Una bambina copta racconta l’omicidio della madre, una delle vittime degli attentati al Cairo del dicembre scorsoUomini armati hanno attaccato i cristiani che uscivano da una chiesa copto-ortodossa alla periferia del Cairo il 29 dicembre 2017. L’attentato, rivendicato dallo Stato Islamico, ha avuto luogo dieci minuti dopo la fine della Messa nella chiesa di San Menas ed è costato la vita a nove persone.
Una delle vittime era una giovane madre di nome Nermeen Sadiq.
Nesma ha reso pubblico il suo racconto attraverso la fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre:
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“Quando è finita la Messa, mia cugina, mia madre ed io siamo uscite dalla chiesa. Mia madre portava un crocifisso al collo e nessuna di noi portava il velo. Nei quartieri poveri le donne musulmane spesso portano il velo per distinguersi dalle donne cristiane.
Abbiamo preso una strada laterale e abbiamo visto che un uomo che si avvicinava alla chiesa in modo cadeva in una buca. Mia madre è andata subito ad aiutarlo e gli ha detto: “In nome di Gesù Cristo, sta bene?” L’uomo si è ripreso rapidamente e nell’arco di un battito di ciglia ha aperto il fuoco contro di noi con un’arma che ha tirato fuori da sotto il gilet.
Appena io e mia cugina abbiamo visto l’arma ci siamo nascoste dietro mia madre, che ci ha gridato di scappare. Il terrorista prima le ha sparato al braccio mentre stava ancora cercando di proteggerci. Siamo corse via, ma mia madre è caduta e non è riuscita a fuggire con noi. La distanza tra noi e il terrorista quando ha tirato fuori l’arma era poco più di un metro. Mia cugina ed io abbiamo corso fino a un piccolo supermercato, in cui la venditrice ci ha nascoste dietro il frigorifero. Dal nostro nascondiglio potevamo vedere che l’uomo ci cercava con lo sguardo. Visto che non ci vedeva si è rivolto di nuovo verso mia madre e le ha sparato varie volte.
Tutto questo è accaduto nell’arco di pochi minuti. Quando il terrorista se n’è andato siamo corse ad aiutare mia madre. È arrivata molta gente, ma nessuno si è avvicinato per assisterla, anche se era ancora viva.
Ho chiamato mio padre, ma non ha risposto. Sono riuscita a localizzare mio zio, che è arrivato subito. È arrivata un’ambulanza, ma il personale d’emergenza si è rifiutato di far salire mia madre finché non ha ottenuto il permesso degli agenti di sicurezza, che stavano cercando per le strade il terrorista e un altro che aveva attaccato le persone che si trovavano davanti alla chiesa.
Allora è iniziata una sparatoria e la gente è corsa via. Mia cugina, mio zio ed io siamo rimasti con mia madre, che mi ha guardata e mi ha detto: “Non avere paura, io sono con te. Obbedisci a tuo padre e prenditi cura di tua sorella”. Quando la sparatoria è finita sono tornata in chiesa per cercare mia sorella minore, Karen, che ha otto anni ed era rimasta lì perché la catechesi dei bambini non era ancora finita. Ho visto tre persone conosciute che giacevano in pozze di sangue perché erano state assassinate davanti alla chiesa.
Quando finalmente hanno fatto salire mia madre in ambulanza era già morta.
Oggi non giro più per strada da sola; mio padre mi accompagna sempre ovunque. Nonostante il dolore che mi attanaglia il cuore – mia madre mi manca moltissimo – sono contenta perché ero con lei durante l’attacco e non sono stata neanche ferita. È stato Dio a sceglierla per andare in Cielo.
Non voglio abbandonare il mio Paese, ma voglio trovare senz’altro il modo per studiare e vivere in modo più confortevole, soprattutto perché le nostre condizioni economiche non sono buone. Mio padre, che ha 35 anni, fa l’autista ma non ha un lavoro fisso. Mia madre era la fonte principale di entrate della nostra famiglia. Era infermiera presso il Centro Nefrologico del Cairo. Io voglio diventare dottoressa specializzata in Nefrologia, perché era quello che mia madre sognava per me.
Questo è il mio messaggio a tutte le persone perseguitate nel mondo: non temete! La nostra vita è nelle mani di Dio e dobbiamo rimanere fedeli alla nostra fede”.