Quando è trascorso poco più di un anno dal viaggio di Papa Francesco al Cairo, l’Egitto si mostra molto accogliente per i pellegrini cristiani che ripercorrono le orme della Sacra Famiglia.
«Il cristianesimo fa parte della storia della Chiesa», riassume in un colpo Hisham Mohamed Bard, ambasciatore di Egitto in Italia. Ed è per questo che il suo governo si dichiara “fiero e onorato” di accogliere i pellegrini cattolici. Dopo la Francia – che fa questo già da diversi anni – l’Italia si mette infatti a organizzare pellegrinaggi nel Paese delle piramidi sulle orme della Sacra Famiglia: Gesù, Maria e Giuseppe.
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Seconda nazione dopo Israele a entrare nella storia della Chiesa nascente, l’Egitto è da molto tempo una terra privilegiata per la ricezione della fede giudaico-cristiana. Già nell’Antico Testamento, Isaia aveva profetato che «Dio si farà conoscere dagli egiziani, e gli egiziani conosceranno Dio». L’incontro sarebbe stato provvidenziale per evitare la morte per fame del popolo ebreo, ma non sarebbe avvenuto senza frizioni, allorché i faraoni avrebbero rifiutato di lasciar partire tanta manodopera a buon mercato…
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È per sfuggire a un altro massacro, quello dei Santi Innocenti per mano del re Erode, che Gesù Bambino venne portato anche lui in Egitto, dopo la fuga della Sacra Famiglia. Un rifugio durato tre anni e mezzo sul suolo di questo Paese, prima di tornare in Terra Santa.
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È ancora l’Egitto che accoglie e fa nascere nel deserto i primi monaci ed eremiti cristiani, si pensi in particolare a sant’Antonio il Grande, nel III secolo. Dopo secoli di persecuzioni sotto l’impero romano, i cristiani desiderosi di donare tutto a Cristo scelgono un’altra forma di combattimento – stavolta spirituale.
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Ancora oggi, questa terra di ospitalità e di incontri, di storia e di civiltà – non si dice che l’Egitto è la nazione araba più colta di tutte? – è «affetta da cieche violenze», secondo le pregnanti espressioni del Papa, venuto un anno fa per difendere la religione, in particolare l’Islam, contro la tentazione di crimini commessi «nel nome di Dio». Proprio quel giorno una ministra egiziana aveva consegnato una lettera del presidente Abdel Fattah al Sissi, per domandare il sostegno della Santa Sede per un pellegrinaggio… nei luoghi della Sacra Famiglia.
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Da quel giorno, i pellegrini hanno l’assicurazione del fatto che il governo contribuirà all’organizzazione del loro viaggio. E soprattutto che si prenderà cura della loro sicurezza. «Accogliamo i nostri ospiti come se facessero parte della nostra propria famiglia», ha assicurato l’ambasciatore.
Consolidare la pace regionale
Come l’Egitto era allora stato un rifugio per la Sacra Famiglia, esso deve tornare ad essere un riparo e un sostegno alle attuali popolazioni cristiane – martiri, come lo sono i cristiani d’Oriente, o pellegrini come i cristiani che vengono dall’Europa –. E così, per accogliere in tutta sicurezza i cristiani è stato fatto molto lavoro, «fino ai massimi livelli» – afferma il diplomatico. Per lui, l’Egitto prende posizione contro l’islamismo – non sempre facile da dominare, in questo Paese. La Chiesa copta l’ha imparato a prezzo del sangue dei suoi figli – si pensi ai 21 copti massacrati dagli jihadisti. Quelli però sono stati dichiarati «martiri della fede e della Patria», e contribuiscono indubbiamente, benché misteriosamente, all’attuale luna di miele del governo di Al Sissi con i cristiani.
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Per l’ambasciatore egiziano, il pellegrinaggio sulle tracce della Sacra Famiglia è quindi la logica conseguenza della venuta di Papa Francesco nell’aprile del 2017. Tra tutte le nazioni arabe, è su questa che la Santa Sede conta per rinforzare e consolidare la pace della regione, radicalmente minata in tutto il Medio Oriente.
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Al Cairo, senza false illusioni o angelici, il Papa aveva indicato una bussola per il dialogo, precisando tre orientamenti fondamentali: «Il dovere dell’identità, il coraggio dell’alterità e la sincerità delle intenzioni».
[Traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]