La beatificazione di Solanus Casey, il 18 novembre scorso, mostra che non è necessario disporre di attributi particolari per correre verso la santità, ma “solo” di molta umiltà e di amore per Dio e per il prossimo.
Solanus Casey non eccelleva negli studi e il suo percorso verso il sacerdozio, al seminario Saint-Francis di Milwaukee, non fu dei più brillanti. Tutt’altro. Ma ecco che questo frate cappuccino, che alla fine avevano ordinato prete senza dargli l’autorizzazione a predicare o ad ascoltare le confessioni, proprio per via dei suoi risultati mediocri, è stato proclamato beato questo fine settimana a Detroit, negli Usa. In particolare gli è stata riconosciuta «la sua semplicità e una rara devozione» in favore dei più poveri, dei marginalizzati, e inoltre le sue preghiere «apportatrici di grazia».
Una specie di Curato d’Ars
Elevandolo al rango di beato, Papa Francesco desidera offrire un esempio di «buon pastore fedele a Cristo», ha dichiarato il cardinal Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, durante il corso della cerimonia. Un esempio di cui «la Chiesa e la società hanno oggi un grande bisogno», ha poi aggiunto di fronte a una folla immensa. A Roma, durante l’Angelus domenicale, il Papa ha invitato da parte sua i preti, i religiosi e i laici, a ispirarsi alla sua testimonianza per «vivere con gioia il legame tra l’annuncio del Vangelo e l’amore ai poveri», che deve caratterizzare ogni cristiano.
«Per la gente sarà una specie di Curato d’Ars», avevano predetto i superiori di Solanus Casey il giorno della sua ordinazione, nel 1904. Era nato nel 1870 in Wisconsin, col nome di Bernard Francis: era il sesto figlio di una famiglia numerosa di origini irlandesi. All’età di 21 anni, entra in seminario con la speranza di diventare prete diocesano. I suoi risultati in teologia, però, non sono sufficienti. Allora opta per un ordine religioso, i frati minori cappuccini – epperò ancora una volta i suoi studi in vista del sacerdozio vanno male.
Alla fine viene ordinato prete, otto anni più tardi, ma con delle restrizioni che – invece di abbatterlo – avrebbero fatto crescere in lui «una grandezza e una santità che forse non vi sarebbero state altrimenti», testimoniano i cappuccini che l’hanno conosciuto bene. Per una quindicina d’anni, passò da un monastero all’altro a New York, Harlem e Yonkers, dove viene impiegato come portinaio. Poi fece ritorno a Detroit come sagrestano, nel monastero di Saint-Bonaventure, per una ventina d’anni, e lì la sua sollecitudine per i poveri lo mette in mostra. Da 150 a 200 persone al giorno vengono a trovarlo per ricevere una benedizione, per domandare un consiglio o anche una guarigione.
Paula Medina Zarate, la miracolata
Solanus Casey è morto il 31 luglio 1957, all’età di 87 anni. È stato dichiarato venerabile da san Giovanni Paolo II nel 1995 e oggi è beato – prima tappa prima di scandire il gradino di una canonizzazione che mostrerebbe come «non si ha bisogno di attributi particolari perché accadano grandi cose», hanno sottolineato dei religiosi in margine alla sua beatificazione. Centinaia di guarigioni miracolose gli vengono attribuite, ma quella che è stata ritenuta per approvare questo primo grado di dichiarazione solenne riguarda un’insegnante panamense in pensione, Paula Medina Zarate, guarita in modo “inspiegabile” da una malattia cronica della pelle, dopo che si fu raccolta ai piedi della tomba del frate cappuccino nel monastero Saint-Bonaventure di Detroit. Presente alla messa di beatificazione, ha collocato una croce davanti a un ritratto di padre Solanus vicino all’altare.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]