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Papa Francesco: prego per chi pensa che sono un papa eretico

POPE FRANCIS

Pope Francis answers journalists during a press conference on board of the plane on January 22, 2018, during his flyback of a seven days trip to Chile and Peru. / AFP PHOTO / Vincenzo PINTO

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 15/02/18
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Bergoglio si confessa a La Civiltà Cattolica e parla dei “pettegolezzi”. “Per salute mentale non leggo i siti internet di questa cosiddetta resistenza”

«Per salute mentale io non leggo i siti internet di questa cosiddetta “resistenza”. So chi sono, conosco i gruppi, ma non li leggo, semplicemente per mia salute mentale… Alcune resistenze vengono da persone che credono di possedere la vera dottrina e ti accusano di essere eretico. Quando in queste persone, per quel che dicono o scrivono, non trovo bontà spirituale, io semplicemente prego per loro».

Sono alcune delle parole che Papa Francesco ha rivolto ai gesuiti durante il colloquio a porte chiuse avvenuto lo scorso 16 gennaio a Santiago del Cile. Il colloquio è stato trascritto da padre Antonio Spadaro, esce sul quaderno 4024 de La Civiltà Cattolica ed è stato anticipato dal Corriere della Sera (15 febbraio) nell’edizione di giovedì 15 febbraio 2018.

Lo scapolone pettegolo

Alla domanda sulle «gioie e i dispiaceri» del pontificato, Papa Bergoglio ha risposto: «Questo del pontificato è un periodo piuttosto tranquillo. Dal momento in cui in Conclave mi sono reso conto di quello che stava per succedere — una sorpresa istantanea per me — ho provato molta pace. E fino ad oggi quella pace non mi ha lasciato. È un dono del Signore, di cui sono grato. E davvero spero che non me lo tolga. Le cose che non mi tolgono la pace, ma sì mi addolorano, sono i pettegolezzi. E a me i pettegolezzi dispiacciono, mi rattristano. Accade spesso nei mondi chiusi».

Quando accade in un contesto di sacerdoti o di religiosi, «a me viene da chiedere: ma come è possibile? Tu che hai lasciato tutto, hai deciso di non avere accanto una donna, non ti sei sposato, non hai avuto figli… vuoi finire come uno scapolone pettegolo? Oh, mio Dio, che vita triste!».



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Fraintendimenti e vera resistenza

Insomma Bergoglio è sempre più consapevole di avere intorno a sé uno stuolo di persone piuttosto “infelici” rispetto alle sue riforme

«Davanti alla difficoltà non dico mai che è una “resistenza” – precisa il papa – perché significherebbe rinunciare a discernere, cosa che invece voglio fare. È facile dire che c’è resistenza e non rendersi conto che in quel contrasto può esserci anche un briciolo di verità. Questo mi aiuta anche a relativizzare molte cose che, a prima vista, sembrano resistenze, ma in realtà è una reazione che nasce da un fraintendimento… Quando invece mi rendo conto che c’è vera resistenza, certo, mi dispiace. Alcuni mi dicono che è normale che ci sia resistenza quando qualcuno vuol fare dei cambiamenti».



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“Si è fatto sempre così”

Il famoso “si è sempre fatto così”, prosegue Francesco, «regna dappertutto», è una «grande tentazione che tutti abbiamo vissuto». Le «resistenze» dopo il Vaticano II, tuttora presenti, hanno questo significato: «relativizzare, annacquare il Concilio».

«Mi dispiace ancora di più – rincara il papa – quando qualcuno si arruola in una campagna di resistenza. E purtroppo vedo anche questo. Non posso negare che ce ne siano, di resistenze. Le vedo e le conosco».

Necessità di discernimento

Bergoglio, in tal senso, non trascura l’argomento Amoris Laetitia, l’esortazione apostolica oggetto diverse polemiche tra i suoi oppositori, sopratutto sulla questione della comunione ai divorziati risposati.

«Credo che una delle cose di cui la Chiesa oggi ha più bisogno, e questa cosa è molto chiara nelle prospettive e negli obiettivi pastorali di Amoris laetitia, è il discernimento. Noi siamo abituati al “si può o non si può”. Ho ricevuto anch’io, nella mia formazione, la maniera del pensare “fin qui si può, fin qui non si può”».



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Il gesuita colombiano

Il papa racconta l’aneddoto di un gesuita colombiano che venne a insegnare morale al Collegio Massimo. «Quando si venne a parlare del sesto comandamento, uno si azzardò a fare la domanda: “I fidanzati possono baciarsi?”. Se potevano baciarsi! Capite? E lui disse: “Sì, che lo possono! Non c’è problema! Basta però che mettano in mezzo un fazzoletto”. Questa è una forma mentis del fare teologia in generale. Una forma mentis basata sul limite. E ce ne portiamo addosso le conseguenze».

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