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Papa Francesco: non pugni chiusi ma mani operose e tese verso i poveri

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Radio Vaticana - pubblicato il 19/11/17
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Il Pontefice ha celebrato la messa in occasione della Prima Giornata Mondiale dei poveridi Emanuela Campanile

“Il suo male è stato quello di non fare il bene”. Così Papa Francesco a commento della parabola del servo malvagio dal Vangelo di questa XXXIII domenica del Tempo Ordinario e prima Giornata Mondiale dei Poveri.Gremita la Basilica di San Pietro che, per questa occasione speciale, ha accolto circa 4000 persone tra bisognosi, meno abbienti e poveri, accompagnati dal personale delle associazioni di volontariato provenienti non solo da Roma e dal Lazio, ma anche da diverse diocesi del mondo. Al termine, 1.500 di loro saranno ospitati in Aula Paolo VI, per prendere parte al pranzo con Papa Francesco.

Il pericolo, il nostro rischio, ci ricorda il Pontefice nella sua omelia, è “di comportarci come il servo malvagio” perché “non fare nulla di male non basta”. Dato che “Dio non è un controllore in cerca di biglietti non timbrati ma “un Padre alla ricerca di figli, cui affidare i suoi beni”, “colui che aggiunge talenti nuovi” – spiega Francesco – “ha la stessa mentalità di Dio”, “rischia per amore, mette in gioco la vita per gli altri, non accetta di lasciare tutto com’è”. Solo una cosa tralascia: il proprio utile. Questa – sottolinea il Papa – “è l’unica omissione giusta”.

Ma l’omissione a scapito dei poveri, ammonisce il Pontefice, “assume un nome preciso: indifferenza” e cioè “voltarsi dall’altra parte quando il fratello è nel bisogno”. “Come, concretamente, possiamo piacere a Dio?”, si interroga dunque Francesco che, citando il Vangelo, ricorda quella frase di Gesù riportata dall’apostolo Matteo: ‘Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me’ (Mt 25,40).

“Questi fratelli più piccoli, da Lui prediletti, sono l’affamato e l’ammalato, il forestiero e il carcerato, il povero e l’abbandonato, il sofferente senza aiuto e il bisognoso scartato – prosegue il Pontefice –  Sui loro volti possiamo immaginare impresso il suo volto; sulle loro labbra, anche se chiuse dal dolore, le sue parole: ‘Questo è il mio corpo’ (Mt 26,26).

Imparare a vincere l’indifferenza con “mani operose e tese verso i poveri, verso la carne ferita del Signore” – esorta Francesco che ricorda: “nei poveri”, “nella loro debolezza, c’è una forza salvifica”, “sono il nostro passaporto per il paradiso”. “Per noi è dovere evangelico prenderci cura di loro, che sono la nostra vera ricchezza, e farlo non solo dando pane, ma anche spezzando con loro il pane della Parola, di cui essi sono i più naturali destinatari. Amare il povero significa lottare contro tutte le povertà, spirituali e materiali”.

Se “quel che veramente conta” è “amare Dio e il prossimo” poichè “tutto il resto passa”, “che cosa conta per me nella vita?”. Questa è la domanda che Papa Francesco rivolge a conclusione dell’omelia, invitandoci a non cercare “il superfluo per noi, ma il bene per gli altri”, poichè “nulla di prezioso ci mancherà”. 

 

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