Uno dei numerosi talenti della uaif è quello del pianto. Finalmente il marito, grazie al potere del mal di gola, ha imparato a starci davanti come si deve: zitto e in preghieraLettere a una moglie #2 (ovvero l’esodo del duo con l’anello noto in tutto il mondo come Mienmiuaif) di Giuseppe Signorin
“Il Signore ascolta la voce del mio pianto”, recita il Salmo, amore mio. E anche del tuo. Del tuo, l’ascolta spesso.
Perché tu, fra i tanti, hai anche questo talento: saper piangere. Spesso. All’inizio della nostra relazione andavo nel panico. Piano piano la grazia mi ha raggiunto: ho interiorizzato il fatto che per te sia un bisogno fisiologico.
Ogni tanto mi chiedi: “Da quant’è che non piango?”, e prima ancora di sentire una risposta, parti. Le mie reazioni hanno avuto un’evoluzione, nel tempo. Dal panico sono passato gradualmente all’azione, soprattutto orale: milioni di parole per placare quei tuoi momenti così difficili da decifrare.
Dall’azione, all’azione e orazione. Già più efficace. L’azione da sola, infatti, peggiorava la situazione. Dall’azione e orazione, al silenzio e orazione. La soluzione definitiva. Ma non ci sono arrivato per merito mio.
Ci sono arrivato ieri sera grazie all’aggravarsi del mio mal di gola.Per due giorni infatti ho dovuto tacere. Quasi del tutto. Ogni parola mi bruciava la gola. Tu ieri sera sei partita col pianto. Prima ovviamente mi hai chiesto da quant’era che non piangevi. Due-tre giorni? Io non potevo parlarti. Ero disperato. Tu piangevi, io ti guardavo ma il bruciore in gola mi impediva di parlarti. Neanche Zaccaria nei tempi migliori. Muto. Ti guardavo.
Ho iniziato a pregare mentalmente. In pochissimo tempo hai smesso di piangere. Eri a posto. Miracolo. Sapevo che voi donne vi lamentate ma non cercate soluzioni, solo attenzioni, però un conto è sapere la teoria, un conto è riuscire a metterla in pratica. Ieri sera sono stato costretto a farlo e ha funzionato. Oggi mi hai pure ringraziato. Comunque i tuoi non sono pianti normali, comuni. Non sono pianti di gioia, di dolore, o di tristezza.
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Sono pianti diversi. Un pochino il Signore mi ha aiutato a capirli confrontandoli con quelli del nostro nipotino Gabri, che ti somiglia. Un giorno si è messo a piangere perché nelle fotografie che stavamo guardando lui non c’era. Geniale. I tuoi sono pianti geniali. Filosofici. Come il tuo umorismo. Infatti spesso mentre piangi mi viene da ridere, il che aumenta i tuoi pianti, però poi li trasforma in un mix che neanche David Guetta: cioè inizi a ridere, poi riprendi a piangere, poi fai entrambe le cose insieme.
Virtuosismi allo stato puro. “Il Signore ascolta la voce del mio pianto remix”, potremmo chiamarli, se li trasformassimo in un pezzo dance. Nelle prime “Lettere a una moglie” ti avevo definita il Marcel Proust dei “comici”, ora ti vedo sempre più come il David Guetta dei “tragici”. Ma le tue piccole tragedie quotidiane sono il sale della nostra vita coniugale, amore mio. Le bucce di banana dove scivolano il mio egoismo e il mio raziocinio. Ogni tuo micro dramma mi costringe a uscire da me stesso e aprirmi al mistero. “Certe realtà della vita si vedono soltanto con gli occhi puliti dalle lacrime”, ha detto in una qualche occasione Papa Francesco. Che Dio ci pulisca gli occhi ogni volta che ne abbiamo bisogno per continuare a vedere. Ti amo.
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