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Per la prima volta nella storia il Vaticano vuole disciplinare i figli dei preti

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia Italia - pubblicato il 09/11/17
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La Pontifica commissione per la tutela dei minori scrive all’associazione Coping. Che stima nel mondo 4000 figli “illegittimi” di sacerdoti

Figli dei preti: la Santa sede ha deciso di affrontare per la prima volta questo delicatissimo tema.

La Pontifica commissione per la tutela dei minori, un organismo istituito da Papa Francesco nel 2014 al fine di contrastare la presenza della pedofilia tra il clero e più genericamente per la tutela dei bambini all’interno delle istituzioni ecclesiastiche cattoliche, ha scritto a Coping International, l’associazione mondiale che rappresenta i figli dei preti.

Cosa dice il Coping

L’ente – si legge sul sito di Coping – è un’organizzazione volontaria tesa alla promozione del benessere dei figli di sacerdoti e di religiosi di tutto il mondo. «Lavoriamo – specifica l’associazione – accanto alla Chiesa, incoraggiando l’apertura verso le persone colpite da questo problema”. I figli dei preti, infatti, sono spesso vittime di disagi psicologici, economici e sociali. Basti pensare che nella maggior parte dei casi, chi nasce da un uomo legato al vincolo del celibato è destinato a crescere senza un padre, con tutto ciò che ne consegue».

Coping stima nel mondo che siano 4000 i figli di sacerdoti, cioè avuti da relazioni illegittime poichè ogni prete è sottoposto al vincolo del celibato. 



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“Attenta valutazione”

«Nella riunione più recente della Pontificia commissione per la tutela dei minori – si legge nella lettera della commissione destinata a Coping datata 24 ottobre – è stato deciso che il gruppo di lavoro incaricato di definire gli orientamenti dovrebbe prendere in considerazione la stesura di linee guida sulla questione dei figli dei preti».

Il Vaticano ha deciso di intervenire ma, specifica la missiva, «il problema è complesso e necessita di un’attenta valutazione».

Il diritto canonico

Il diritto canonico non prevede una normativa specifica che copra questo genere di fattispecie, ma si limita ad affermare gli obblighi di celibato e continenza per i sacerdoti. Quello che l’associazione e i figli dei sacerdoti si aspettano dalla Santa sede, in fin dei conti, è che quest’ultima rilasci delle norme atte a sanare un vuoto legislativo o regolamentare difficilmente giustificabile (Il Giornale.it, 8 novembre).

I vescovi e il cardinale

I primi a pronunciarsi giuridicamente sulla questione, sono stati i vescovi irlandesi che nell’agosto scorso hanno rilasciato delle linee guida sul tema, soffermandosi sul fatto che, seppur mediante «il discernimento caso per caso», sia «indispensabile» che il sacerdote «non fugga dalle proprie responsabilità».

«Le necessità del bambino – hanno scritto i vescovi irlandesi – devono venire per prime!».

Il cardinale Sean O’ Malley, invece, membro dal 2014 della Pontificia commissione per la tutela dei minori, la pensa diversamente: «Se un prete è padre, ha l’ obbligo morale di lasciare il ministero».

L’inchiesta del Boston Globe

La questione dei figli dei preti era tornata al centro delle cronache dopo un dossier proveniente dagli Usa, sempre nel mese di agosto 2017. Sedici anni dopo l’inchiesta sui preti pedofili a Boston, Michael Rezendes ha firmato per il Boston Globe una nuova inchiesta pubblicata il 16 e 17 agosto 2017 sulle donne e sugli uomini nati da relazioni sessuali illecite del clero cattolico:

I casi su cui si basa l’analisi del Globe sono una decina: non c’è motivo, del resto, di negare che il fenomeno, benché sommerso e silenzioso, possa riguardare persone per numeri ancora più importanti (Aleteia, 22 agosto 2017).



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Le imprecisioni di Rezendes

Ma l’inchiesta di Rezendes è anche ricca di imprecisioni come si evidenzia nel dossier stilato da Aleteia . A cominciare dal fatto che – pur essendoci un vuoto nel Codice di Diritto Canonico sull’argomento – la disciplina della Chiesa antica insegna costantemente che l’ordinazione di uomini sposati esige il loro impegno nella continenza, e che – viceversa – il venir meno a questa condizione comporta ipso iure la dimissione dallo stato clericale.



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