Sara soffre di sclerosi multipla ma non ha perso la fiducia dei clienti, anche se non può più parlare né camminareSara Ahlin Doljak è un avvocato sloveno e conferenziere in varie facoltà, anche se non riesce più a parlare e a camminare per via della sclerosi multipla. “Il mio risentimento nei confronti della malattia e del dolore è ormai passato. Dopo anni e anni di ricerca ho finalmente trovato me stessa”, ha spiegato Sara ricordando i tre mesi dello scorso anno che ha trascorso in ospedale. Una volta era una grande sportiva, mentre ora testimonia come affrontare la croce della malattia. Aleteia Slovenia l’ha intervistata.
Sara, com’è la tua giornata?
Lavoro ancora ma da casa, e tengo ancora conferenze all’università. Le mattine sono le più complicate, perché dormo male per via dei crampi. Ho bisogno dell’aiuto di mio marito e dei miei genitori per la routine mattutina, per vestirmi e cose del genere.
Lavoro ancora perché mi piace la compagnia delle altre persone, e quando lavoro dimentico che soffro, che sono malata. Da quando ho ricevuto la diagnosi ho vissuto con la consapevolezza del fatto che il mio corpo aiuta altre persone, e indirettamente aiuta anche me. Non mi vedo come un’eroina, ma è vero che molto spesso è estremamente difficile nascondere la stanchezza e il dolore.
Cosa significa la legge per te in questa condizione?
La legge espande le dimensioni del mio essere avvocato, mediatore, conferenziere, moglie, madre, figlia e amica. Nelle persone vedo le storie, non l’onorario, e cerco di far capire loro che litigare non serve. Il cambiamento del mondo è iniziato con me.
All’inizio dei miei studi non mi attirava l’idea di diventare un avvocato. Pensavo che gli avvocati fossero un prodotto del denaro, ma per risolvere una disputa legale con successo abbiamo bisogno della verità. L’argomentazione del potere è insufficiente, visto che a lungo termine, se siamo onesti con noi stessi, ci ruba la gioia perché ci lascia agitati, irrequieti.
Sto parlando di famiglia e diritto ereditario. C’è così tanto che vorrei dirvi, ma finché non riuscirò a farlo lo farano per me il mio comunicatore Tobii e la mia lavagna scrivi-e-cancella.
Come hai iniziato ad accettare la tua malattia?
Quando ero in ospedale, nella clinica neurologica, nell’aprile 2012, negavo ancora la mia malattia. Pensavo che sarei riuscita a fare tutto come prima – essere una buona moglie, un’ottima madre, avere il mio studio legale, parlare all’università, guidare, sciare, giocare a pallavolo… Non concepivo l’idea di rinunciare a qualcosa. E non riuscivo a pregare, perché ero troppo impegnata a pensare alla mia esistenza terrena.
E poi il tuo atteggiamento è stato cambiato da Conversaciones con Dios, di Carvajal…
Il mio parroco mi ha regalato quel libro in una delle sue visite. È stato solo allora che ho invitato Gesù nel mio cuore e ho ricominciato a pregare, essendo grata e chiedendo il Suo sostegno.
Dopo cinque anni cammino ancora con Gesù e lascio che sia il mio compagno. Non riuscirei a farcela senza la preghiera. La mia malattia sta progredendo rapidamente, ma da quando ho permesso a Gesù di guarirmi con le Sue parole mi sento dire spesso “Sara, hai un ottimo aspetto”.
Questo vuol dire che lo spirito di una persona si vede anche all’esterno. Il mio motto è “Posso fare tutto attraverso Cristo che mi dà la forza”. All’inizio pensavo erroneamente che la forza fosse tutta mia. Ora so che è un dono, è misericordia.
A volte è difficile accettare il cambiamento totale nel modo di guardare la vita e il mondo dopo una malattia…
Il peggioramento della mia condizione ha in realtà permesso il mio progresso. Prima di allora facevo attenzione molto raramente agli avvisi che mi mandava il corpo, non ascoltavo l’SOS della mia anima. Sono grata per il fatto di aver trovato il mio contatto interiore, la saggezza del cuore e l’amore incondizionato. Tutti questi cambiamenti sono una sorta di rinascita.
Come reagiscono alla tua condizione i tuoi clienti e i tuoi studenti?
Malgrado il peggioramento della mia malattia non ho perso alcun cliente o studente. Comunichiamo mediante e-mail e messaggi di testo. Quando ci incontriamo in ufficio uso la mia lavagna scrivi-e-cancella. Da quando ho il mio comunicatore vado a udienze e conferenze.
Chiedo in anticipo ai miei clienti se sono d’accordo con il mio modus operandi. Gli studenti sono piuttosto contenti dei dispositivi elettronici. Dal 2014 un collega mi aiuta con il lavoro d’ufficio.
E gli altri colleghi?
Gli altri colleghi mi esprimono grande sostegno attraverso messaggi ed e-mail. Alcuni sono venuti a trovarmi quando ero in ospedale. Se è necessario mi sostituiscono in tribunale. I miei colleghi di facoltà mi incoraggiano e mi includono nel processo lavorativo, in base alle mie capacità.
Mi rendo conto che è difficile vedere un avvocato sulla sedia a rotelle e senza voce. I clienti riescono a gestire la cosa meglio dei miei colleghi, ma i miei occhi e i miei documenti legali gridano “Sono sempre io! Sono qui!” Non sono stata lasciata sola con i miei pensieri, i miei sentimenti e le mie disabilità, anche se molti amici e colleghi si sono allontanati. Alcune amicizie si sono invece approfondite nei modi più straordinari.
Non ho costruito un muro intorno a me. Posso ancora sentire, sperimentare, valutare, confrontare le cose se necessario. Posso lasciarmi andare se è sicuro per me, e posso gestire bene circostanze nuove. Sono in grado di accettare nuovi limiti. Grazie, Bojan, mio caro marito e amore!
Da sette mesi non riesci a parlare. Come stai gestendo questa tribolazione?
Il silenzio è la lingua del cuore. Ha poteri soprannaturali, è molto profondo. Vorrei davvero sentire la mia voce, ma il silenzio mi ha resa umile e mi ha mostrato il mio mondo in modo più chiaro.
Posso gestirlo perché mi sono state date forza e pace. È molto difficile sperimentare il silenzio nella vita quotidiana. Non riesco a rispondere al telefono, non posso parlare con la mia famiglia. È molto più semplice vivere in silenzio quando non ci sono fattori di disturbo. È il silenzio in me che è importante.
All’inizio era molto difficile calmare la mente e smettere di preoccuparmi per le cose superflue. Sto interiorizzando questo momento – niente presente, niente futuro. Le preghiere mi hanno aiutata a ottenere pace e pazienza. Tengo il tubo della tracheotomia, almeno per un po’.
Con il progredire della malattia, com’è il rapporto con tuo marito?
Quando stavo peggiorando ho iniziato a chiudermi. Il mio senso di impotenza e di mancanza di valore stava aumentando rapidamente e stavo cercando di fuggire dal nostro rapporto. Ma Bojan non ha mai gettato la spugna. Mi ha mostrato ogni giorno il suo amore e i suoi voti matrimoniali. C’è voluto un po’ di tempo prima di ricominciare a credere nel nostro matrimonio.
Quando alla fine ho ammesso a me stessa che Bojan era mio alleato, il nostro rapporto ha iniziato a rafforzarsi nell’amore e nella sincerità. Solo l’estate scorsa, sei anni dopo la mia diagnosi, ho smesso di cercare uscite d’emergenza terrene. Solo ora vedo e sento mio marito, che amo con tutto il mio cuore.
Le ore che avete trascorso insieme all’ospedale l’estate scorsa vi hanno avvicinati, vero?
In tutti questi anni non ho voluto vedere la presenza tranquilla di Bojan al mio fianco. Ha continuato a farmi sentire il suo amore, il suo sostegno. Ci sono stati momenti in cui ha dovuto usare parole forti per scuotermi.
Abbiamo percorso questa strada insieme. Ero troppo assorbita nella mia professione, in come “sopprimere” la mia malattia; c’era ben poco tempo per noi. Serve molto coraggio, che prendo dal mio amore per Dio e quindi per mio marito. Metto il nostro matrimonio nelle mani di Dio.
Come affrontano la malattia i tuoi figli?
Hanno 11 e 13 anni e stanno crescendo con la malattia. Hanno un intuito molto spiccato e sanno esattamente quando ho bisogno di riposare o mi serve aiuto per qualcosa. Mi aiutano molto e sono indipendenti. Svolgono qualsiasi compito domestico. Preghiamo insieme, parliamo molto… nella nostra famiglia non ci sono argomenti tabù.
Quali sono i tuoi obiettivi personali per il 2018?
A giudicare dagli ultimi giorni del 2017 e dai primi di quest’anno, credo che il 2018 sarà un pellegrinaggio di pazienza e gratitudine. Credo che la vita mi stia chiamando a una maggiore fiducia e a una testimonianza più gioiosa.
Le parole di Sara sulla lavagna scrivi-e-cancella:
La diagnosi della sclerosi multipla non è la fine.
Per me è stata un avvertimento
a smettere di sforzarmi tanto per l’aspetto materiale della professione legale.
[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]