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Ma cosa sta succedendo in Iran esattamente? (in aggiornamento)

Protest in Iran
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Lucandrea Massaro - Aleteia Italia - pubblicato il 03/01/18
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Dopo più di una settimana di scontri con morti e molti arresti cosa sta succedendo in uno dei paesi chiave del Medio Oriente non è facile da capireInnanzi tutto non è la prima volta che accade, già nel 2009 lunghe e anche violente manifestazioni si sono susseguite per giorni in tutto il paese e specialmente a Teheran, tuttavia in quella occasione la motivazione era la riconferma dell’ultraconservatore  Mahmud Ahmadinejad alla presidenza. Di fronte a quella che venne definita l‘Onda Verde, Europa e Stati Uniti non dettero sponda, lasciando che la cosa venisse di fatto soffocata dal regime iraniano.

Oggi, dopo una settimana e oltre di sommosse, siamo di fronte a qualcosa di nuovo ma anche di meno chiaro. Nel frattempo il governo ha oscurato i principali social network e app per comunicare come Telegram. Su Documentazione.info alcune delle questioni salienti:

– Le manifestazioni sono cominciate giovedì a Mashhad, una città molto conservatrice di due milioni di abitanti nel nord-est dell’Iran. Alcuni analisti sostengono che quel giorno le proteste siano state segretamente organizzate dagli ultraconservatori, cioè quello schieramento politico che fa riferimento alla Guida suprema Ali Khamenei e che si oppone alle politiche moderate del presidente Hassan Rouhani.

– Nel giro di pochissimi giorni le proteste si sono diffuse in decine di città iraniane e sono sfuggite di mano agli ultraconservatori, che sono diventati parte degli obiettivi degli slogan dei manifestanti.

– Le ragioni delle proteste sono principalmente economiche: si chiedono migliori condizioni di vita e si protesta contro gli altissimi indici di disoccupazione giovanile e contro l’aumento dei prezzi. Fin da subito si sono però cominciati a sentire anche slogan politici contro la teocrazia islamica (il sistema di governo dell’Iran dal 1979, anno della rivoluzione khomeinista), contro Ali Khamenei e contro il governo di Hassan Rouhani. Al momento, comunque, sembra continuare a prevalere la motivazione economica.

– I manifestanti sono soprattutto giovani e persone molto povere, che vivono in provincia o in città medio-piccole e che non sembrano avere un orientamento politico comune di riferimento. Queste sono grosse differenze rispetto alle proteste del 2009, a cui parteciparono persone della classe media, che abitavano soprattutto nelle grandi città come Teheran e che erano vicine ai riformisti.

– Le manifestazioni sembrano essere completamente spontanee: non c’è una leadership e gli stessi partiti politici iraniani stanno avendo grandi difficoltà a posizionarsi. Alcuni politici e religiosi stanno chiedendo un dialogo con i manifestanti, anche se diversi esponenti del governo e delle forze di sicurezza hanno minacciato interventi ancora più duri e decisi nei prossimi giorni nel caso in cui le proteste vadano avanti. Lo stesso Rouhani in un discorso in televisione due giorni fa ha ribadito il diritto di manifestare ma ha chiesto che non venga più usata la violenza.

Alcuni giorni fa durante una manifestazione di studenti si inneggiava alla morte dell’attuale presidente, il moderato Rouhani

https://www.youtube.com/watch?v=tCiRUqvmnL4

Secondo una ricostruzione del Post:

Alcuni (ma non tutti) sostengono che le proteste del primo giorno siano state organizzate dagli ultraconservatori, cioè quelli che fanno riferimento alla Guida suprema iraniana, Ali Khamenei, l’autorità politica e religiosa più importante del paese. L’obiettivo, dicono alcuni analisti e giornalisti, sarebbe stato quello di indebolire il governo di Rouhani, da sempre in competizione con lo schieramento di Khamenei. Non ci sono prove certe che dimostrino questa tesi, ma Mashhad è una città dove gli ultraconservatori sono molto forti: dove per esempio è molto popolare Ibrahim Raesi, il candidato conservatore che fu battuto da Rouhani alle ultime elezioni presidenziali, a maggio, e che in passato accusò il governo di avere fallito nel mantenere le sue promesse di ripresa economica.

Che aggiunge

Rouhani aveva cominciato il suo secondo mandato da presidente ad agosto, dopo essere stato rieletto con la promessa di stimolare una forte ripresa economica. All’inizio dell’aprile di due anni prima, infatti, il governo iraniano aveva trovato un accordo con gli Stati Uniti e diversi paesi europei sul nucleare iraniano: l’accordo prevedeva la significativa riduzione della capacità dell’Iran di arricchire l’uranio in cambio della rimozione di alcune delle sanzioni internazionali imposte sull’economia iraniana. Rouhani, uno dei principali sostenitori dell’accordo, aveva annunciato che la rimozione delle sanzioni avrebbe portato grandi e immediati benefici all’Iran. Non è andata così, però, per diverse ragioni: per esempio perché non è stato scardinato il dominio delle imprese statali (inefficaci e corrotte) nei settori più significativi dell’economia nazionale, e poi perché la permanenza di alcune sanzioni americane ha impedito alle principali banche internazionali di aprire linee di credito con l’Iran. Oggi in Iran la disoccupazione giovanile è superiore al 40 per cento, per dire.

La situazione è paralizzata dal fatto che gli iraniani preferirebbero che il denaro ricavato dalla vendita delle risorse naturali venisse investito per migliorare il loro tenore di vita e non per sostenere il regime siriano di Assad e gli Hezbollah in Libano. Non a caso uno degli slogan che si sentono nei video inviati in Rete dai manifestanti dice: «Non per Gaza, non per il Libano, non per la Siria, la mia vita per l’Iran». A tutto questo si aggiunge la lotta di potere interna tra gli schieramenti politici: il potere iraniano è profondamente diviso tra i pragmatisti e i riformatori che sostengono il presidente Rouhani e le diverse correnti conservatrici che temono di perdere i loro privilegi economici. Tra questi due schieramenti la battaglia è inasprita anche dal fatto che la guida suprema è sofferente e la successione è virtualmente aperta (Internazionale).

L’unica cosa certa tuttavia è che nessuno ha idea di cosa possa davvero succedere nei prossimi giorni, specie ora che sono scesi in piazza a manifestare anche i sostenitori del governo in carica.

La televisione statale ha mostrato le immagini delle manifestazioni che si sono tenute ad Ahwaz, la capitale della provincia del Khouzesan, nel sud-ovest dell’Iran, a Ilam, nell’ovest, e ad Arak, nel centro: l’impressione è che il regime iraniano abbia voluto mostrare di avere ancora il controllo della situazione in tutto il paese, nonostante le grandi e diffuse proteste dei giorni scorsi nelle quali sono state uccise 21 persone (Il Post).

«Negli eventi recenti, i nemici dell’Iran si sono alleati e hanno usato i vari mezzi che possiedono, incluso il denaro, le armi, la politica e i servizi di intelligence, per mettere in difficoltà la Repubblica Islamica. Il nemico è sempre alla ricerca di qualsiasi opportunità e fessura per infiltrarsi e colpire la nazione iraniana».

Oggi il presidente americano Donald Trump ha definito il governo iraniano «corrotto» e ha aggiunto che gli Stati Uniti sosterranno i manifestanti «quando sarà il momento». La situazione è davvero complicata adesso.

Nel frattempo – è notizia dell’ultima ora – il generale Mohammad Ali Jafari, comandante delle Guardie rivoluzionarie iraniane (Pasdaran), tramite una dichiarazione pubblicata sul sito web delle Guardie rivoluzionarie ha detto: “Questo movimento sedizioso conta al massimo 1.500 persone e il numero di piantagrane non ha superato i 15mila cittadini in tutto il paese. La rivolta in Iran è stata sconfitta” (TPI).

 

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