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4 modi per capire se nella vostra vita avete davvero incontrato Gesù

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 10/03/18
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Attenti: non ci sono clamori! Avviene tutto in punta di piedi e genera un profondo cambiamento interiore

Gesù è davvero entrato nella vostra vita? Come si fa a scoprirlo? Ce lo spiega il compianto cardinale Carlo Caffarra in “Prediche corte, tagliatelle lunghe” (Edizioni Studio Domenicano).

Il libro è una raccolta di interessanti omelie e interventi del cardinale. Uno di questi riguarda l’incontro con Cristo. Caffarra spiega che ci sono quattro “sintomi” in comune tra le persone che hanno incontrato  il Signore.

1) Ci si sente più amati

Prima di tutto bisogna sapere il profondo interessamento che Gesù ha della nostra persona. «Una volta disse a Santa Caterina da Siena. “Non per scherzo ti ho amata”. Ciascuno di voi – spiega Caffarra – il destino di ciascuno di voi, la qualità della vostra vita ha per lui un grande interesse. Desidera per voi solo il bene, tutto il bene. L’incontro con Gesù è sempre l’incontro con una persona dalla quale ci si sente amati. Tutto il resto viene dopo: “Mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20)».


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2) All’interno della quotidianità

Il secondo tratto comune nell’incontro con Gesù è che Lui «imbastisce, programma l’incontro dentro la vita ordinaria, quotidiana. E’ molto raro che l’incontro avvenga  per eventi straordinari». Il cardinale cita la conversione di Edith Stein, filosofa atea e poi monaca carmelitana.

La conversione della filosofa atea

Edith rimase sconvolta da una donna “qualsiasi”, che con i sacchetti della spesa era entrata in una chiesa per pregare; questo avvenimento segnò l’inizio del suo cammino di avvicinamento alla fede cattolica (aveva compreso che Dio lo si può pregare in qualsiasi momento, avendo con Lui un rapporto personale).



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Cuffie e I-phone

«La porta attraverso cui entra Gesù – evidenzia Caffarra – è la tua vita quotidiana. Deriva da tutto questo, una conseguenza pratica assai importante. Abbiate una coscienza vigile: Gesù di solito entra in punta di piedi. Sappiate – cosa oggi assai difficile – avere momenti di silenzio nella nostra vita. Quando vedo ragazzi e ragazze che girano avendo nelle orecchie perennemente gli auricolari dell’Iphone, per sentire musiche o altro, che pena! E dico: “Ma quando potranno essere un po’ soli/e.

Non serve il weekend al convento

«Non illudetevi – osserva il cardinale – l’agriturismo spirituale non serve. Cioè passare un giorno o due in qualche convento. E’ la vostra vita quotidiana il luogo dell’incontro. E’ per questo che Agostino scrive: “Temo che il Signore passi, ed io non me ne accorgo”».

3) Una porta che si apre in piena libertà

Il terzo tratto caratteristico è che Gesù «non sfonda la porta: bussa. L’incontro con Gesù è un fatto di libertà, è l’incontro di due libertà, perché è un incontro d’amore».

Come è avvenuto con San Paolo. «Paolo – afferma Caffarra – sarà colui che esalterà di più la libertà di chi ha creduto a Gesù e in Gesù. Il rispetto che ha Gesù per la nostra libertà può manifestarsi in diversi modi. A volte prende la forma della pazienza. Pensate ad Edith Stein: l’ha tallonata per vent’anni circa. Pensate al giovane ricco del Vangelo: “se vuoi”, gli dice Gesù. A Gesù non piacciono i conformismi; coloro che seguono il “ma tutti dicono così”. Chiede a chi incontra che risponda alla proposta con libertà vera».


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4) Si nota un cambiamento 

La quarta caratteristica è che incontrando Gesù la vita cambia; «anche se non sempre nello stesso modo», evidenzia ancora l’arcivescovo emerito di Bologna, citando l’incontro tra Gesù e Zaccheo.

«Gesù a Zaccheo non chiede ciò che propone al giovane ricco. A questi propone anche di cambiare stato di vita: “Vendi tutto e vieni a vivere con me”. A Zaccheo, intimamente trasformato, non chiede questo. Egli continua a fare l’esattore delle tasse, ma non ruberà più, non opprimerà più i poveri, condividerà le sue ricchezze con chi è nel bisogno. Altre volte, Gesù stesso chiede mediante la Chiesa di aspettare a mettere in atto la decisione!».



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Caffarra conclude citando ancora Edith Stein, che «aspettò quasi dieci anni prima di entrare nel Carmelo, perché così le impose il suo direttore spirituale, per non dare un dolore troppo grande alla madre, che in quel periodo aveva subito delle gravi disgrazie».

     

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