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Amore, fiducia, rischio: tre parole chiave per fare crescere tuo figlio adolescente

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia Italia - pubblicato il 30/01/18
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Prova a leggere questi consigli di Alessandro D’Avenia rivolti ad educatori e genitori

Educare nel modo corretto i giovani d’oggi. I consigli sono dello scrittore Alessandro D’Avenia, molto amato dai teenagers. D’Avenia ogni lunedì tiene la rubrica “Letti da rifare” sul Corriere del Sera.

E’ un modo per iniziare col piede giusto la settimana, attraverso riflessioni e provocazioni sugli argomenti più attuali che riguardano il mondo dei giovani, della cultura, dell’educazione, della scuola, dell’insegnamento.

Perché questo titolo? Perché evoca il richiamo dei genitori al figlio adolescente a cui viene chiesto, per la prima volta, di rifarsi il letto in “autonomia”, senza che sia la mamma o il papà a rifarlo. E’ un po’ l’immagine emblematica del salto in avanti che un ragazzo dovrebbe compiere verso una responsabile maturità.

La maturità e la felicità

La prima riflessione della rubrica (21 gennaio) ha riguardato la maturità degli adolescente. Un pensiero che è un suggerimento per i genitori e un piccolo aiuto per i tanti ragazzi che faticano a confrontarsi seriamente con il mondo di oggi. Scrive D’Avenia:

Maturo è chi riesce a mettersi d’accordo con la vita smettendola di aspettarsi qualcosa da lei, ma accetta coraggiosamente sia lei ad aspettarsi qualcosa da lui, in un sempre più armonico dialogo tra la naturale sete di felicità e gli altrettanto naturali limiti umani con cui ci si scontra nella bellezza incompiuta del cosmo. È bene ripeterselo: la felicità consiste nel difficile abbandono della posizione fetale, in un’apertura esplorativa e generosa del mondo, con tutte le scoperte e ferite che questo comporta.



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Le paure dei genitori

D’Avenia prova a muoversi su un terreno scivoloso, nello spazio incerto tra ciò che un genitore attende e ciò che pretende per un ragazzo in formazione, tra la speranza di accompagnarlo e la paura di perderlo, tra ciò che quel ragazzo — inafferrabile come ogni adolescente — ha bisogno di imparare anche se non vuole accettarlo e ciò che, divenuto uomo, ricorderà con gratitudine.

Amare per migliorarsi

In questo spazio un principio è valido per ogni adolescente: l’importanza di amare. E lo scrittore spiega perché:

Le cose per poterle migliorare bisogna prima amarle, e amarle non vuole dire coprirle di un incantesimo menzognero, ma vederne tutta la bellezza e tutta la bruttezza (che spesso è solo temporanea incompiutezza), per magnificare, custodire, far fiorire la prima e curare, migliorare, trasformare la seconda. Solo così l’inconsistente speranza che caratterizza l’adolescente può tradursi in resistente esperienza cioè in identità, non frutto di una sfiancante volontà di godimento o di potenza che trasforma l’io in una prestazione sempre insufficiente.



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L’amore cambia il mondo!

In questo senso l’amore, «troppo spesso ridotto a melassa democratica e iperprotettiva», è chiamato a diventare, secondo D’Avenia, «riconoscimento del valore presente nelle cose e nelle persone, valore che invita al rischio, all’impegno, alla lotta».

L’amore è infatti il più aristocratico, vigoroso e ardente dei ritrovati umani per cambiare e abitare il mondo: lo sperimento quando vivo l’appello come il momento chiave della giornata scolastica, perché ognuno di quei nomi-volti è più importante di qualsiasi altra cosa io abbia da dire, perché l’educazione è questione di come guardi e solo dopo di cosa dici. È nei nostri occhi, prima che dai libri, che imparano che la loro vita è una premessa e una promessa.

Investire sulla fiducia

La seconda riflessione (28 gennaio) non è altro che una prosecuzione naturale della prima. Ciò che va inculcata ad un’adolescente per “decollare” nel mondo è una iniezione di fiducia. Ecco come D’Avenia ci conduce in quella direzione:

«L’educazione non si riduce a un mero adattamento o addestramento alla realtà, significa piuttosto incoraggiare, aiutando a eliminare le illusioni della conoscenza di sé che portano un adolescente a sottovalutarsi o sopravvalutarsi, a portare nella realtà qualcosa di nuovo, con tutti i rischi di fallire che questo comporta. L’adattamento alla realtà fine a se stesso ingabbia i ragazzi in una selva di regole che recintano la vita e da cui, così facendo, si libereranno acriticamente e violentemente o di cui diverranno prigionieri apatici. Aiutare a crescere vuol dire indicare perché vivere, per poter abbandonare la comoda posizione fetale e assumere quella eretta di chi esplora».



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Addio paura!

Il letto che questa volta l’autore vuole rifare rifare è quello della fiducia, «il primo elemento capace di mettere in moto la libertà come esplorazione del reale, di aprire lo spazio del desiderio e del coraggio». Ma a cosa dare fiducia?

Alle potenzialità interne al soggetto (figlio o studente), proprie della natura umana e specifiche dell’individuo in quella fase della crescita, cioè al nuovo che il ragazzo è e può fare. Soltanto così l’educazione si svincola dalla paura, dal controllo, e si apre alla chiamata per nome.



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Insegnare il rischio

Casa e scuola are qsi incrociano in questo percorso verso il “rischio”.

Forse bastano 35 minuti per sapere ciò che diceva un personaggio shakespeariano: «se l’anima è pronta allora anche le cose sono pronte» e non il contrario. Se provassimo, a casa, a scuola, a incoraggiuesta autonomia con piccoli o grandi responsabilità che diano ai ragazzi senso di autonomia, efficacia e accettazione degli eventuali fallimenti? Se invece di riempire le loro tasche di oggetti rassicuranti, riempissimo le loro vite di progetti rischiosi?

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