Ricordando padre Jacques Hamel ucciso dai terroristi mentre celebrava la messa: questa Settimana Santa portiamo ai giovani l’esempio di chi dà la vita per la pace
Il 26 luglio del 2016 padre Jacques Hamel fu ucciso mentre celebrava la messa nella sua chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray, piccolo comune della Normandia. «Da quel triste giorno, si alza un appello per gli artigiani di pace di ogni popolo, rivolto ai credenti e non, a religiosi e laici, in nome di un Dio d’ amore» dichiarò sua sorella Roseline. «Artigiani» è quasi una parola onomatopeica, la pronunci e non puoi fare a meno di sentire i rumori di un borgo antico, o delle statuette dei presepi meccanici: il fornaio con la pala da forno, il calzolaio che batte il cuoio, il fabbro nella fucina, le lavandaie che sciacquano.
Eppure oggi non siamo a Betlemme, siamo sulla via Dolorosa; non c’è la pace degli angeli che cantano di fronte a pastori in silenzio, oggi c’è la pace sguaiata dei pianti e degli sputi che seguono la Croce. Se c’è silenzio, arriva dal buio del Golgota. Da laggiù si spande un’ombra e una luce che, come un’eco, attraversa ogni vicolo di mondo.
Oggi noi ripercorreremo la Via Crucis per le strade di casa nostra, le stesse dove ieri correvano senza badare a quel che avevamo attorno, prostrati al dio Fretta. Nei suoi 86 anni di vita Padre Hamel avrà ripetuto di anno in anno la Via Crucis nell’angolino periferico di Francia dove abitava, finché è accaduto che dovesse viverla nella carne. È stato un martire curvo e anziano, il paradosso di una forza senza muscoli eppure senza cedimenti di fronte all’irruenza di due giovani terroristi.
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Di recente la sorella Roseline lo ha ricordato alla fondazione Aiuto alla Chiesa che soffre in occasione dell’evento Colosseo Rosso per i cristiani perseguitati; ed è stata lei ad avere la premura di tenere a mente l’esempio di suo fratello durante questa Settimana Santa: «Quando pensava alla Passione, pronunciava sempre le parole di Cristo crocifisso: ‘Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno’. Credo sia stato il suo ultimo pensiero». Ma aggiunge anche una nota amara, ammettendo di «provare una certa inquietudine a sapere che parte della nuova generazione non conosce l’esempio dei nostri martiri. Sono ragazzi fragili e confusi dalla società del consumismo che possono facilmente essere corrotti».
Ecco un compito da mettere a fuoco, per noi. Offrire una luce in mezzo alle luci, per chi – come i nostri figli – è distratto dai luccichii delle vetrine, dalla luce disturbante dei videogiochi, dalle spie del cellulare che s’illuminano ad ogni nuovo messaggio. Mi torna in mente un passo di T. S. Eliot che ho recitato in un momento entusiasmante della mia giovinezza in cui facevo teatro:
Nel nostro ritmo di vita terrena noi stanchi della luce. Noi siamo lieti quando il giorno ha fine, quando ha fine il gioco; e l’estasi è troppo dolore.
Siamo fanciulli rapidamente stanchi: fanciulli che restano svegli di notte e poi cadono in sonno appena al razzo è stato dato fuoco; e il giorno è lungo per il lavoro o il gioco.
Stanchi di distrazione o di concentrazione, dormiamo e siamo lieti di dormire,
controllati dal ritmo del sangue e del giorno e della notte e delle stagioni.
E dobbiamo estinguere la candela, spegnere il lume e riaccenderlo;
Per sempre dobbiamo smorzare, per sempre riaccendere la fiamma.
Per cui Ti ringraziamo per la nostra piccola luce, variata dall’ombra.
Ti ringraziamo per averci sospinti a edificare, a cercare, a formare sulle punte delle nostre dita e al raggio dei nostri occhi.
E quando avremo edificato un altare alla Luce Invisibile, che vi si possano porre le piccole luci per le quali fu creata la nostra visione corporea.
E noi Ti ringraziamo che la Tenebra ricordi a noi la luce.
O Luce Invisibile, Ti siano rese grazie per la Tua grande gloria!
La candela si estingue e noi dobbiamo accenderla di nuovo. Pazientemente, faticosamente, ma in fondo con ardore. Roseline Hamel lo ha fatto nel modo che frantuma ogni pensiero recalcitrante, cioè con l’esempio: madre di quattro figli, ha deciso un giorno di contattare le madri dei due assassini di suo fratello, morti a loro volta sotto i colpi delle forze anti-terrorismo: «La mia sofferenza è immensa, ma non vorrei portare la loro. Ho provato il bisogno di applicare questa benda sopra il mio dolore. Ormai, siamo legate».
L’artigianato della pace è questo stare a maniche rimboccate e cuore impazzito di perdono di fronte alle ombre, senza staccare gli occhi dal pianto della Croce, senza temere il riverbero della Luce che arrivò al terzo giorno e arriva ogni benedetto giorno.