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Perché Dio non ha guarito mamma?

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Robert McTeigue, SJ - pubblicato il 09/05/18
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Linee guida per parlare ai bambini di preghiera, sofferenza e morte“Come puoi vedere tutto questo e credere ancora?”

L’anziano me lo gridò mentre entravo nella stanza d’ospedale, dove la sua giovane figlia stava singhiozzando davanti al marito morente. Sapevo che aveva seppellito sua madre solo la settimana prima. Il suo bambino tremante era seduto nell’angolo, piangendo in silenzio.

Non è insolito che le persone gridino contro il cappellano dell’ospedale quando arriva su una scena di dolore, tragedia o morte. Sapevo che quel pover’uomo non era arrabbiato con me ma con Dio, che in quel momento rappresentavo in quanto appunto cappellano d’ospedale. Ogni sacerdote ha vissuto esperienze simili. Diventiamo un parafulmine per le emozioni forti e negative degli altri. In questi casi, qual è la cosa giusta da dire? O forse sarebbe meglio dire “Qual è la cosa meno dannosa da dire?”

E se la persona oppressa dal dolore, arrabbiata e confusa, ora delusa con Dio per la perdita imminente di una persona cara, è un bambino? E se il bambino aveva pregato con fervore per la guarigione di un genitore malato durante una malattia lunga e incurabile?

Sollevo la questione perché la scorsa settimana, mentre aspettavo di salire su un aereo per andare a parlare a una conferenza di etica medica, ho ricevuto questo messaggio:

“Salve, padre! Ho avviato un gruppo con alcuni amici di X, un’amica che sta morendo di cancro. Ha dei bambini piccoli. Tutti i nostri figli pregano per lei. Cosa dire ai nostri (e ai suoi) figli se/quando morirà?”

Non è mai una domanda semplice, ed è ancor più seria perché posta a nome dei bambini. Il Libro di Giobbe è un catalogo di risposte inutili o impacciate in risposta alla morte e alla sofferenza. I sacerdoti, lo ammetto, non sono esenti da parole inutili o impacciate nei momenti di crisi. Un anziano gesuita mi ha raccontato del suo primo funerale da sacerdote, quando ha detto alla vedova prima della Messa “Ora è in un posto migliore”. Lei ha risposto gridando: “Non voglio che stia in un posto migliore! Lo voglio qui con me e i bambini!”

Ovviamente innumerevoli santi ed esperti hanno scritto un’infinità di libri, sermoni e trattati sul legame tra preghiera, guarigione, malattia, sofferenza e morte. Io stesso ho insegnato queste cose all’università, e tuttavia sono certo che le spiegazioni ragionate, complete di diagrammi, note a piè di pagina e bibliografia, non aiuterebbero i bambini per cui sono preoccupati questi genitori, miei amici. Cosa fare allora?

I genitori sanno cos’è meglio per i loro figli – devono discernere di cosa ha bisogno ogni bambino – e dovrebbero anche aspettarsi di doversi trovare più di una volta di fronte alle domande e alle emozioni difficili dei loro figli. Man mano che maturano chiederanno sempre, in modi ovviamente diversi: “Perché è morta? Perché non è stata guarita? Dio ha ignorato le nostre preghiere?”, ecc. Ecco alcune linee guida per i genitori per parlare ai loro figli di dolore, perdita, delusione e preghiera:

1. Dio ci dà sempre il meglio, ma non sempre lo vediamo o lo capiamo in un certo momento, soprattutto nei periodi più dolorosi.

2. Confidiamo in Dio perché ci ama ancor più di quanto noi ci amiamo a vicenda o amiamo noi stessi.

3. Aggiugete degli esempi tratti dalla Scrittura, dalla vita dei santi e dalla nostra stessa vita, mostrando che avere fiducia in Dio può essere difficile ma che Dio è sempre fedele.

4. Non aspettatevi il successo o di essere considerati persuasivi – almeno non subito. Capite che state piantando semi che probabilmente non daranno frutto per anni.

5. Se non piantate quei semi i bambini soffriranno in modo superfluo, e probabilmente cresceranno con una visione distorta di Dio.

6. Rassicurateli sul fatto che va bene provare ed esprimere emozioni forti e dolorose, e dite loro che le emozioni, che passeranno, non dicono tutta la verità su loro stessi, il mondo o Dio.

7. Insegnate loro a pregare per i defunti e la Comunione dei Santi.

8. Guidate con l’esempio, praticando le opere di misericordia corporali e spirituali per le famiglie e gli amici che soffrono e lottano. Lasciate che i bambini collaborino a un Rosario in famiglia, scrivano un biglietto di condoglianze o preparino un pasto per chi in quel momento ne ha bisogno.

9. La devozione alla Coroncina della Vergine Addolorata può aiutare i genitori ad aiutare a loro volta i figli sottolineando loro la fiducia che ha avuto Maria in Dio.

I genitori sono i primi maestri dei propri figli, e anche i primi testimoni della fede. I bambini ricordano – nel bene e nel male – come i loro genitori hanno risposto alla malattia, al dolore e alla perdita. Lavoriamo insieme, con l’aiuto della natura e della grazia, per insegnare ai nostri figli come rimanere fedeli e fiduciosi, sia nei momenti positivi che in quelli negativi.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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