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Sappiamo davvero che cosa il Signore ci dà nel Sacramento del matrimonio?

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Il Timone - pubblicato il 09/02/18
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Il matrimonio è un sacramento per discepoli: sposarsi in Chiesa significa essere disposti ad amare l'altro come lo ama Cristo

Il matrimonio è un sacramento per discepoli: sposarsi in Chiesa significa essere disposti ad amare l’altro come lo ama Cristo

Una bellissima intervista sulla preparazione al matrimonio che padre Maurizio Botta ha rilasciato qualche tempo fa a Raffaella Frullone e uscita sul Timone, ripubblicata sul blog dei Mienmiuaif

Si è persa la dimensione sacramentale del matrimonio?

A chi si vuole sposare dico: “Il vostro amore, l’amore con cui vi presentate qui, può essere di buona o cattiva qualità, ma questo riguarda voi, io lì non ci entro. Io sono qui per dirvi che cosa lo Spirito Santo vi dona con questo Sacramento rispetto ad un matrimonio pubblico in Comune che comunque a livello naturale rappresenta l’amore di un uomo e di una donna che vogliono progettare la loro vita insieme”.

Ma soprattutto spiego alle coppie che il matrimonio è un Sacramento per discepoli, quindi sposarsi in Chiesa significa voler essere discepoli di Cristo, e lo dico chiaramente: se una persona sa già, nel proprio cuore, che dopo il matrimonio per esempio non andrà più a Messa, è meglio che lasci stare. Se una persona invece dice sì, e desidera essere discepolo di Cristo, allora deve sapere che il comandamento è ‘amatevi come io vi ho amato’. È come se nel Sacramento ti venisse affidato il marito o la moglie con questo comandamento ‘amalo come l’ho amato io’. A questo punto tiro fuori il crocifisso e ribadisco il concetto: Cristo vi dona lo Spirito per amare così, in croce, in modo irrevocabile e indissolubile, volete amare così? Sappiate che Dio ama un peccatore fino in fondo e non retrocede mai, così dovete fare anche voi”.



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Nel mondo secolarizzato è ancora possibile parlare di castità?

Parliamo della castità: io non mi immagino due fidanzati che vivono tranquillamente nella castità, come fratello e sorella, e stanno bene; se due stanno troppo bene nella castità evidentemente c’è qualcosa che non va. Piuttosto io mi immagino una battaglia, un’avventura, per alcuni magari con qualche caduta, la confessione che aiuta a rialzarsi, mi immagino una sfida avvincente, che unisce! In questo caso spesso parlo principalmente alle donne perché sono loro che devono “alzare l’asticella”: occorre mettere l’uomo alla prova, se ci si concede sempre e totalmente, l’uomo si abituerà a chi si concede sempre e cosa farà quest’uomo se domani un’altra gli si concederà? Saprà dire di no? La sciocchezza più diffusa tra le ragazze oggi è quella che fa dire loro “Se io non faccio l’amore con lui, lui mi lascerà”; mi sembra che invece sia vero proprio l’opposto, si arriva spesso al corso prematrimoniale con un sacco di esperienze alle spalle che non mi sembra abbiano garantito longevità nei rapporti.



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E chi magari convive già?

Anche chi convive di fronte al matrimonio si porta dentro una domanda: è davvero questa la persona che Dio mi sta dando? Allora a queste coppie dico: “Se non avete vissuto la castità prima della convivenza, regalati la certezza che sia Dio a donarti questa persona. Vuoi avere la prova? Se tu con la preghiera riesci a vivere la castità fino al giorno del matrimonio, allora hai la certezza che è fatta per te, perché il Signore ti mette in grado di vivere con lei o lui una cosa che per il mondo è impossibile”. Mi accorgo che ascoltano molto più di quanto noi sacerdoti pensiamo. Ecco, io penso che a volte a noi manca il coraggio di porre certe sfide e di evangelizzare come invece faceva Gesù.

Come fare breccia in un mondo che dice l’opposto?

Credo che occorra sempre tornare alla verità, io in questo forse spiazzo, perché non mi vergogno. Quando una donna fa l’amore, dice all’uomo: “Sono tua completamente, senza difesa”, usare il preservativo invece significa mettere una barriera, senza contare che toglie il piacere, basta pensare al momento in cui lo si indossa per capire che è proprio il contrario di un momento intimo e bello. Inoltre, quando la donna è feconda, è per lei il momento massimo del desiderio, questa è semplice biologia. Allora dico ai fidanzati: “Guardate come Dio ha creato questa meraviglia. Dio ha legato il piacere più grande all’unione tra un uomo e una donna e anche al momento in cui c’è l’apertura alla vita. Metterci un ostacolo non ha nulla di naturale, e nemmeno di bello, negarlo significa dire una bugia”. Non faccio altro che partire dalla ragione, glielo spiego in questo modo, e chiunque fa l’amore usando il preservativo o altro sa benissimo che vive quei momenti con uno stato di ansia, e che questo disturba l’unione, quindi si rende immediatamente conto che quello che sto dicendo è vero.

Cosa chiede agli sposi?

Indico il crocifisso. “Allora, siete sicuri? Volete amarvi proprio così?”. Questo stesso crocifisso lo ritiro fuori quando la coppia viene a dirmi che c’è la crisi, la difficoltà, io attraverso il crocifisso li riporto a chiedere la grazia del matrimonio, li riporto a quella domanda: ma tu vuoi essere un discepolo di Cristo? Il punto centrale è sempre l’identità di Cristo, e io sono schietto: o Cristo è Dio o Cristo è un matto. Se tu ci credi, e vuoi essere suo discepolo, quando sei in fila per la Comunione, riferendoti al tuo sposo o alla tua sposa devi dire: “Voglio amarlo come lo ami Tu”, quindi significa che credi che quello sia il corpo di Cristo e allora io domando ancora: davvero vuoi amarlo così? Fino a farti mangiare? Questo è il cuore del matrimonio.

 

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