Fondata nel medioevo da san Mauro, l’abbazia da sempre è punto di riferimento spirituale per Cesena. Nel 1986 ospitò Giovanni Paolo II durante la sua visita in Emilia-Romagnadi Alessandro Notarnicola
Se si domanda a un cesenate qual è il punto più alto della città di Cesena non esiterà a indicare il “colle”, laddove sorge la millenaria abbazia di Santa Maria al Monte, uno scrigno di arte, storia e spiritualità. Il complesso più antico, edificato tra il 1001 e il 1027, nacque sulle già esistenti chiesetta e “cella” fatte costruire da san Mauro, che era solito isolarsi sul monte per meditare. Un testimone che oggi raccolgono i quattro monaci benedettini che vivono tra le mura in pietra martoriate dai venti della storia e amate da tre papi: Giulio II, Pio VII e san Giovanni Paolo II. In realtà gli abitanti del monastero, guidati dal 2010 dal priore dom Gabriele Dall’Ara, precisano che tutti i Papi hanno dimostrato affetto verso l’abbazia, da Niccolò II – che nel 1059 concesse importanti privilegi autorizzando la comunità monastica a eleggere il proprio abate – a Francesco.
L’“ABBAZIA” DI WOJTYLA
Il grande amore c’è stato però con papa Giovanni Paolo II, che vi soggiornò in occasione della sua visita apostolica in Romagna dall’8 all’11 maggio del 1986. Il Pontefice alla sera si ritirava nell’appartamento papale posto nella zona est del primo piano e al quale si accede dal corridoio monastico. Il Papa polacco trovò pace in questo angolo di paradiso che sorge sul Monte Spaziano (precedentemente colle Mauro, dal nome del santo). Dal terrazzo dell’appartamento non solo godeva della vista dell’intera città malatestiana, ma di una distesa che spazia dalla Repubblica di San Marino fino a Ravenna e Forlì e alle prime colline dell’Appennino tosco-emiliano. «Un amore che Wojtyla non dimenticò facilmente», ricorda il priore, «tanto che più tardi, nel 1997, dovendo tornare in Emilia-Romagna in occasione del Congresso eucaristico a Bologna, manifestò il desiderio di alloggiare sul colle cesenate, richiesta che il cardinale Giacomo Biffi, allora arcivescovo bolognese, non accolse: “Sarebbe uno schiaffo ai bolognesi, Santità”».
Circondati dal verde, abbazia e santuario mariano oggi sono un grande punto di riferimento per tutta la popolazione che ogni 31 maggio, in occasione della conclusione del mese dedicato alla Vergine, sale in pellegrinaggio al monte. La grande festa, però, è il 15 agosto quando con la celebrazione dell’Assunta si ripete il pellegrinaggio. «Sin da sempre», spiega dom Gabriele, «i monaci sono un sostegno per la cittadinanza e per la stessa diocesi. Pratichiamo l’accoglienza e siamo molto sostenuti dall’apparato dei laici volontari. Qui a Cesena è stato fondato il Centro storico benedettino italiano da don Leandro Novelli. Lo stesso Giovanni Paolo II lo ricordò».
«Questo colle», commenta dom Giovanni Spinelli, storico dell’abbazia, «è sempre stato santo: dapprima perché fu scelto da san Mauro che alla sua morte venne qui sepolto e vi rimase fino al 1400 quando il vescovo Augusto Gianfranceschi fece traslare la salma in Duomo, poi per il culto mariano, testimoniato dalle tavolette votive conservatesi dal Quattrocento». Patrimonio preziosissimo infatti è la raccolta degli ex voto: 704 tavolette esposte nel deambulatorio e nella sacrestia della basilica che costituiscono la testimonianza più rilevante di fede e di storia, intesa come vita vissuta, che l’abbazia conserva. Queste tavolette, realizzate o fatte realizzare dai fedeli per ringraziare la Beata Vergine di una grazia ricevuta o di una malattia guarita, sono la collezione più antica di tutta l’Europa e per questo presto potrebbero diventare patrimonio dell’Unesco.
SANTUARIO MARIANO
Ma gli ex voto non solo gli unici “beni” del complesso benedettino cesenate. A partire dal 1420, quando venne nominato abate Bartolo da Camerino, molto amico di Carlo Malatesta, signore della città, la chiesa fu ampliata per dare risalto alla venerazione della Vergine, i tre chiostri del monastero vennero rifatti, insieme al refettorio e agli arredi. Si costruì la sacrestia della basilica e quella vecchia divenne la sala capitolare. Il secolo d’oro per la badia del Monte, però, fu il XVI, seguito dall’età barocca. Dopo, sotto l’abbaziato di don Modesto Vendemini di Cesena, un grave periodo di crisi interessò i monaci, ma poco bastò perché si moltiplicassero le vocazioni. Tra queste nel 1756 vi fu quella del futuro papa Pio VII, che salvò l’abbazia dalla distruzione, dopo le soppressioni napoleoniche nel 1797. «Fu lui a incoronare la statua della Madonna nel 1814, di ritorno dall’esilio di Fontainebleau», rammenta dom Spinelli. Infine, particolare ruolo la comunità benedettina del Monte lo ebbe in piena Seconda guerra mondiale, quando 700 profughi, tra loro molti ebrei, trovarono scampo nelle cantine da rappresaglie e bombardamenti. «Già nel corso della Grande guerra tanti trovarono ospitalità tra le antiche mura», ricorda lo storico benedettino, «ma nel 1944 l’accoglienza dei monaci si rinnovò. Nonostante le migliaia di granate che colpirono il complesso, i monaci furono degli eroi: trassero in salvo una famiglia ebrea portandola al confine svizzero. Ben 4 i bambini che nacquero mentre le mura crollavano e dal di fuori i tedeschi controllavano la città».
IL POZZO DI LEONARDO
Nelle stanze del monastero intorno al 1502 probabilmente soggiornò Leonardo da Vinci. Il genio si sarebbe interessato al rifornimento idrico dell’abbazia, in quanto il convento, costruito sul Monte Spaziano, era distante dai corsi d’acqua e i monaci faticavano a trasportare l’acqua su rudimentali carretti. Leonardo avrebbe progettato un sistema di cisterne, interne al fabbricato claustrale, dove l’acqua piovana poteva essere raccolta e decantata. «Alla sommità del pozzale, collocato al centro del chiostro quattrocentesco del convento, ancora oggi esiste una carrucola per far scorrere la corda che regge il secchio», spiega Piero Pasini, giornalista cesenate. Proprio quella stessa carrucola è rappresentata in un disegno su uno degli innumerevoli “codici”, conservati in Francia, che Leonardo usava per gli appunti.
ORGANIZZARE LA VISITA
La Badia di Santa Maria del Monte dista un chilometro da Cesena. Vi si arriva attraverso un’ampia strada, via del Monte, che prosegue salendo verso le pittoresche colline retrostanti. Spesso i pellegrini percorrono l’antica via delle Scalette a piedi e in meditazione.
ORARI
La giornata dei monaci ha inizio alle 5 e termina alle 21. Il monastero è aperto al pubblico dalle 8 alle 12 e dalle 15 alle 18.30. La basilica, invece, dalle 7 alle 12 e dalle 15 alle 18.30. La Messa conventuale si celebra nei giorni festivi alle ore 11, l’altra Messa festiva si svolge alle ore 8. Messe feriali ore 7.20. Per ulteriori informazioni: contattare la Società degli Amici del Monte o il centralino allo 0547/30.20.61. www.abbaziadelmonte.it.
GUIDA D’ECCEZIONE
Il luogo è spesso visitato da scolaresche e gruppi guidati dall’ex direttore dei Musei vaticani Antonio Paolucci, che ha definito la galleria degli ex voto come la «Cappella Sistina popolare».
Qui l’articolo originale tratto da “Credere”