separateurCreated with Sketch.

“Sono convintissimo che è stato tutto dono del Signore”. Anche il cancro

whatsappfacebooktwitter-xemailnative
Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 21/06/18
whatsappfacebooktwitter-xemailnative

Le bellissime parole del testamento del prete di Ponticelli, Don Agostino Cozzolino, già Servo di Dio, che si avvia verso la beatificazione

Potrebbe diventare uno dei beati più recenti, poiché è salito al cielo il 2 novembre 1988, dilaniato da un cancro al pancreas. Ma sopratutto è stato un pastore fuori dal comune, a cui, oggi, dovrebbe ispirarsi ogni sacerdote.

Don Agostino Cozzolino, Servo di Dio, è stato parroco per venti anni alla “Madonna della Neve” a Ponticelli, operando in uno dei quartieri più difficili di Napoli noto per una forte presenza della camorra sul territorio.

Un lavoratore instancabile, vicino alle tante famiglie disagiate da essere definito il “Curato d’Ars” del quartiere, poiché ricordava la dedizione alla sua piccola comunità di San Giovanni Maria Vienney. Sabato 23 giugno sarà commemorato con una celebrazione nella sua parrocchia. 



Leggi anche:
Inizia il processo di beatificazione per don Oreste Benzi

La scoperta del tumore

Bontà e carità erano i principi dell’evangelizzazione di Don Agostino, che stava raccogliendo frutti insperati sopratutto tra i più giovani. Poi, nel 1987 la scoperta di un tumore che non lasciava via scampo. La comunità si strinse intorno al suo pastore, prendendosi cura di lui giorno e notte nell’angusta casa parrocchiale di pochi metri quadrati dove viveva Don Agostino.

Accettò il suo calvario nel totale abbandono della volontà di Dio e senza risparmiarsi sopratutto in occasione dei solenni festeggiamenti del Bicentenario della proclamazione della Madonna della Neve a protettrice di Ponticelli.     

[protected-iframe id=”94a5c181e1da551ae102387ed48d12c6-95521288-56301267″ info=”https://www.facebook.com/plugins/post.php?href=https%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2FServodiDioAgostinoCozzolino%2Fposts%2F1736710506404963&width=500″ width=”500″ height=”631″ frameborder=”0″ style=”border:none;overflow:hidden” scrolling=”no”]

“Arrivederci…”

Nell’ottobre del 1988, nel suo testamento spirituale scriveva: «Mi sono sentito legato alla comunità parrocchiale nella quale ho speso la maggior parte del mio ministero. Ho dato e ricevuto tanto, ho amato alla mia maniera e sono stato ricambiato al centuplo. Le premure usatami nella mia malattia ne sono la prova. Arrivederci alla comunione definitiva con il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo, stretti alla Mamma Celeste, “la Madonna della Neve”».

Don Agostino Cozzolino chiudeva così la sua laboriosa vita terrena la sera del 2 novembre 1988, a soli 60 anni.


don pino puglisi
Leggi anche:
Don Pino Puglisi, un beato fatto a pezzi?

Servo di Dio

Una settimana dopo la morte, in diocesi, si pensò ad avviare la Causa di beatificazione per far conoscere le virtù straordinarie di questo uomo. Subito dopo è iniziato il processo diocesano.

E’ diventato Servo di Dio (titolo che la Chiesa assegna dopo la morte a persone che ritiene si siano distinte per “santità di vita”, e per le quali è stato avviato il processo canonico di beatificazione) nel giugno 2017.

Gli 8 punti del Testamento

Il messaggio più autentico, lo si può leggere in queste righe del suo testamento spirituale dedicato alla sua comunità parrocchiale: otto “pensieri” che vi invitiamo a leggere condividere.

1) Sono contento della vita trascorsa. Lo spirito di fede crescente l’ha caratterizzata, donandomi serenità e pace interiore.

2) Ho alimentato continuamente con la preghiera, la mia esperienza spirituale (ritiri mensili, corsi annuali di esercizi, ora di contemplazione quotidiana). Ciò ha permesso di tenere “su” il tono del contatto con Dio.

3) Ho avuto e coltivato la retta intenzione, cercando in tutto la volontà di Dio e non in me stesso. Questo mi ha aiutato a vivere nell’umiltà e nel servizio ai fratelli.

4) Ho amato la mia vita sacerdotale e sono andato là dove l’obbedienza ma mandava. Da questo atteggiamento è derivata fiducia e forza anche nelle difficoltà.

5) Ho espresso il mio amore verso i fratelli di cui il Signore mi ha fatto guida e pastore con la dedizione completa, non risparmiandomi per il loro bene.

6) Ho amato lo stile della povertà per seguire più da vicino Cristo povero, per testimoniare i beni futuri. Mi sono accontentato dello stretto necessario perchè i soldi risparmiati diventassero pane per i fratelli bisognosi.

7) Mi sono sentito profondamente legato alla comunità parrocchiale nella quale ho speso la maggior parte del mio ministero pastorale. Ho dato e ho ricevuto tanto. Ho amato alla mia maniera e sono stato ricambiato al centuplo. Le premure usatemi nella mia malattia ne sono la prova. Dall’ultima generazione di giovanissimi ho avuto moltissimo. Con loro ho recuperato, in una maniera molto bella, la mia specifica missione di educatore nella fede e di padre spirituale (..).

8) (..) E’ stato un grande dono per la mia vita sacerdotale e mi ha mantenuto in “tensione” nell’amore di Dio e dei fratelli.

Chi leggerà o ascolterà queste riflessioni non mi reputi al di sopra di quanto sia stato. Ma piuttosto elevi il ringraziamento al Signore perchè sono convitissimo che tutto è stato dono suo.

(..) Voglio ringraziarvi con immensa gratitudine per quello che siete stati per me e per quanto mi avete donato. In modo particolare vi ringrazio delle preghiere fatte durante la mia malattia. Non sono andate nel senso voluto da voi, ma mi hanno ottenuto forza, serenità, desiderio ardente di vedere il Volto di Dio.

Arrivederci alla comunione definitiva con il Padre, il Figlio, lo Spirito stretti alla Mamma Celeste, la Madonna Della Neve.



Leggi anche:
Oggi sarà beato. Ma chi fu veramente Romero?

Top 10
See More