Così il pontefice durante l’Angelus al ritorno dal suo viaggio in estremo orientedi Roberta Gisotti
Il Papa all’Angelus: il pensiero corre ai Paesi visitati nel 21mo viaggio apostolico, in Myanmar e Bangladesh, conclusosi ieri sera e le prime parole sono di grazie al Signore per avere incontrato quelle popolazioni, specie le comunità cattoliche e di “essere edificato dalla loro testimonianza”:
“E’ impresso in me il ricordo di tanti volti provati dalla vita, ma nobili e sorridenti. Li porto tutti nel cuore e nella preghiera”. Grazie tante al popolo del Myanmar a al popolo del Bangladesh.
Nel cuore di Francesco stamane anche un altro Paese, scosso da disordini sociali dopo le elezioni presidenziali di domenica scorsa:
“Nella mia preghiera ricordo in modo particolare anche il popolo dell’Honduras, perché possa superare in maniera pacifica l’attuale momento di difficoltà”.
Nella catechesi di questa prima domenica d’Avvento, il Papa si è soffermato sul significato di questo tempo prezioso:
“L’Avvento è il tempo che ci è dato per accogliere il Signore che ci viene incontro, per verificare il nostro desiderio di Dio, per guardare avanti e prepararci al ritorno di Cristo”.
Per questo Gesù, nel Vangelo odierno – ha ricordato il Papa – ci invita “a fare attenzione e a vegliare”. Ma chi è la “persona che fa attenzione”?
“è quella che, nel rumore del mondo, non si lascia travolgere dalla distrazione o dalla superficialità, ma vive in maniera piena e consapevole, con una preoccupazione rivolta anzitutto agli altri”.
Così – ha spiegato Francesco – possiamo renderci conto “delle lacrime e delle necessità del prossimo” e “coglierne anche le capacità e le qualità umane e spirituali”, “cercando di contrastare l’indifferenza e la crudeltà presenti” nel mondo e “rallegrandosi dei tesori di bellezza che pure esistono e vanno custoditi”.
“Si tratta di avere uno sguardo di comprensione per riconoscere sia le miserie e le povertà degli individui e della società, sia per riconoscere la ricchezza nascosta nelle piccole cose di ogni giorno, proprio lì dove il Signore ci ha posto”.
E chi è la persona vigilante?
“è quella che accoglie l’invito a vegliare, cioè a non lasciarsi sopraffare dal sonno dello scoraggiamento, della mancanza di speranza, della delusione; e nello stesso tempo respinge la sollecitazione delle tante vanità di cui trabocca il mondo e dietro alle quali, a volte, si sacrificano tempo e serenità personale e familiare”.
“Esseri attenti e vigilanti sono i presupposti” – ha concluso il Papa – “per permettere a Dio di irrompere nella nostra esistenza, per restituirle significato e valore con la sua presenza piena di bontà e di tenerezza”.
Infine l’invocazione a Maria perché “ci guidi incontro al suo figlio Gesù, ravvivando il nostro amore per Lui”.
Nei saluti ai fedeli dopo la preghiera mariana, il Papa si è rivolto in particolare alla comunità romena che vive in Italia e che oggi celebra la festa nazionale.