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Jan Michelini: il dono della confessione ha cambiato la mia vita

JAN MICHELINI
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Credere - pubblicato il 16/02/18
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Il regista di Don Matteo confida la sua passione per i sacramenti: «L’incontro intimo con la misericordia di Dio è una delle cose più belle al mondo, senza la quale mi sentirei perso»di Francesca D’Angelo

Una vita dedicata al set, ma con il cuore sempre rivolto verso il Cielo. I primi (quasi) 40 anni di Jan Michelini potrebbero essere riassunti così: come una girandola di successi professionali, nei quali si è insinuata, sempre più prepotentemente, la domanda sul significato della vita. Un interrogativo scomodo, che non lo lasciava tranquillo ma che, una volta abbracciato, gli ha regalato il centuplo quaggiù.

Sul lavoro, infatti, il regista di Don Matteo e A un passo dal cielo è ormai richiestissimo, in Italia e all’estero: il nostro ha appena terminato di girare la seconda stagione della serie tv I Medici, in onda prossimamente su Rai Uno, nonché la serie kolossal Ben Hur, dove ha lavorato come regista di seconda unità. Paradossalmente, però, i doni maggiori sono arrivati sul fronte privato: proprio quando il suo sguardo sulla vita ha iniziato a cambiare, Michelini ha incontrato l’attrice Giusy Buscemi, nota al grande pubblico per la fiction Il paradiso delle signore. I due si sono sposati l’anno scorso, dopo due anni e mezzo di fidanzamento, e presto diventeranno genitori di una bambina. «Faccio un po’ fatica a definirmi un convertito», precisa il regista di origini romane. «A un certo punto della vita – da grandicello, lo ammetto – la fede è diventata una chiamata. La vera conversione, però, è un cammino lungo una vita intera».



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Lei è nato e cresciuto in una famiglia cattolica. Cos’era mancato prima, perché la fede venisse percepita come una chiamata, e cosa è scattato, invece, in seguito?

«Se molti ragazzi si raffreddano nel proprio credo, come è capitato a me, è perché Gesù viene presentato loro come un Dio che ti chiede di fare una serie di cose, senza quasi dare nulla in cambio. È davvero difficile incontrare qualcuno che ti dica: “Vieni qui, andiamo davanti a Gesù, in adorazione, a fare silenzio per un quarto d’ora”. Se la religione resta una fede di chiacchiere, e non di preghiera, se non ti dicono che Gesù è innanzitutto gioia e amore, allora a un certo punto scappi».

Cosa l’ha portato a riavvicinarsi alla Chiesa?

«In realtà non mi sono mai allontanato fisicamente: ho sempre continuato ad andare in Chiesa. Il che, forse, è persino peggio: la lontananza talvolta è preferibile alla tiepidezza. A riaccendere il mio credo è stata la vita stessa: non ero felice. Nonostante avessi tutto (il lavoro, una bella casa…), non ero soddisfatto: avevo sete, sete di grazia. Personalmente considero la mia fede come una grazia mariana: è difficile spiegarlo, ma ho sentito la vicinanza materna della Madonna, nella preghiera e poi nel viaggio a Medjugorje. Maria è sempre stata una figura in qualche modo confortante per me».

Dunque, tutto è cambiato da Medjugorje?

«Più che Medjugorje è stata decisiva la riscoperta dei sacramenti.

La mia conversione non è quindi scattata lì: oggi c’è una sorta di deriva dei santuari, per cui sembra che bisogna andarci, più volte l’anno, per essere vicini a Gesù e Maria. Non è così: i sacramenti sono disponibili in ogni angolo della città, ogni giorno e a qualsiasi ora. In particolare, ho una passione per la confessione».

Come mai? Tra tutti i sacramenti è quello, di norma, meno gettonato e più discusso…

«L’incontro intimo con la misericordia di Dio è una delle cose più belle al mondo, senza la quale mi sentirei perso. La confessione ti permette infatti di ricominciare da capo: ti fa bianco come la neve, in ogni istante, dandoti forza nella grazia di Dio. Tra l’altro è incredibile quanto siano importanti i sacerdoti nella nostra vita! Il più delle volte non ce ne rendiamo conto, perdendoci in critiche, senza riflettere sui doni enormi che il Signore ci elargisce attraverso di loro».

Guardandosi indietro pensa che, in qualche modo, l’ambiente dello spettacolo abbia alimentato la tiepidezza della sua fede?

«Al contrario! Nella mia vita il lavoro è sempre stato un motore positivo, nonché una fonte d’ispirazione e di ricerca del Bello. So che, dall’esterno, il nostro ambiente potrebbe sembrare terribile, ma non è così! Personalmente stimo molto la categoria degli artisti perché sono, per definizione, cercatori di Bellezza. Poi, certo, c’è chi scambia il bello per altre cose, chi si perde, ma stiamo comunque parlando di persone estremamente sensibili e in ricerca».

Attualmente segue un particolare cammino spirituale?

«Il mondo cristiano è come una famiglia, grande e accogliente: io e Giusy non amiamo i campanilismi e preferiamo seguire il Vangelo, lasciandoci condurre dalle trame dei singoli rapporti. Per esempio, don Fabio Rosini ha sicuramente segnato il nostro cammino: ci ha sposato e stiamo seguendo il percorso dei Sette segni. Allo stesso tempo però siamo molto legati alla realtà dell’Opera del Cuore immacolato di Maria».

Nel suo lavoro ha sempre spaziato nei generi passando da titoli più popolari, come la fiction Don Matteo, alle grandi coproduzioni come I Medici. Che idea si è fatto della tanto ricercata “buona televisione”?

«La buona tv non è per forza la serie cool, magari via cavo, bensì quella serie che sa trasmettere un sogno e una speranza: quelle storie che prendono per mano lo spettatore portandolo in un viaggio che non è mai fine a se stesso. Per questo non mi tiro indietro nel fare titoli anche più nazional-popolari, sebbene il mio agente mi ricordi spesso che, a questo punto della mia carriera, dovrei accettare solo certi tipi di progetti. Tra l’altro per me un criterio fondamentale è anche la famiglia, che non voglio sacrificare. Non mi interessa andare a vincere un Oscar in America per due anni di lavoro in Canada: preferisco girare una fiction qui e stare vicino ai miei figli».

A proposito di famiglia, lei l’ha messa su dopo un fidanzamento abbastanza veloce: un rischio calcolato?

«Fin dall’inizio il nostro è stato un fidanzamento serio, di discernimento: ci siamo messi insieme per capire se eravamo fatti l’uno per l’altra. Non abbiamo detto “stiamo insieme e poi si vedrà”. Allo stesso modo abbiamo scelto di sposarci in chiesa non per tradizione, ma perché crediamo che il sacramento del Matrimonio abbia un reale valore di grazia».

Dopo I Medici, quali sono i suoi prossimi progetti?

«Mi piacerebbe molto realizzare delle serie bibliche, per il mercato internazionale. In particolare mi piacerebbe approfondire la figura di Maria e gli Atti degli apostoli. Inoltre dovrei girare una serie per Sky sulla finanza. Mi hanno chiesto anche di girare la nuova stagione di Un passo dal cielo: mi spiacerebbe cederlo perché la precedente la sento come una mia creatura. Forse quindi girerò la prima delle nuove puntate».

ARTICOLO TRATTO DALLA RIVISTA “CREDERE”

 

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