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Andras ha tre mogli, Zoltan ama il paracadute, Marika chiede l’Eucaristia. Tutti mendicanti dell’amore di Cristo

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Fraternità San Carlo Borromeo - pubblicato il 03/04/18
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A Budapest le suore di Madre Teresa “viziano” i pazienti di un ospedale per senzatetto, sì: donano loro tutte le premure che merita chi porta addosso l’immagine di Gesù sofferentedi Alessandro Caprioli (viceparroco di Krisztus Kiraly e cappellano della Facoltà di Diritto dell’Università Cattolica Pázmány Péter a Budapest, Ungheria)

L’estate scorsa, le suore di Madre Teresa mi hanno raccontato di avere “scoperto” un ospedale per senzatetto, dove venivano portate per le cure d’emergenza le persone che le ambulanze avevano raccolto per strada, svenute o in fin di vita. Lì avevano ritrovato una loro vecchia conoscenza, Andras, ex-capo zingaro ormai acciaccato dagli anni e dal consumo massiccio di alcool e tabacco, che da un po’ di tempo era sparito dalla strada e quindi dal loro radar. In quel momento ero alla ricerca di nuove possibilità di caritativa da proporre ai nostri giovani, così mi sono mostrato interessato e ho chiesto alle suore di poterle accompagnare per vedere di che cosa si trattasse.


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Il sabato successivo siamo andati così insieme a trovare Andras. All’ingresso dell’ospedale, un vecchio stabile a fianco della ferrovia rimesso in sesto dal Comune, ci accoglie un folto numero di degenti in carrozzella usciti a prendere una boccata d’aria. Mi colpisce subito la quantità di persone con le estremità amputate a causa dei congelamenti e del diabete. Per salire al terzo piano in cui è ricoverato Andras, impieghiamo un’infinità di tempo perché le suore si fermano a salutare tutti e a fare nuove conoscenze. Si guardano intorno con gli occhi luccicanti ed entusiasti, sembrano golose in una pasticceria, adolescenti che fanno shopping nelle vie della moda: solo che la fonte della loro gioia, in questo mare di umanità ferita dalla miseria e dall’emarginazione, è la presenza riconosciuta e amata di Cristo sofferente.

Incontriamo poi Andras che ci racconta delle sue tre mogli e dei suoi tatuaggi. Le suore lo viziano come un bambino, gli tagliano le unghie, lo portano a passeggiare in cortile e gli comprano le sigarette della sua marca preferita. Da quel momento, ogni volta che lo andiamo a trovare, anche io gli porto un pacchetto di sigarette. Preghiamo insieme. È sempre contento di vederci.
In autunno, il buon diacono Michele, un gruppo di amici del Movimento ed io abbiamo iniziato ad andare regolarmente in caritativa all’ospedale dei senzatetto. All’inizio andavamo da Andras e dai suoi compagni di stanza, poi abbiamo conosciuto altri pazienti del reparto e adesso ogni domenica visitiamo una dozzina di malati. Portiamo qualche dolce e ci fermiamo a chiacchierare con loro.

Marika mi ha chiesto una bibbia, altri hanno voluto confessarsi e ricevere l’eucaristia. Zoltan, che vanta centosettanta lanci col paracadute, si è commosso quando gli abbiamo fatto ascoltare la musica di My fair lady, un vecchio musical degli anni Sessanta che ricordava con nostalgia. Mi colpisce sempre l’apertura di queste persone. Quando sono lontane dall’alcool, manifestano una grande umiltà, semplicità e il desiderio di stare con noi.



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Abbandonati e reietti da tutti, sono visibilmente grati di essere guardati e trattati come persone. Veramente i mendicanti ci sono maestri nell’accettare ed accogliere il bisogno che abbiamo di essere salvati, di essere guardati non secondo gli innumerevoli errori, le ferite della nostra vita ma con l’amore infinito di Cristo che, sofferente e rifiutato, si identifica con loro. Come ci hanno insegnato le Missionarie della Carità, questo sguardo può nascere solo dalla contemplazione. Così anche noi, ogni domenica, tentiamo di vivere un’affezione nuova, che nasce dalla fede e non dai criteri del mondo, grati per l’esistenza di questi nostri fratelli che incontriamo oggi e che desideriamo abbracciare, quando verrà la fine, nella casa del Padre.

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