di Silvana Ramos
Il calcio è mio sport preferito. Ricordo ancora quanto andavo nello studio di mio nonno ad ascoltare da un vecchio mangiacassette i goal del Boca Juniors: «Gooooooool de Bocaaaa tatatatatatatatata». Il sorriso complice di mio nonno e l’entusiasmo traboccante di mio padre hanno fatto sì che questo sport accompagnasse non solo la mia infanzia, ma tutta la mia vita. Oggi sono una madre fanatica e grido come una pazza, come se fossi a un Mondiale, ogni volta che mio figlio di 5 anni fa goal… sì, per la vergogna di alcuni membri della mia famiglia, ma non importa. Amo il calcio.
Per mia fortuna, questo amore è condiviso da tutti in casa mia, e quindi immaginerete cosa abbiamo fatto ora che il Perù è tornato al Mondiale dopo 36 anni. Abbiamo quasi dipinto tutta la casa di bianco e rosso!
Il calcio, lo sport in generale, soprattutto quando un Paese intero ci si identifica e prova orgoglio, può ottenere cose bellissime. Una volta, una persona che ammiro molto e amo ancor di più mi ha detto: “Ci sono simboli che ci emozionano molto perché ci fanno essere orgogliosi, ma è lo sforzo che conta davvero. Quando uniamo passione, sforzo e valori il risultato è magnifico. E come lo impariamo? In famiglia, il vero orgoglio nasce in famiglia. Il valore è nel rapporto che si costruisce quando questa si basa sul senso, sulla verità, sul bene e sull’amore. E tutto questo ci viene insegnato in famiglia. Lo sport le assomiglia. A volte bisogna fare sport per per ricordare cosa significhi essere una famiglia”.
In questo senso, i Mondiali ci hanno lasciato ben più dei goal. Ecco qualche esempio:
1) Edinson Cavani. La lettera che ci ricorda da dove veniamo e cosa sia la libertà
Una toccante lettera che Edinson Cavani, attaccante dell’Uruguay, ha scritto a se stesso quando aveva 9 anni ci ricorda l’importanza di non dimenticare da dove veniamo, di ricordare quali sono state le motivazioni che ci hanno portati fin qui. Di ricordare cos’è che conta davvero e cosa ci rende felici nella vita. Il testo completo si può leggere qui.
2) Guillermo Ochoa. Una lezione toccante di consolazione e compassione
Guillermo Martínez, un padre che ha perso moglie e figli in un terribile incidente, è stato portato al Mondiale da Guillermo Ochoa, portiere della squadra messicana, in un atto disinteressato per incoraggiare un uomo perduto. Ochoa ha dedicato il goal che ha segnato contro la Germania a Martínez, al quale ha inviato un messaggio di incoraggiamento dopo la partita: “Questo è stato per te e per la tua famiglia. Grazie per essere venuto e per essere diventato più forte”. Il portiere del Messico ci ricorda che sta a noi rialzare chi è caduto, consolare chi soffre, dare speranza a chi ha perso tutto. Ci insegna a non essere indifferenti e a impegnarci con il prossimo, anche se non lo conosciamo. Il testo completo si può leggere qui.
3) Alisson Becker. Una testimonianza che ci parla dell’amore tra fratelli
Alisson Becker, portiere della squadra brasiliana, ha condiviso una bellissima testimonianza che parla dell’amore profondo che esiste tra fratelli, le persone con cui abbiamo condiviso tutta la vita fin dal momento della nostra nascita. La sua testimonianza si può leggere qui.
4) Romelu Lukaku e Fidel Escobar. Il coraggio di ringraziare Dio
Romelu Lukaku, del Belgio, e Fidel Escobar, del Panama, alla fine della partita, indipendentemente dal risultato, si sono inginocchiati per ringraziare Dio.
5) Lio Messi. “Dio mi ha dato il dono di giocare così”
Leo Messi, in un’intervista per Pasión por el fútbol, ha riconosciuto davanti alle telecamere che tutto il talento che ha viene da Dio: “Dio mi ha dato il dono di giocare così, senza di Lui non sarei arrivato da nessuna parte”. Si può visionare l’intervista qui.
6) Yerry Mina. “Non sono stato io, è stato Dio”
https://youtu.be/b3-TlQA7Gdg
Yerry Mina, giocatore colombiano, dopo aver segnato il goal che avrebbe riportato la Colombia ai Mondiali ha detto chiaramente chi era stato l’autore.
7) Perù vs Danimarca. Il rispetto che merita un avversario
Le squadre del Perù e della Danimarca si sono scambiate i saluti attraverso dei video toccanti. Vale la pena di vederli, perché parlano della storia, della comunità e di come sia il bene che il male che ci sono accaduti ci hanno portati nel luogo in cui ci troviamo oggi. Il video della Danimarca (si può visionare qui) è una poesia che riconosce lo sforzo di chi si rialza dopo una lunga caduta.
8) La squadra giapponese. Gioco pulito fino alla fine
Il Giappone è stata la prima squadra a classificarsi a un Mondiale per fair play (gioco pulito). I giocatori hanno mantenuto questa caratteristica fino all’ultimo momento, sorprendendo il mondo intero lasciando lo spogliatoio che avevano occupato impeccabile. Questo fatto è stato accompagnato da un biglietto scritto in russo che diceva “Grazie”. Un esemio degno di essere imitato ovunque andiamo. Leggete il biglietto qui.
9) Il tifoso. Una lezione pro-vita
Non potevano mancare i tifosi. La pagina Facebook di Tucuman Católico ci sorprende con una foto di un tifoso argentino, Otto Gramajo, proveniente da Tucumán, che ha approfittato del Mondiale per esprimersi a favore della vita. Ricordiamo che in Argentina si continua a dibattere sull’approvazione dell’aborto. Otto ci ricorda che possiamo e dobbiamo lottare in qualsiasi momento per quello in cui crediamo.
10) Cosa c’è nella tasca di Zlatko Dalic, allenatore della Croazia
Zlatko Dalic è un uomo di fede. In tutte le partite lo vedevamo sempre con la mano in tasca. In un’intervista ha affermato: “La fede mi dà grande forza, tengo sempre un rosario in tasca e prego prima della partita. Rendo grazie a Dio tutti i giorni, perché mi ha dato forza e fede, ma anche l’opportunità di fare qualcosa nella mia vita. Per me e la mia famiglia, la fede è estremamente importante”.
11) Il fan più piccolo. Quando ci si sforza in qualcosa lo si ottiene
Pedro Blanco, un bambino della località di Baurú (San Paolo, Brasil), ad appena 8 anni ci lascia una lezione bellissima: quando ci si sforza davvero di ottenere qualcosa lo si raggiunge. Questo bambino, non potendo avere un album del Mondiale per via delle risorse limitate della famiglia, ha deciso di fabbricarsene uno personalmente. Ha avuto la pazienza di disegnare 126 figurine. Non si è mai sentito da meno per il fatto di non avere quello che “hanno tutti”, e ci insegna ad essere originali, autentici, anche quando abbiamo pochi mezzi.