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Come vedere il bene, la bellezza e la verità intorno a me

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Carlos Padilla - pubblicato il 03/05/18
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Quando parlo molto di quello che va male, forse ne ho bisogno perché la mia anima non è in pace…Le mie azioni segnano il mio cammino. Sono la cosa più importante che ho. Più delle mie parole e delle mie promesse. Non voglio amare a parole. Voglio amare con i fatti. È quello che resta alla fine del mio cammino. Il modo in cui tratto chi mi circonda.

Nel film Wonder, il protagonista è un bambino che nasce con una deformità al volto. Richiama l’attenzione e non viene accettato. È considerato diverso, e le persone si allontanano da lui senza neanche conoscerlo.

Il preside della scuola dice a un allievo: “Non può cambiare il modo in cui si vede, ma tu puoi cambiare il modo in cui lo guardi”. Questo bambino finisce per cambiare i suoi compagni, tirando fuori il meglio di loro. Ciò che c’è di vero in loro. La loro bontà nascosta.

Le mie azioni sono quello che resta dietro le mie parole. Il mio modo di amare gli altri in verità e con le azioni. Non solo a parole. Le parole se le porta via il vento.

Voglio vivere nella verità, ma per farlo devo approfondire e non fermarmi alla superficie delle cose e delle persone. Non mi fermo a ciò che sono all’esterno. A quello che gli altri mostrano in apparenza.

Come dice Sant’Ignazio di Loyola, “l’amore va messo più nelle opere che nelle parole”.

Le opere restano. Il modo in cui reagisco di fronte a una contrarietà. Il modo di accompagnare chi ha bisogno di me. Il mio atteggiamento davanti alle difficoltà del cammino. Il mio modo di affrontare la vita con i suoi problemi e le sue grandezze.

Mi piace pensare che le mie azioni siano i miei monumenti più grandi. Sono l’eredità che lascio. Per questo mi fa tanto male quando le mie azioni non corrispondono a quello che desidero. Perché hanno la menzogna. Perché non c’è bontà in loro.

E mi fa male non essere come voglio essere. Mi intristisce inciampare sulla stessa pietra e non essere all’altezza. Come sono le mie azioni? Com’è il mio sguardo?

Conosco una persona che ha un senso innato per ciò che è vero. Sa quando qualcosa è una menzogna, falso, posa o finzione. E si commuove di fronte a ciò che c’è di vero in qualcuno.

Credo che quello sguardo puro sia quello di cui ho bisogno. Per guardare al di là delle apparenze. Per approfondire e toccare ciò che c’è di vero in ciascuno. La verità in chi mi circonda. Gesù è Colui che ha parole piene di verità. È Colui che sa come sono e continua ad amarmi. È Colui che conosce i miei desideri più profondi e li ama.

So che le persone vere tirano fuori la mia verità. E quelle che vivono nella menzogna mi rendono bugiardo. Tutto si contagia.

Leggevo giorni fa: “Lì dove non ci sono bellezza e verità, l’individuo perde anche la libertà naturale di lasciarsi attirare dalla bellezza delle cose, dagli ideali e dalla speranza di costruire questa libertà a misura della propria storia, per quanto piccola e limitata possa essere” [1].

Quando vivo nella menzogna, quando non sono autentico, costruisco ambienti in cui smetto di desiderare la verità.

L’atmosfera che creano le mie azioni determina il mio stato d’animo, il mio atteggiamento interiore. In un’atmosfera che fa sognare ideali elevati traggo il meglio che c’è in me, ma in un ambiente di pantano, sporco e avvelenato, mi accontento di sopravvivere.

La verità delle persone mi rende più vero. La menzogna mi rende più bugiardo. L’ho verificato.

Ci sono persone alle quali piace sempre tirar fuori temi di conversazione scabrosi. Peccati pubblici, scandali o sporcizie che conoscono solo loro. Credono forse che facendolo brillino di più in mezzo al marciume.

Ma non è così. Chi crea “ambienti di pantano” con le sue parole finisce per abbassare il livello degli ideali. Si sporca, si svilisce.

Di fronte a tanta miseria smette di abbondare la speranza. In mezzo all’oscurità la luce dei santi quasi non brilla.

Per questo mi piace la verità delle persone autentiche. Che hanno luce e parlano di speranza. Che seminano opere di misericordia e non restano intrappolati nella miseria.

Quando parlo molto di ciò che va male intorno a me, forse è ciò di cui ho bisogno perché la mia anima non è in pace, è avvelenata, è oscura.

Di cosa parlo spesso? Che temi mi piace tirar fuori nelle conversazioni? Parlare delle cadute degli altri, della loro bruttezza o dei loro errori non mi rende migliore. Piuttosto mi avvelena.

La maldicenza avvelena sempre. Parlare di ciò che va male sporca quello che va bene. Nasconde la bellezza. È come se avesse più forza il peccato che si vede che la virtù che resta nascosta.

Per questo preferisco tacere piuttosto che creare queste atmosfere che fanno tanto male. Voglio avere uno sguardo puro per vedere la bellezza e il bene. Voglio avere uno sguardo profondo che impari a non fermarsi alla superficie delle cose.

Solo se conosco ciò che c’è dentro saprò amare ciò che c’è di vero e di buono in ogni persona.

[1] Giovanni Cucci SJ, La forza dalla debolezza.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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