L’incredibile storia di un uomo che ha trasformato il suo dramma nella vittoria più grandeCi sono momenti in cui scegliere da che parte stare può cambiare per sempre l’esito della propria vita. E la storia di Giovanni Zeni, oggi Capitano della squadra di Tennis in carrozzina, Canottieri Baldesio di Cremona, va in questa direzione.
A 19 anni, dopo un incidente in auto, perde l’uso delle gambe e rimane paralizzato su una carrozzina. Un dramma che segna per sempre, ma che grazie al suo coraggio, lo restituisce a nuova vita.
Ecco la sua preziosa testimonianza:
“Ho 40 anni ma di fatto io ne ho 21, cioè da quando ho avuto l’incidente con cui ho perso l’uso delle gambe, sono trascorsi 21 anni. E questo lo considero il mio vero compleanno.
L’incidente mi ha cambiato la vita era il 1997 e di lì a poco nel 2001 ho perso anche mio padre, e con tutto questo dolore sono dovuto crescere alla svelta, ma non mi sono mai abbattuto, anche se avrei potuto scegliere di chiudermi in casa o buttarmi giù da un ponte.
Io invece ho scelto di continuare a vivere la mia vita con tutti gli ostacoli, indipendentemente dalla carrozzina, in fondo tutti li abbiamo. Ho cercato di vivere la mia vita al massimo delle mie potenzialità”.
Lo sport per superare i limiti
“Attraverso lo sport anziché vedere la mia disabilità ho cercato di trovare e sviluppare le mie abilità. Dopo l’incidente nella struttura sanitaria in cui mi stavano insegnando a utilizzare la carrozzina, mi hanno fatto conoscere il basket a rotelle. Non sapevo cosa fosse, ma mi sono lanciato. Poi è stata la volta del tennis.
Giocavo anche prima dell’incidente, ma quando si è aperta la possibilità di entrare nella nazionale di tennis ho accetto la sfida. Ho lavorato sulle mie abilità nel tennis e tuttora gioco, e sono nei primi 20 in Italia, nei primi 300 al mondo, e questo perché ho cercato di migliorare le mie abilità nella mia disabilità”.
Lo sport contro il pregiudizio
“Con la mia squadra andiamo a fare dimostrazioni di tennis in carrozzina nei Comuni che ci invitano, in tutta Italia. L’obiettivo è far conoscere questa possibilità di riscatto del dolore attraverso lo sport.
Quest’anno siamo riusciti a far iniziare a giocare a tennis tre ragazzine di Piacenza con la sclerosi multipla e ora giocano.
Tutto questo mi costa molto in termini di fatica, ma il senso è che si sta facendo qualcosa di buono per qualcuno.
Il motore è la voglia di vivere, la voglia di fare il bene che possiamo manifestare in qualsiasi modo. E poi è essere sereni con se stessi, nel rispetto delle cose e delle persone.
Ai ragazzi dico e dimostro che nella vita può succedere qualsiasi cosa, ma noi dobbiamo vivere al massimo delle nostre possibilità”.
Che difficoltà ci sono nel vivere in carrozzina?
Le difficoltà, la barriera architettonica più difficile da combattere è quella psicologica delle persone.
Tanti anni fa, dopo l’incidente, quando andavo in un ristorante, mi guardavano tutti perché ero in carrozzina e mi sentivo giudicato. Oggi c’è la curiosità ma non c’è più il giudizio. La parola più brutta è “poverino”
Poi ci sono i disabili della mente, per cui è davvero complicato rapportarsi, ma alle disabilità come la mia, non si può dire “poverino”.
L’incontro con Papa Francesco
Io sono cattolico e vengo da una famiglia molto cattolica, anche se non sono molto praticante. Da poco, ho avuto l’opportunità di andare in visita al Santo Padre, con il mio parroco.
E’ stato un incontro inimmaginabile, di un’intensità unica. Io ero molto emozionato, quando il Papa si è avvicinato a me, e mi ha chiesto se poteva abbracciarmi. Come potevo dire di no?! In quella stretta ho sentito mio padre. Papa Francesco mi ha dato una carica che sfrutto per andare avanti, per essere più forte.
Mi ha detto “Dovete essere un messaggio per gli altri – portate avanti lo sport in amicizia con un sano agonismo – sempre col sorriso sulle labbra”. Noi siamo sportivi – ma sempre con il rispetto e la competitività.
Questa persona me la porterò nel cuore e le sue parole risuonano in me.