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Il missionario gesuita più amato da buddisti e Dalai Lama

IPPOLITO DESIDERI
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Gelsomino Del Guercio - Aleteia Italia - pubblicato il 20/11/17
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Ippolito Desideri è stato il primo esploratore occidentale del Tibet

Il Dalai Lama, guida spirituale del buddhismo lamaista, lo ha definito «pioniere del dialogo interreligioso».

Il gesuita Ippolito Desideri non è molto conosciuto. Eppure è stato il primo occidentale a giungere in Tibet e il primo esploratore di quelle terre allora quasi inaccessibili. Ne studiò la geografia e osservò da vicino gli usi e i costumi delle popolazioni locali, riportando in patria le prime conoscenze sul buddhismo lamaista e sulle lingue delle terre più alte del mondo (Famiglia Cristiana, 20 novembre).

La partenza

La prima metà del diciottesimo secolo accompagna la parabola di questo straordinario missionario.

Mosso dalla curiosità e dal desiderio di conoscenza come Marco Polo e Cristoforo Colombo, ma anche dall’ardore della propria missione apostolica, Ippolito Desideri partì con un confratello alla scoperta di quelle terre nel settembre 1712.

Da Genova all’Himalaya

Il viaggio fu avventuroso: tre tappe a Genova e Lisbona, traversata degli oceani Atlantico e Indiano alla ricerca di correnti favorevoli e, infine, sbarco in India a Goa. Ippolito iniziò la sua esplorazione fra Himalaya e Karakorum e il 18 marzo 1716 giunse fino a Lhasa, il cuore religioso del Tibet.

Come padre Ricci

Il missionario, guadagnatosi la fiducia delle autorità locali (esattamente come un secolo prima il confratello gesuita Matteo Ricci in Cina, che vestiva abiti locali e parlava mandarino), «espose con estrema sincerità il suo proposito missionario», commenta Enzo Bargiacchi, uno dei maggiori studiosi e conoscitore del frate gesuita.



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Studioso del Tibet

Richiesto di illustrare la sua religione e la differenza con la loro, «il “lama venuto dall’Occidente” si impegnò subito nello studio della lingua, della cultura e della religione tibetana per poter presentare con efficacia la fede cristiana». Il frutto del suo studio fu un’opera, scritta in versi tibetani, di dialogo tra «il padre cristiano che spiega la religione pura e vera e l’uomo dotto che cerca la pura verità».

L’arrivo dei mongoli

La presentazione di frate Ippolito avvenne solennemente nella sala del trono di Lhasa il 6 gennaio del 1717 davanti a Lhabzang Khan, sovrano del Tibet.  Desideri fu invitato ad approfondire ulteriormente i suoi studi, in vista di una disputa con le autorità religiose del luogo per confrontare il valore delle diverse concezioni. Ma il progetto non andò in porto perché il missionario fu presto testimone dell’invasione del regno tibetano da parte dei mongoli dzungari, conclusa con l’uccisione del re e il ristabilimento del dominio cinese nel 1720.


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La fine del sogno

A quel puntò la sua missione rimase sospesa perché fu richiamato in patria nel 1727. A Roma, infatti, i frati Cappuccini erano riusciti a convincere la Congregazione di Propaganda fide a togliere ai Gesuiti la missione in quelle terre e ad affidarla ai Francescani. L’errore dei gesuiti, probabilmente era quello di utilizzare il metodo della “inculturazione”, cioè la trasmissione della cultura gesuita alle popolazioni locali.

Morì in solitudine

Al danno si aggiunse la beffa: gli venne impedito di pubblicare la Relazione già predisposta per la stampa e di trattare in qualsiasi modo degli argomenti della sua missione: in beata solitudine, nella Casa professa della sua Compagnia a Roma, morì il 13 aprile 1733 (www.ippolito-desideri.net).


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La Relazione

La Relazione della sua missione contiene una completa e approfondita descrizione di quasi tutti gli aspetti della vita e della cultura tibetana e specialmente della religione, sia nelle sue manifestazioni esteriori, sia nei suoi fondamenti filosofici. Tutti gli scritti di Desideri rimasero nascosti e dimenticati per secoli negli archivi, e dopo che furono scoperti attesero a lungo la  pubblicazione e soprattutto una adeguata considerazione in relazione al loro valore.

Un’opera che rivive in queste settimane grazie a una mostra – dal titolo La rivelazione del Tibet. Ippolito Desideri e l’esplorazione scientifica italiana nelle terre più vicine al cielo – che gli ha dedicato la sua Pistoia.

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