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Ecco i test e le ricerche che misurano la solitudine delle persone

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia Italia - pubblicato il 19/01/18
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Il più famoso inventato nel 1980 è disponibile anche on line. Gli italiani tra i peggiori d’Euorpa. E gli inglesi dedicano ad essa un sottosegretariato

Si può misurare la solitudine delle persone? La risposta è affermativa. Sono molteplici gli studi che lo attestano e il principale di questi sostiene che sia l’Italia uno dei Paesi al mondo in cui le persone si sento sole e abbandonate a se stesse.

Un interessante dossier de La Stampa (19 gennaio) ricostruisce le principali indagini che hanno misurato la solitudine.

Le due domande

Quella più famosa, realizzata a livello europeo e condotta da Eurostat, il servizio di statistiche dell’Unione europea, nel 2015 e pubblicata ne luglio 2017, ha utilizzato un campione rappresentativo  di cittadini di più di 16 anni di tutti i Paesi dell’Unione. A questi cittadini sono state poste solo due domande: 1) se pensano di non avere nessuno a cui poter chiedere aiuto; 2) se non abbiano nessuno con cui parlare dei propri problemi personali. In entrambi i casi è risultato che circa 6 europei su 100 dicono di essere in queste situazioni.



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Scandinavia e Centro-Europa i meno soli

La loro distribuzione, però, è molto diversa da uno Stato all’altro. Per la prima domanda, in Finlandia e Svezia, ma anche Repubblica Ceca e Slovacchia, solo 2 persone su 100 pensano di non poter contare su nessuno se avessero bisogno di un aiuto.

Per la seconda domanda, in Spagna, a Cipro, ma di nuovo anche nella Repubblica Ceca e in Slovacchia, solo 2 persone su 100 dicono di non avere nessuno con cui parlare.

In Italia drammatici dati

All’estremo opposto, tra gli Stati in cui le persone si sentono più sole e senza appoggio c’è l’Italia. Gli italiani sono, tra gli europei, quelli che più spesso pensano che nessuno gli darebbe una mano: lo dicono 13 persone su 100. E appena meno, 12 su 100, ritengono che non ci sia nessuno con cui potrebbero parlare dei propri problemi.



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Il più famoso

I primi test per misurare la solitudine risalgono al novecento. Il più famoso è stato realizzato nel 1980. Un gruppo di psicologi della University of California di Los Angeles (Ucla) mise a punto un test basato su venti domande da porre a una persona per scoprire se sia, o comunque si senta, sola. Il test prevede quesiti molto semplici, compreso il più diretto: quanto spesso ti senti solo?

Dove fare il test on line

A ciascuna domanda si può rispondere con una scala di quattro possibilità (mai, raramente, a volte, spesso). Il test, arrivato alla sua terza versione, è diventato uno standard e gli studi che sono stati condotti in quasi quarant’anni confermano che risulta valido e capace di svelare contraddizioni nelle risposte.

Oggi si può trovare anche on line in diverse varianti.



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Lo studio inglese

Anche il dato citato da Theresa May viene da un sondaggio, effettuato in Gran Bretagna su oltre 2.500 persone di più di 16 anni intervistate online e contenuto in una ricerca più ampia sulla solitudine. I ricercatori si sono accontentati di tre sole domande e di risposte con una scala di tre possibilità (quasi mai, a volte, spesso).

Lo studio, però, puntava non solo a misurare il grado di solitudine diffuso nel Paese, ma a metterlo in relazione con le sue cause, chiedendo alle persone anche informazioni sulla propria situazione personale. E ha rilevato che di solito non c’è una sola spiegazione della solitudine, che si tratti di un divorzio o dell’età anziana, ma conta la combinazione di più fattori.   

Il “sottosegretario alla solitudine”

I dati sostengono che sono 9 milioni i cittadini britannici che vivono soli o soffrono di gravi problemi di isolamento e, appunto, solitudine. Così la premier ha pensato che possa essere utile il “Sottosegretariato alla solitudine”, affidato a Tracey Crouch, 42enne deputata conservatrice. Una sorta di ministero che segua con attenzione le problematiche di queste persone.

«Per troppe persone la solitudine è il modo triste in cui vivono la vita moderna – ha spiegato la premier al momento della presentazione del nuovo progetto – voglio confrontarmi con questa sfida per la nostra società, dobbiamo agire per occuparci dei più anziani e di chi si occupa di loro, di chi ha perso i propri cari, persone che non hanno nessuno con cui parlare o condividere pensieri ed esperienze» (Donna Moderna, 18 gennaio).



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Ipertensione e demenza

Fuori dai confine europei, negli Stati Uniti, per esempio, l’Health and Retirement Study ha dimostrato come il 28% degli statunitensi più anziani viva in uno stato di solitudine cronica. Al netto della conseguenze emotive, le indagini hanno dimostrato che chi passa la propria esistenza in queste condizioni è più soggetto a patologie come ipertensione, problemi al cuore e demenza.

Infiammazioni croniche

Uno studio ancora dell’università della California-Los Angeles ha dimostrato come che vive da solo soffra di elevati livelli di infiammazioni croniche, situazione che apre le porte a un’ampia gamma di problematiche di salute. Per esempio, hanno il 50% in più di possibilità di morte prematura.



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Come 15 sigarette al giorno

E ancora: secondo un’indagine delle università Brigham Young di Salt Lake City e della North Carolina Chapel Hill, l’impatto della solitudine sulla salute equivale a fumare 15 sigarette al giorno. Senza contare il rischio di cadere in depressione, della scarsa cura di se stessi e in generale di precipitare in un circolo vizioso che, secondo alcuni psicologi, col tempo rende perfino complicato tornare a stringere nuove forme di connessione sociale.

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