Chiara Frugoni, medievalista e autrice di libri successo, non credente per “colpa” delle suore, interpreta Greccio e il rapporto “rivoluzionario” tra il poverello e i musulmani
Una medievista e scrittrice di rango, apprezzata in tutto il mondo per i suoi studi su San Francesco d’Assisi, atea e che sostiene di non aver avuto un buon rapporto con Dio… per colpa delle suore.
Chiara Frugoni fa sempre discutere. E adesso punta l’indice sulle origini del presepe. A suo avviso, San Francesco, inventore del presepe al convento di Greccio (Rieti), è andato controcorrente rispetto alla Chiesa del tempo. A attraverso il presepe ha sostanzialmente scaricato la linea ecclesiastica pro Crociate.
L’INCONTRO COL SULTANO
Il presepe segue infatti il viaggio compiuto da Francesco a Damietta, a pochi chilometri di distanza dal Cairo, dove incontra il sultano d’Egitto Malik al Kamile e rimane edificato dalla dignità dei musulmani, da come viene accolto. «Francesco non dice mai una parola sui musulmani, mai predica contro, mai predica per la crociata», ha osservato la Frugoni durante la relazione tenuta il 22 ottobre a Rieti (www.frontierarieti.com, 28 ottobre).
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VIVERE “FRA MUSULMANI”
Al punto che, al suo ritorno, appunta nella Regola “non bollata” del 1221 che i frati devono vivere “fra” (e non andare “da”) i musulmani. Lo stile giusto, per Francesco, è quello di evitare liti, dispute e violenze di ogni genere. Bisogna poi confessare di essere cristiani, sottoposti, cioè, a ogni creatura e quindi anche ai musulmani. A queste condizioni, se piace a Dio, se è nato reciproco rispetto, i frati avrebbero potuto parlare di Cristo. Altrimenti avrebbero solo potuto tacere ed essere di esempio.
LA CITAZIONE DEL CORANO
«È un atteggiamento così attuale su come ci si deve comportare davanti a una religione diversa – ha sottolineato la medievista – che fa davvero impressione». Anche perché, una volta tornato in patria, Francesco cita addirittura il Corano e le abitudini dei musulmani, chiede che ogni sera qualcuno salga sul campanile e chiami alla preghiera, e anche le lodi che fa di Dio assomigliano a quelle usate per Allah.
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LA “SMENTITA” DI GRECCIO
Ora questo Francesco, secondo la Frugoni, è «estremamente dissonante» con la linea pro-crociate della Chiesa. E il presepe di Greccio diventerebbe il mezzo attraverso cui “sconfessare” le scelte dell’istituzione ecclesiastica.
Nella sua predica davanti al presepe il poverello dice che Greccio è un’altra Betlemme. E questo, per la medievista, corrisponde a una sconfessione della crociata: «Francesco dice che non si deve andare in terra santa e per la gioia di toccare quei luoghi uccidere chi vive lì. La Terra Santa è ovunque, si ha nel cuore. Se si riscopre il messaggio d’amore di Cristo, anche Greccio è un pezzo di Terra Santa: un messaggio rivoluzionario, controcorrente rispetto all’idea della Chiesa in quel momento».
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SCAMBIATO PER PAZZO
Ma a molte orecchie la testimonianza di Francesco deve suonare del tutto insopportabile», ha argomentato la Frugoni.
La convinzione profonda del Poverello è infatti quella di «essere stato mandato da Dio per un messaggio che non è solo per l’Italia, ma per il mondo intero. Come Cristo ha cominciato con i poveri pescatori e gradualmente il suo messaggio si è diffuso, anche Francesco sente di dover risvegliare il messaggio del Vangelo e portarlo ovunque: un messaggio di pace sentito come un qualcosa di così assurdo per l’epoca, che qualcuno davanti a Francesco e ai suoi scappava, prendendoli per pazzi».
UNA SCRITTRICE SALDAMENTE ATEA
Se le tesi della Frugoni fanno rumore, il suo rapporto con la fede non cambia. Resta atea, e al contempo affascinata dall’esperienza di Francesco. «Dopo quello che mi è accaduto, penso che le suore furono un’eccellente scuola di ateismo. Ho smesso di credere verso i 15 anni».
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CILICIO E OSSESSIONI
La scrittrice studiò a Brescia dalle canossiane. «Quelle suore – ossessionate dal sesso e dalla vita – volevano che avessimo delle visioni», ha raccontato la Frugoni.«Ci dicevano che se non avessimo visto l’ostia animarsi saremmo state dannate. Passavo il mio tempo nella penitenza e nella preghiera. Portavo il cilicio a insaputa dei miei» (La Repubblica, 19 gennaio 2014).
«Vedevano il male ovunque e anche avere amicizie femminili, fra noi bambine, era visto come un comportamento ambiguo» (1 maggio 2014, Corriere della Sera).
I GIOCATTOLI “FRANCESCANI”
Eppure, nel tempo, è diventata una delle più autorevoli studiose di San Francesco.
«La pratica francescana o le parole del Vangelo – ha replicato lei – non hanno bisogno dell’aldilà. Valgono per noi, per il nostro mondo. Per me sono dei buoni modelli, come la capacità di introspezione e la fantasia. Lo zio Gianni – un uomo che rimpianse per tutta la vita di non aver sposato una violinista – mi regalava per le feste dei piccolissimi giocattoli. Diceva che non avevano avuto il tempo di crescere. E che io avrei dovuto prendermene cura. Ecco, mi piace pensare che quella bambina di allora abbia imparato ad applicare quella piccola lezione su tutto».