di Gabriel Motoa
Qualche giorno fa, mentre ero in un ristorante, ho visto una coppia di coniugi con i tre figli seduti a un tavolo vicino. Ho dovuto dare un’altra occhiata perché qualcosa ha attirato la mia attenzione: tutti, dalla bambina più piccola alla mamma, erano concentrati sui propri cellulari mentre mangiavano, e non alzavano lo sguardo neanche per vedere cosa si stavano portando alla bocca. La bambina guardava dei video con gli auricolari mentre muoveva la testa da una parte all’altra, i due fratelli sembravano concentrati sui videogiochi del loro telefono, la madre a quanto pareva rispondeva ad alcuni messaggi e il padre scorreva l’indice sullo schermo come se stesse passando da un’immagine all’altra. Devo confessare che ho avuto la curiosità di guardare nella loro direzione un altro paio di volte, e finché ero lì nessuno ha staccato gli occhi dal cellulare.
Vi chiederete cosa ci sia di strano. Il problema è proprio questo: non è più una cosa strana, è diventato normale! Ed è stato questo a scuotermi e a ricordarmi che io stesso mi sono trovato spesso in quella situazione. In varie occasioni, durante le riunioni familiari o con gli amici, ero concentrato sui messaggi che mi arrivavano attraverso Whatsapp, sugli aggiornamenti dello stato dei miei contatti sulle reti sociali o sul controllare la posta e rispondere ai messaggi che avevo lasciato pendenti durante la giornata. Con grande tristezza ho dovuto accettare che spesso sembravo essere concentrato e con un sorriso da un orecchio all’altro solo quando scattavo foto “ricordo” che poi pubblicavo subito sulle reti sociali per controllare i commenti altrui, perdendo l’opportunità di godermi il momento che stavo vivendo e soprattutto di andare incontro agli altri come ci mostra il video.
Sembra che gli spazi “pubblici” si trasformino sempre più in luoghi in cui nessuno guarda nessuno, in cui siamo tutti sconosciuti, sorridere è qualcosa di strano e parlare con un’altra persona è “sospetto”. Sembrerebbe che sia la regola e non l’eccezione dipendere tutto il tempo dal cellulare all’università, al lavoro, nei centri commerciali, per strada, in casa e perfino in chiesa. Come possiamo incontrarci e aiutarci se abbiamo perso la capacità di guardarci negli occhi?
Il video mi porta a pensare che il modo in cui usiamo il cellulare è forse solo un sintomo di qualcosa di più profondo, e per fare un uso migliore di questi dispositivi dobbiamo essere consapevoli e compiere ogni giorno piccoli passi.
1. Vogliamo avere il controllo di tutto
Quando usiamo il cellulare siamo noi a gestire le notifiche, a decidere quando svegliarci, cosa vedere, che applicazioni avere, chi chiamare, a chi rispondere, quali foto scattare e quali cancellare, che impegni inserire nell’agenda. Fondamentalmente sentiamo di controllare il nostro “micromondo”, e siamo onesti, avere il controllo fa sentire bene. Nella vita reale, però, non è così. Ci sono molte cose che non possiamo controllare, ed è lì che dobbiamo riconoscere che la nostra tranquillità non deve dipendere da un dispositivo mobile o da un’applicazione, e che troviamo la pace solo in Dio (Salmo 62, 5-7).
2. Non ci piace stare da soli con noi stessi, preferiamo ascoltare il rumore del mondo
Quante volte il silenzio ci spaventa o ci annoia! E tuttavia nel silenzio possiamo ascoltare la voce di Dio e pensare alla nostra vita, alle nostre azioni e alle nostre decisioni (1 Re 19, 3-15; Salmo 131),a quello su cui ancora dobbiamo decidere o riflettere e spesso ignoriamo semplicemente o rimandiamo a un altro momento. Decidiamo di ascoltare il rumore esterno da quando ci alziamo a quando andiamo a dormire, e forse lasciamo poco spazio per Dio e per noi stessi. Dobbiamo chiederci quando è stata l’ultima volta in cui abbiamo avuto un momento di silenzio per stare da soli e pensare a qualche situazione della nostra vita, o semplicemente per rendere grazie a Dio. E questo ci porta al punto successivo…
3. Quante ore al giorno passiamo “collegati” al cellulare?
La prima domanda è: “Quante ore al giorno trascorro al cellulare?” A mo’ di esercizio, includiamo solo le cose non collegate al lavoro o ai doveri quotidiani, ovvero il tempo che si trascorre a guardare applicazioni e video, ascoltando musica, controllando le reti sociali, facendo giochi online, chattando, inviando fotografie…
Ora chiediamoci: “Quante ore al giorno dedico a trascorrere del tempo di qualità con la mia famiglia e i miei amici? Con quale frequenza chiamo le persone a me vicine che stanno attraversando momenti difficili e si rallegrerebbero ricevendo un messaggio di incoraggiamento?Quanto tempo dedico ogni giorno alla preghiera personale o semplicemente a ringraziare Dio per le benedizioni che ho? Quante ore al mese investo nel restituire qualcosa di ciò che mi è stato dato attraverso il volontariato, visitando qualche malato o dedicandomi a un progetto di servizio alla comunità?”
E infine, quante volte durante questa settimana avete sentito che l’uso del cellulare vi distraeva dai vostri doveri, come studiare, lavorare o svolgere i compiti quotidiani? Quante volte vi siete detti “Guardo solo un paio di messaggi e continuo a lavorare” e poi vi siete resi conto che avete trovato qualcosa che attirava la vostra attenzione e avete finito per trascorrervi più tempo di quanto volevate lasciando che i doveri si accumulassero?
4. Dare il cellulare ai bambini perché “si distraggano e io possa fare le mie cose” o perché “non piangano”
Vi suona familiare? Forse non siete madre o padre di famiglia, o forse lo siete ma non avete mai pensato a dare il cellulare ai vostri figli per farli distrarre, ma conoscete qualcuno a voi vicino che invece lo fa? Non vorrei soffermarmi troppo su questo tema, ma semplicemente sottolineare che ci sono sempre più prove degli effetti negativi sulla salute fisica ed emotiva dell’uso non controllato di dispositivi mobili nei bambini, oltre al pericolo che rappresenta per loro essere lasciati soli a navigare in Internet.
5. Non è mai tardi per introdurre piccoli cambiamenti e impiegare meglio il nostro tempo
“Un uomo orgoglioso guarda sempre in basso, e ovviamente se guardi in basso non puoi vedere quello che c’è sopra” (C. S. Lewis).
Questo video mi ha insegnato che bisogna alzare lo sguardo dal telefono. Basta guardarci intorno per renderci conto del fatto che qualcosa non va. Forse quello che vediamo non ci piace, ma ci aiuta a capire che ci può essere un altro modo di relazionarsi.
Non possiamo tuttavia pretendere che gli altri cambino o che il nostro cambiamento si verifichi nell’arco di un battito di ciglia, ma possiamo iniziare con mete concrete e raggiungibili ogni giorno, anche una sola. Ad esempio, oggi posso propormi di chiamare un amico o un’amica che sta attraversando un momento negativo per incoraggiarlo, o anche solo per ascoltarlo. Domani potrei spegnere il volume di una delle applicazioni del cellulare che uso più spesso e controllarla solo quando ho un momento libero alla fine della giornata. Il fine settimana potrei proporre alla mia famiglia di non usare il cellulare durante la cena e che ciascuno racconti qualcosa di divertente e interessante che è successo durante la settimana. Sono sicuro che ogni persona che sta leggendo questo articolo sa dentro di sé qual è la cosa che le costa di più in questo campo e ha cercato spesso di fare qualche passo al riguardo. Forse è il momento di dire che non bisogna arrendersi, ma perseverare e procedere un piccolo passo alla volta per raggiungere la meta, come quando eravamo bambini e abbiamo dovuto iniziare a camminare prima che a correre.
6. L’invito a trascorrere meno tempo nel mondo “virtuale” e più tempo nel mondo reale richiede uno sforzo aggiuntivo
Nella sua esortazione Gaudete et exsultate, Papa Francesco ci insegna che “il consumismo edonista può giocarci un brutto tiro, perché nell’ossessione di divertirsi finiamo con l’essere eccessivamente concentrati su noi stessi, sui nostri diritti e nell’esasperazione di avere tempo libero per godersi la vita. Sarà difficile che ci impegniamo e dedichiamo energie a dare una mano a chi sta male se non coltiviamo una certa austerità, se non lottiamo contro questa febbre che ci impone la società dei consumi per venderci cose, e che alla fine ci trasforma in poveri insoddisfatti che vogliono avere tutto e provare tutto. Anche il consumo di informazione superficiale e le forme di comunicazione rapida e virtuale possono essere un fattore di stordimento che si porta via tutto il nostro tempo e ci allontana dalla carne sofferente dei fratelli. In mezzo a questa voragine attuale, il Vangelo risuona nuovamente per offrirci una vita diversa, più sana e più felice”.
Forse oggi è il giorno migliore per vivere il presente e compiere un piccolo passo fuori da noi stessi, come la protagonista del video che ha deciso che non bastava sentirsi male per chi incontrava sulla sua strada ogni giorno collegato al cellulare e ha deciso di andare oltre, di uscire dalla sua zona di comfort e creare uno spazio per condividere la gioia, ed è una cosa che si contagia. Forse oggi è una buona opportunità per poter fare anche noi lo stesso.