Étienne Baccomo, un ateo diventato cristiano, condivide con Aleteia la propria testimonianza
Haytan Shlomo: Ci racconti il suo itinerario spirituale: perché ha deciso di convertirsi al cristianesimo? Perché oggi lei crede in Dio?
Étienne Baccomo: Anzitutto diciamo che vengo da una famiglia di antico retaggio cristiano, poiché da parte di padre era una famiglia italiana e da padre di madre una francese; i miei genitori hanno ricevuto un’educazione cattolica, ma al momento in cui sono nato, in Francia, cioè negli anni attorno al 1992, avevano un po’ rotto con l’eredità dei loro genitori, e dunque i miei non mi hanno battezzato – né me né i miei fratelli… perché ho due fratelli maggiori –: dicevano all’epoca quello che ancora oggi si sente dire, “sceglieranno loro da grandi”.
Negli anni ’90, nei 2000 e ancora ai nostri giorni la Chiesa è stata estremamente attaccata, in Francia, e io sono cresciuto con una visione negativa della Chiesa, anche se in famiglia c’erano attorno a noi valori cristiani e perfino cattolici: la protezione delle persone più fragili, più deboli, più povere… Adesso, guardando indietro, ho l’impressione che la mia educazione fosse cattolica anche se il nome di Gesù non veniva mai pronunciato.
Mi sono fermato, ho riflettuto sulla questione di Dio e della fede e via dicendo…
In sintesi, quando avevo 17 anni i miei genitori mi hanno messo in un liceo cattolico, siccome erano un po’ inquieti per me dal momento che ero un adolescente piuttosto turbolento. E al liceo della Sauque, gestito da domenicani, si organizza ogni anno un pellegrinaggio a Lourdes, il “pellegrinaggio del rosario”, e quindi mi sono iscritto perché tutti mi dicevano: «Vedrai che forza! Cambierà il tuo modo di vedere le cose! Anche se uno non è cattolico quello che si fa lì è bello…». E siccome sono curioso andai. E fu quello il mio primo incontro con la Chiesa e con la Vergine Maria. In effetti l’evento ha rimesso in questione tutto quello che pensavo: quanto si dice della Chiesa è troppo falso, la Chiesa è bella, era veramente forte e semplice al contempo, magnifico.
Solo che siccome non avevo amici cattolici e anzi avevo una famiglia anticlericale, la cose diventava complicata per me… fu un principio di conversione, ma non una conversione compiuta, e ho continuato a vivere mondanamente. E così dopo delle prove personali sentimentali – più concretamente, due anni dopo, interrogandomi sul senso dell’amore e di una relazione con una donna (era l’epoca del Mariage pour tous in Francia, e la Chiesa si esponeva con la sua posizione) – compresi che la visione cristiana dell’amore era quella che mi pareva la più logica e che meglio mi corrispondeva. In effetti era l’unica che difendesse corpo e anima in questa nostra epoca, e quindi ho finito per aderire alla verità della Chiesa, a rendermi conto che la cosa sta in questi termini: se vuoi essere felice, questa è la via.
H. S.: Adesso lei quanti anni ha?
É. B.: Ho 25 anni.
H. S.: Esiste una persona che ha segnato questa sua conversione?
É. B.: I domenicani. Padre Mariano, che era il penitenziere della Sauque che ho trovato sui miei passi. Mi ha parlato della Sauque, mi ha consigliato libri che ho letto e mi ha seguito nel corso della conversione. Oggi è un pezzo della mia famiglia.
H. S.: E come l’ha incontrato?
É. B.: A 22 anni sono partito per il Cammino di Santiago. Arrivato a destinazione mandai una cartolina alla Sauque. In quel momento credevo completamente in Dio. Fine. E poi un giorno mia madre mi ha detto: «Ma invece di parlare con noi, va’ in chiesa la domenica!». E proseguì: «Ho sentito che a Bordeaux c’è un’ottima chiesa chiamata Saint Paul, dovresti arrivarci». E quando mi recai lì incontrai padre Mariano: questi mi riconobbe e si ricordò che gli avevo scritto una cartolina, dunque dopo la messa mi ha preso in disparte e abbiamo parlato un poco. Mi disse: «Dovresti venire al Gruppo Missione: ci sono giovani come te, altre persone che si sono convertite anch’esse». Precisiamo: il “Gruppo Missione” è un raggruppamento settimanale per i giovani, si tiene il martedì ed è un momento di formazione e di preghiera con adorazione. Lì i giovani cattolici si riuniscono per progredire nella fede, nell’insegnamento e nella preghiera.
H. S.: Come giudica la sua relazione con la famiglia d’origine?
É. B.: Qualcosa si muove: sono venuti ad assistere a tutti i miei sacramenti. Ora sono battezzato e ho fatto la prima comunione.
H. S.: Vuol parlarci del momento forte che fu la notte del battesimo?
É. B.: Era di notte. Ho avuto l’impressione di cambiare davvero: c’erano delle sensazioni fisiche e al contempo spirituali molto forti. Stavo per diventare figlio di Dio e per liberarmi dal peccato: i peccati e le tentazioni hanno impegnato parecchio delle mie energie fino al mio battesimo, in qualche modo ero rinchiuso, bloccato, e ho visto spiritualmente che le realtà di Dio sono parecchio più accessibili.
Adesso faccio parte di una chiesa, mentre prima ne stavo fuori (e il sacramento del battesimo mi ha permesso di entrarvi pienamente).
H. S.: Si pone domande sulla sua vocazione? Di che tipo?
É. B.: Una vocazione sacerdotale… forse tra i domenicani. Ma come dice padre Dominique Raphaël, cioè il sacerdote che si occupa delle catechesi per gli adulti, «bisogna aspettare un poco»: quando si è giovani neofiti è normale che si abbia voglia di dare tutta la nostra vita a Cristo, e si ha l’impressione che il solo modo per darla sia quella di entrare nell’Ordine. Ma forse il Signore mi chiama altrove.
E in ogni caso, quando ci rifletto adesso la cosa mi entusiasma, come prospettiva: il fatto di diventare prete non mi fa paura.
H. S.: Che cosa consiglia ai giovani?
É. B.: Vorrei invitarli a convertirsi e a porsi realmente la questione di Dio, nonché a mettere in opera mezzi per rispondervi. Vale a dire prendersi tempi di preghiera, fare pellegrinaggi, andare a visitare chiese, parlare con sacerdoti e con dei cattolici; siccome una vita fuori dalla Chiesa è una vita un po’ più triste, meno profonda, che ha parecchio meno senso e durante la quale ci si interessa a realtà materiali, allora quando uno è cattolico capisce che la cosa preziosa è la nostra anima nella sua relazione col Signore. Spero che tutti i giovani possano fare questa esperienza.
H. S.: Che avvenire vede per il suo Paese, la Francia?
É. B.: Complicato. Per la situazione, dico… l’aumento dei musulmani e le sfide nei Paesi arabi… la coabitazione tra le religioni.
H. S.: Che cos’è che spinge tanta gente, in Europa e in Francia a convertirsi? Sarà l’Isis, l’immigrazione o Cristo a cambiare le cose? Come vede la situazione?
É. B.: Credo che Cristo cambierà le cose: tanti musulmani e atei si convertiranno. Cristo e Dio non abbandoneranno la Francia perché non l’hanno mai abbandonata. E poi tanti immigrati magrebini in Francia, per fare un esempio, riscoprono la loro origine: in fondo Cristo viene prima dell’Islam.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]