tagliati. Tommaso, inoltre, non indossa l’abito di un apostolo, venendo piuttosto presentato col cappuccio di un frate agostiniano scalzo. La mancanza di calzature ricorda la regola dell’Ordine di rinunciare a calze e scarpe. L’aspetto del santo collega al luogo in cui si trova il dipinto, sull’altar maggiore della chiesa di San Tommaso a Praga, appartenente ai frati Agostiniani Scalzi.

Mentre il santo volge lo sguardo al Cielo, i persecutori, pieni di rabbia, si avventano su di lui. Uno conficca una lancia nel suo fianco, l’altro gli affonda un pugnale nel collo. Altri gli gettano addosso delle pietre e lo prendono a calci. La furia e il dolore della persecuzione non amareggiano la sua vittima. Con la mano destra, l’apostolo morente stringe la base di una croce di pietra che egli stesso aveva eretto sul suolo straniero. La mano sinistra è levata verso l’alto mentre un coro di cherubini scende portandogli la corona della gloria e donandogli la palma della vittoria sulla morte.

Su ciascun lato della croce di pietra ci sono due palme, che fungono da sostegni efficaci e simboleggiano la fonte della vita, ricordando all’apostolo morente che è davvero la Croce (ovvero la sofferenza) che fa guadagnare la vita eterna e la libertà.

Lo sfondo del dipinto è affascinante quanto la scena. La leggenda dice che il missionario San Tommaso costruì una chiesa a Kalamina, nel sud dell’India. È qui che i suoi seguaci ne seppellirono il corpo. Rubens rappresenta questa chiesa sullo sfondo a destra, facendolo con una mossa interessante e arguta. Dietro le linee degli elementi architettonici romani come portici, cupola, nicchie e pilastri, c’è un motivo squisitamente indiano.

Notate i capitelli delle gigantesche colonne. Ciascuno di loro non è ornato con l’acanto europeo, ma con un elefante indiano. Qui l’elefante ha più di un semplice valore esotico. La leggenda afferma che mentre costruiva la chiesa a Kalamina, San Tommaso riuscì a muovere un tronco che molti uomini forti ed elefanti non erano riusciti a spostare di un millimetro.

Davanti al sepolcro c’è una colonna a spirale con delle viti, che assomiglia alle colonne che sostengono il baldacchino del Bernini nella basilica di San Pietro in Vaticano. La differenza, ovviamente, sono i capitelli ornati da teste di elefanti. Sopra il capitello c’è una figura curiosa. Caratterizzata da piedi di animale, corna e coda, rappresenta indubbiamente un idolo demoniaco. La leggenda afferma che questo idolo, posto davanti alla croce di pietra, crollò prima della morte dell’apostolo, rappresentando ancora una volta il trionfo della croce.

Nei Vangeli, ci si riferisce spesso a San Tommaso come a Didimo, o “il gemello”, e a ragione, perché la vita di San Tommaso è spesso gemella della nostra ricerca e delle nostre debolezze. San Tommaso, però, ci ispira a continuare a cercare la luce, anche nei momenti di oscurità e fragilità, ci incoraggia a vivere la nostra fede in azione, fino alla fine. La sua fede professata è stata una vittoria sul dubbio, e la sua sofferenza è stata una vittoria sulla morte.

Questo articolo è stato pubblicato per gentile concessione dei nostri partner in India, Catholic Indian Matters

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