Il sesso che diventa come una droga, un’ossessione. La resistenza alle terapie. Tutto inizia con delle anomalie che scattano nel nostro cervello
Cosa è la dipendenza sessuale? Perché si genera e come si cura? Se ne discuterà nel corso del XXII Congresso Nazionale della Società Italiana di Psicopatologia, in programma dal 21 al 24 febbraio a Roma.
A coordinare il Simposio è il professore Tonino Cantelmi, presidente Associazione Italiana Psicologi e Psichiatri Cattolici.
Sulla dipendenza sessuale, e in particolare sui suoi aspetti neurobiologici, interverrà il professore Arturo Bevilacqua, docente ordinario di Biologia Applicata a La Sapienza di Roma.
A cosa è associabile
«L’attività sessuale finalizzata alla riproduzione è funzionale alla sopravvivenza delle specie – premette ad Aleteia – quando però un soggetto cade nella dipendenza le cose cambiano profondamente e, alla luce degli studi finora svolti nell’ambito delle neuroscienze, la dipendenza sessuale è associabile a qualsiasi altra forma di dipendenza comportamentale o da sostanze».
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Il disturbo ossessivo-compulsivo
Dal punto di vista psicobiologico, la dipendenza sessuale, prosegue il docente, «può originare da anomalie in alcuni circuiti neuronali comuni non solo alle varie dipendenze, ma anche a disturbi psichici, come quelli affettivi, d’ansia, disturbi di personalità e anche disturbi psicotici. Inoltre, nel caso particolare della dipendenza sessuale, potrebbero esserci aspetti condivisi con il disturbo ossessivo-compulsivo».
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In che cosa differisce
Certo, dal punto di vista del rapporto del soggetto dipendente con l’oggetto della sua dipendenza, c’è anche un aspetto che differenzia sostanzialmente la dipendenza sessuale da qualunque altra dipendenza, nota Bevilacqua: nelle altre dipendenze, il comportamento compulsivo costringe l’individuo ad avere un rapporto con una sostanza (una droga) o un’attività (ad es., il gioco d’azzardo); nel caso della dipendenza sessuale c’è un rapporto fisico stretto e fortemente coinvolgente con un altro soggetto che dal canto suo non è necessariamente dipendente.
In questa forma di dipendenza è perciò presente «una emotività molto più intensa che coinvolge più persone e può essere alla base di una possibile resistenza alle terapie».
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3 anomalie del nostro cervello
Ma perché si cade nella dipendenza? La vulnerabilità a una dipendenza, sottolinea il docente di Biologia Applicata de La Sapienza, «può essere attribuita ad alcune anomalie di funzionamento del nostro cervello» che riguardano tre importanti sistemi comportamentali:
– quello della motivazione: i comportamenti finalizzati alla sopravvivenza danno gratificazione, piacere. Il sistema della gratificazione coinvolge strutture cerebrali sottocorticali, non controllate dalla nostra razionalità e volontarietà, tra le quali alcune aree del sistema limbico. I comportamenti e le sostanze da abuso danno gratificazione e sono interpretati dal soggetto dipendente come comportamenti di sopravvivenza;
– quello della regolazione affettiva: alcuni circuiti cerebrali regolano lo stato emotivo generale. Questo sistema ci offre una finestra di normalità nel tono dell’umore e dell’affettività e regola la nostra emotività in modo positivo rispetto all’ambiente esterno e allo stato del nostro organismo;
– quello di inibizione del comportamento: l’attività di altri circuiti neurotrasmettitoriali ci consente ci prevedere le conseguenze della nostre azioni (ad es., sappiamo che se spariamo a qualcuno, commettiamo un delitto e, nella maggior parte dei casi, inibiamo quel comportamento). Questo sistema, dunque, ci fa evitare azioni pericolose per noi e per gli altri. Tuttavia, se sappiamo che un comportamento può darci una gratificazione immediata, questo potrebbe sfuggire al controllo inibitorio anche con la conasapevolezza di eventuali conseguenze negative.
In conclusione, se c’è una anomalia di funzionamento in uno o più di questi sistemi, allora si rischia fortemente una caduta nella dipendenza.
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Il ruolo della dopamina
Le aree della gratificazione, sottolinea Bevilacqua, «sono note da tempo e comprendono un’area cerebrale profonda, l’area segmentale-ventrale (VTA), e una più elevata, ma sempre sottocorticale, il nucleo accumbens, che si trova nel sistema limbico. Il neurotrasmettitore utilizzato dai neuroni presenti in queste aree è la dopamina, e questo ci permette di affermare che il principale responsabile neurochimico del piacere psicofisico è la dopamina».
Alcuni soggetti che presentano modificazioni dei livelli dei recettori della dopamina in queste aree «sono più vulnerabili alle dipendenze, compresa quella sessuale».
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Provocare l’anedonia
Ciò può essere compreso facilmente, evidenzia ancora l’esperto, «se si pensa che i farmaci antagonisti dei recettori della dopamina, una classe di molecole denominate neurolettici e utilizzate ad. esempio nella terapia farmacologica degli stati psicotici, non fa percepire i giusti livelli di piacere provocando anedonia».
I farmaci anti-dipendenza
Per quanto riguarda invece la farmacologia della dipendenza sessuale e di altre dipendenze, «si può ricordare – aggiunge Bevilacqua – l’utilità degli antidepressivi che regolano gli stati dell’umore, ci permettono di superare le fasi legate all’impulsività/compulsività e rafforzano la capacità di inibizione comportamentale: in pratica ci permettono di tornare in noi stessi».
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Antagonisti degli oppiacei
Ma si utilizzano anche antagonisti degli oppiacei: gli oppioidi endogeni sono dei neurotrasmettori la cui emissione procura piacere, una forma di piacere però diversa da quella prodotta dalla dopamina. Un trattamento con un antagonista degli oppiacei riduce il piacere provato nella dipendenza, anzi genera malessere fisico inducendo il soggetto a ricercare con minor frequenza l’oggetto della dipendenza.
Nessun “fai da te”
Attenzione, la patologia in questi casi è molto delicata. «Nell’approccio farmacologico della dipendenza lo psichiatra è sicuramente in grado di prescrivere il farmaco o la combinazione di farmaci ideale per il trattamento specifico del paziente, anche sulla base delle sue caratteristiche psicologiche», conclude lo psichiatra.
Infine, è la chiosa di Bevilacqua, «mentre il farmaco agisce sul sintomo, un trattamento psicoterapeutico/multidimensionale, può invece portare alla risoluzione dello stato di dipendenza o in generale patologico. E’ fondamentale riconoscere però che il miglioramento sintomatico prodotto dai farmaci è spesso l’unico mezzo in grado di indurre il paziente a iniziare un trattamento psicoterapeutico».
Le fonti
Per approfondire gli studi sulla dipendenza sessuale, si può consultare questa ricerca: Voon V, Mole TB, Banca P, Porter L, Morris L, Mitchell S, Lapa TR, Karr J, Harrison NA, Potenza MN, Irvine M. Neural correlates of sexual cue reactivity in individuals with and without compulsive sexual behaviours. PLoS One. 2014 Jul 11;9(7):e102419. doi: 10.1371/journal.pone.0102419.
Sulle dipendenze più in generale, è utile lo studio di Goodman A. Neurobiology of addiction. An integrative review. Biochem Pharmachol 2008; 75: 266-322.
https://www.youtube.com/watch?v=oyyAMv9If8U