Non tutti possono gradire l’enfasi di questo evento, ma possiamo spendere due parole sul bisogno che c’è di meraviglia
Qualcuno lo giudicherà sensazionale, qualcuno pacchiano. Qualcuno applaudirà, qualcuno dirà che è fuori luogo trasformare la chiesa in un luogo di spettacolo.
Sono tutte reazioni plausibili, perché la meraviglia è di per sé esagerata.
Mi riferisco all’evento di cui è oggetto la chiesa di Notre Dame a Montreal in Canada e che possiamo gustarci guardando un’anteprima nel video diffuso via web.
Ai visitatori è proposto uno sfolgorante spettacolo di luci e musica per enfatizzare lo straordinario interno del santuario neogotico. Godiamoci la presentazione video per vedere quanti effetti artistici sono stati tirati fuori dal cilindro pur di sottolineare una scena che è stupefacente di per sé, senza bisogno di trucchi. Nell’intento dei creatori c’è il desiderio di far apprezzare agli spettatori le bellezze che sovrabbondano e perciò possono sfuggire all’occhio.
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Una volta visto il filmato, ci troveremo di fronte a una scelta: possiamo limitarci a giudicare se questo spettacolo è esagerato, inappropriato oppure bello e significativo; possiamo partire da questo caso per riflettere un attimo sul bisogno di meraviglia che c’è.
Al di là degli esiti fausti o infausti, non è mai sbagliata la posizione di chi osa una novità in nome di una battaglia contro l’ignavia. Questo movente è sempre giusto, perché noi siamo immemori e per di più ingrati.
Quante volte andiamo a messa nella stessa chiesa? Quante volte passeggiamo nello lo stesso parco? Quante volte guardiamo negli occhi nostro marito o nostra moglie? Così tante che la presenza di tutto e tutti si sbiadisce. Si sbiadisce negli occhi e, soprattutto, nel cuore. La realtà più quotidiana diventa scontata, grigia, insignificante solo perché ci siamo abituati ad essa.
La meraviglia è quell’esercizio acrobatico per cui dovremmo riuscire, forse un po’ follemente, a fare un urlo di gioia di fronte al bicchiere sbeccato da cui beviamo ogni sera. Ogni volta che il nostro collega entra in ufficio dovrebbe partire l’«Eroica» di Beethoven. Ogni volta che apriamo al postino dovrebbe entrare un fascio luminoso dalla porta. Ogni presenza è un portento. Perciò l’unica posizione non realistica, per chi crede che il mondo sia un dono di Dio, è la tiepida accettazione dello status quo.
Occorre fare salti mortali e prendere misure straordinarie per tirar fuori dalla bocca un briciolo di sincera gratitudine.
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