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La storia della più singolare reliquia della cristianità

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Finesettimana.org - pubblicato il 23/03/18
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Il viavai della reliquia del «santo prepuzio» di Gesùdi Luigi Accattoli

Circonciso Gesù, la Vergine Maria custodì con ogni cura il «santo prepuzio» e non lo sperse neanche durante la fuga in Egitto. Lo donò infine alla Maddalena e possiamo immaginare che ciò sia avvenuto dopo l’Ascensione al cielo, non essendoci più sulla terra altro vestigio della carne di Cristo. Da Maria di Magdala a Carlo Magno abbiamo uno stacco di secoli e non sappiamo dove l’abbia preso l’angelo che lo consegna all’imperatore in Aquisgrana, mentre toccherà a Carlo il Calvo portarlo a Roma.

Sarà un lanzichenecco tedesco a entrarne in possesso nella magna confusione del Sacco di Roma (1527) e a portarlo a Calcata, che è un borgo a nord di Roma, verso Viterbo. Lì resta fino al 1983 quando viene rubato dalla casa del parroco don Dario Magnoni, come costui denuncia ai carabinieri. O forse don Dario lo fa sparire in obbedienza a ordini superiori? Perché il sacro ha tempi lenti ma anch’esso — come tutto — scorre e un prepuzio che prima attira rischia poi di allontanare, tant’è che il Sant’Uffizio la venerazione di quella reliquia l’aveva già proibita all’inizio del Novecento. Ma i parroci continuarono a esporla nella chiesa dei Santi Cornelio e Cipriano a ogni capodanno, nella festa che si chiamava in Circumcisione Domini , nella Circoncisione del Signore. Nel frattempo c’era stata la riforma del calendario liturgico e il Rito Romano al primo dell’anno festeggiava Maria Santissima Madre di Dio.



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Se cambia la messa vuol dire che cambia il mondo, devono aver pensato a Calcata nel 1970 all’arrivo del nuovo calendario, che misteriosamente preludeva al distacco dall’incredibile prepuzio. Una delle più singolari reliquie della cristianità, tra le quali ci fu il Graal e c’è ancora la Sindone, nonché il Velo della Veronica, anch’esso finito fuori mano come il prepuzio, ed ora si trova — se è lui — a Manoppello in Abruzzo. Che sia destino delle reliquie convergere a Roma e ripartirne? Pare anche loro destino mantenere margini di mistero, com’è ovvio per chi prende forza dall’aver toccato (appunto) il mistero. Qui infatti abbiamo ridotto a un racconto lineare la vicenda del prepuzio che è fatta di comparse e scomparse, duplicazioni, moltiplicazioni.



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Sarebbero almeno 32 le località europee nelle quali il prepuzio di Cristo è stato segnalato nei secoli, racconta ora Tonino Ceravolo in Il prepuzio di Cristo. Storie di reliquie nell’Europa cristiana (Rubbettino). E c’era per un tempo sia a Roma — in San Giovanni in Laterano — sia a Calcata e si argomentava che l’uno fosse il prepuzio e l’altro l’ombelico, ovvero il cordone ombelicale, che oggi si conserva in vista dell’utilizzo delle staminali e un tempo si conservava chissà perché, ma nel caso di Gesù di sicuro con buoni motivi. Del cordone infatti parla la fonte più antica che nomina il prepuzio e si tratta di un apocrifo del Nuovo Testamento, il Vangelo arabo-siriaco (forse dell’VIII secolo): «Lo circoncisero nella grotta. Quella vecchia ebrea prese il pezzetto di pelle — ma altri dicono che si prese il cordone ombelicale — e lo mise in un’ampolla di vecchio olio di nardo».



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Oggi il cordone ombelicale lo conserviamo in azoto liquido: c’è dunque una lampante continuità tra l’apocrifo e le regole del nostro sistema sanitario. Ma come si presentava il «sacrosanto prepuzio», o «bellico» che fosse? L’osservarono da vicino a metà del Cinquecento due inviati di Paolo IV. Uno dei due, a nome Pipinelli, premendo con le dita «lo spezzò in due» e le due parti furono così descritte dalla Narrazione critico-storica della Reliquia preziosissima del Santissimo Prepuzio (che è del 1802): «L’una della grossezza d’un picciolissimo Cece, l’altra d’un granellino di seme di Canapa». Come c’erano tanti prepuzi così c’erano — in giro per l’Europa — tanti sangui di Cristo: e qui non s’intende più quello del cordone, ma quello della Passione, uscito dalle ferite della flagellazione, delle spine, dei chiodi, del costato. Una parte l’aveva raccolta Longino, il soldato del colpo di lancia che stava pronto lì sotto. Un’altra aveva impregnato il guanto di Nicodemo, che aveva schiodato Gesù e aveva nascosto il guanto nel becco d’un uccello. Ma anche Maria e la Maddalena avevano raccolto qualcosa là sul Calvario. Troppo sangue e pezzi della croce e spine della corona, che presto scatenarono satire e invettive, da Boccaccio a Chaucer, a Calvino, fino a Garibaldi e Joyce.

Erasmo da Rotterdam affermava non senza ironia che ai suoi tempi circolavano talmente tanti frammenti della croce da costruire una nave. San Paolino però aveva preso sul serio la proliferazione delle schegge e trovato una soluzione: la reintegrazione della croce: se ne potevano staccare tutti i frammenti che si voleva, ma la croce restava sempre integra. Boccaccio da parte sua, nella novella decima della sesta giornata, mette in scena l’ineffabile Frate Cipolla, che promette a certi contadini di mostrare «la penna dell’agnolo Gabriello», ma poi — avendo subito il furto della penna — si accomoda a mostrare i «carboni che arrostirono San Lorenzo».


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A quei tempi satira e devozione si toccavano: una «santa lacrima» versata da Cristo su Lazzaro morto era conservata a Vendôme e a Roma, in San Lorenzo in Lucina, c’era e c’è uno spezzone della graticola di San Lorenzo. Il culto delle reliquie non cessa con l’arrivo del terzo millennio. Come già i frammenti della croce così sono oggi innumerevoli i filamenti del saio di Padre Pio che girano per il mondo, o le fialette con il sangue di Wojtyla raccolto da don Stanislaw — novello Nicodemo — in occasione di un prelievo al Gemelli. Né cessa la filiera delle reliquie da contatto, o reliquie di reliquie. Già vedemmo moltiplicati per ogni dove i berretti e le camicie di Garibaldi e oggi vediamo i pellegrini che offrono uno zucchetto di loro fattura a papa Francesco, che se lo mette in testa per un momento e subito lo restituisce all’offerente, avendolo fatto suo «per contatto». E l’entusiasmo dei napoletani per la presenza in città delle «ceneri» di Pino Daniele? E gli autografi non sono una reliquia? E la mania dei selfie? Reliquia per contatto, reliquia per imago. Le reliquie cambiano, ma non cessano perché è proprio della vita lasciare reliquie e forse il mondo è tutto un reliquiario.



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[Tratto da “la Lettura” – Corriere della Sera – del 29 marzo 2015]

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