La chiave è il “messaggio”Nella maggior parte delle tradizioni cristiane, San Giovanni Battista è noto anche come “l’ultimo profeta dell’Antico Testamento”, il “precursore di Cristo” o il “profeta glorioso”. Tipologicamente collegato al profeta Elia, il Battista viene rappresentato con le ali, come un messaggero divino. In greco, il termine evangelos (da cui derivano le parole “angelo” ed “evangelista”) significa “buon messaggero”, “portatore di buone notizie”.
Se è così, perché anche gli altri messaggeri divini non vengono rappresentati con le ali angeliche? Non si dovrebbe applicare lo stesso anche agli apostoli e agli altri profeti dell’Antico Testamento? La risposta, secondo A Reader’s Guide to Orthodox Icons, risiede nei Vangeli stessi.
Sia nel Vangello di Luca (7, 28) che in quello di Matteo (11, 11), Cristo afferma esplicitamente che “tra i nati di donna non c’è nessuno più grande di Giovanni”. Un inno liturgico cantato nella festa della natività del Battista lo proclama come “culmine e corona dei profeti”. Si ritiene che abbia un ruolo speciale tra i santi: è un uomo celeste, descritto come “angelo del deserto”.
Secondo la tradizione, la vita del Battista nel deserto è stata “angelica” per due ragioni principali. Una è piuttosto evidente: avendo proclamato la venuta del Messia, è diventato un messaggero di Dio, un “araldo”, come gli angeli. Ma il Battista è anche il prototipo della vita monastica: ha condotto una vita di preghiera, astinenza e castità, non curandosi delle necessità materiali, proclamando la venuta del Messia, diventando un araldo di Dio come gli angeli. Questa viene spesso considerata una vita “angelica”, ed è per questa ragione che il Battista è il santo patrono degli eremiti.
[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]