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Perché lo champagne era detto “vino del diavolo”?

CHAMPAGNE
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Caroline Becker - pubblicato il 11/06/18
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Sinonimo di festa e di gioia, lo champagne è stato a lungo considerato la bevanda del demonio

La cultura del vino nella regione di Champagne ci è testimoniata fin dal Medioevo. All’inizio le vigne non producevano che “vino bianco”, non effervescente. Per ottenere le bollicine che caratterizzano lo Champagne, il vino – costituito da tre vitigni: pinot noir, pinot munire e chardonnay – deve fermentare due volte.


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Delle bottiglie possedute dal diavolo?

Lo champagne non aveva allora buona reputazione, soprattutto nel clero, che rapidamente lo bandì. Lo considerò nientemeno che “il vino del diavolo”. La ragione? I viticoltori di Champagne commettevano (senza saperlo) due grandi errori che rendevano le bottiglie esplosive.



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I contenitori adibiti a conservare il vino evolvettero e, col tempo, comparvero alfine le bottiglie di vetro. Queste però non erano appropriate alla conservazione del vino. In Champagne le vendemmie arrivarono piuttosto tardi, e da principio i viticoltori non utilizzavano celle di fermentazione. Una volta che l’uva veniva pressata, il succo ne veniva rapidamente messo in bottiglia e quindi la prima fermentazione non aveva avuto luogo. I viticoltori pensavano di agire bene e di conservare così il massimo degli aromi.



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Ma poiché la fermentazione non era terminata quando la bottiglia veniva tappata, essa proseguiva al suo interno e questa finiva per… esplodere. Era dunque frequente che delle bottiglie esplodessero nelle cantine o a casa dei clienti. Immaginatevi la faccia del prete quando la bottiglia gli scoppiava tra le mani… Incapace di spiegarsene la ragione, attribuiva il fenomeno al diavolo. La bevanda prese dunque il nome di “vino del diavolo”, e per molto tempo se ne sarebbe parlato male.

Le innovazioni del monaco Dom Perignon

Nel XVII secolo entra in scena Dom Perignon. Celebre monaco dell’abbazia di Hautvilliers, egli cominciò a strutturare il processo di fabbricazione dello champagne e introdusse delle inedite innovazioni che avrebbero dato allo champagne il sapore che ancora oggi conosciamo. Avrebbe da un lato introdotto l’uso del tappo in sughero, dall’altro fece tener salda la bottiglia con una cordicella di canapa impregnata d’olio. Inoltre rinforzò le bottiglie adottando un vetro più spesso per evitare che la bottiglia esplodesse. Alcune esplosioni si sono verificate ancora, malgrado tutto: si sarebbe dovuto attendere il XIX secolo, con i progressi di Pasteur sulla fermentazione, per comprendere tutti i misteri dello champagne.



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Una volta domato, il vino frizzante perse il suo diabolico soprannome e tornò nelle grazie della società.

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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