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“Tutto è relativo, tranne Dio e la fame”

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Jaime Septién - pubblicato il 05/11/17
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Riflessione sulla fame, le sue cause e le possibili soluzioniLa frase è dell’anziano vescovo emerito di São Felix do Araguaia (Brasile), monsignor Pedro Casaldáliga, e fa parte della riflessione più recente (“Compartir pan y dignidad”, “Condividere pane e dignità”) del professore salvadoregno Carlos Ayala (1955) su El Observador Digital.

Ayala, attualmente membro della giunta direttiva Fede e Allegria della Fondazione Monsignor Óscar Romero, ricorda nella sua riflessione che la fame è una delle realtà fondamentali degli esseri umani, e che tuttavia si occulta e viene ignorata da buona parte dei mezzi di comunicazione.

“Alcuni anni fa, il vescovo emerito monsignor Pedro Casaldáliga ha affermato in una delle sue poesie che ‘Tutto è relativo, tranne Dio e la fame’, con cui dava un carattere essenziale al pane quotidiano, senza il quale non è possibile vivere”, ha affermato l’autore salvadoregno, che si è laureato come professore di Istruzione Media presso l’Università Centroamericana José Simeón Cañas (UCA), con specializzazione in Filosofia.

Rendere visibile l’essenziale

La frase della poesia del vescovo emerito Casaldáliga offre ad Ayala l’occasione per richiamare il recente rapporto realizzato da cinque organismi dell’ONU su “Lo stato della sicurezza alimentare e dell’alimentazione nel mondo 2017”, il cui scopo è stato offrire una comprensione più completa di ciò che bisogna fare per affrontare la fame e le forme di malnutrizione.

Il documento, segnala il giornalista de El Observador Digital, inizia esponendo cifre chiave che mostrano la gravità e l’ampiezza del problema della fame. Tra le altre questioni urgenti, segnala che il totale delle persone che soffrono la fame nel mondo è di 815 milioni di esseri umani.

A livello continentale la situazione è la seguente: 520 milioni in Asia, 243 in Africa e 42 in America Latina e nei Caraibi. 155 milioni di bambini sotto i 5 anni soffrono di malnutrizione cronica (hanno una statura troppo bassa per la loro età), 52 milioni di malnutrizione acuta (hanno un peso inferiore all’altezza).

63 milioni di donne in età fertile sono colpite da anemia, il che mette in pericolo la salute e l’alimentazione di molti bambini. Ogni anno muoiono circa 1,5 milioni di bambini per carenza acuta di alimenti. “I dati sono chiari: la fame uccide a poco a poco”, ha riassunto Ayala.

La guerra e i cambiamenti climatici

Andando avanti con l’idea di rendere visibile l’essenziale, il giornalista indica le cause più note dell’insicurezza alimentare e della malnutrizione in base al rapporto degli organismi aderenti all’ONU: i conflitti interni (489 milioni di persone) e i cambiamenti climatici, in particolare la siccità, che tendono a mettere in pericolo la sicurezza alimentare al limite della disponibilità e dell’accesso al cibo.

“Da ciò deriva la necessità di un approccio che tenga conto dei conflitti e armonizzi le misure di assistenza umanitaria immediata con quelle destinate allo sviluppo inclusivo e al mantenimento della pace”, ha sottolineato Ayala.

Un’altra causa primordiale della fame e della malnutrizione, ha osservato, “si ritrova nel potere di chi ha costruito un sistema alimentare a favore di una minoranza, il cui proposito principale è produrre benefici”.

Ayala accusa anche il fatto che questo potere senza controlli specifici “incide su chi può accedere al cibo e chi no. Tra le misure per invertire questo sistema si propone di costruire un nuovo modo di governare a livello mondiale, in cui la massima priorità dev’essere affrontare la fame e ridurre la vulnerabilità”.

In sintonia con il Papa

Ci sono quindi tre grandi pericoli che rendono vulnerabile la sicurezza alimentare: i conflitti, i cambiamenti climatici e un sistema di alimentazione escludente. Nel discorso che Papa Francesco ha pronunciato in occasione della Giornata Mondiale dell’Alimentazione 2017, si è riferito al modo in cui vanno affrontate queste minacce.

In primo luogo, ha affermato Ayala, il Pontefice ha ricordato che il diritto internazionale ci indica i mezzi per prevenire e risolvere disaccordi e scontri. Ciò implica un nuovo modo di reagire di fronte alle problematiche. In secondo luogo, quanto ai cambiamenti climatici, ha fatto riferimento alla necessità di accordi che garantiscano la cura dell’ambiente, ponendo la questione in termini di denuncia ed esortazione.

Di fronte ai sistemi che producono morte per fame o malnutrizione, ha infine proposto la solidarietà radicale che rappresenta una vita animata dall’amore e che può portare a una pratica storica sociale di vero umanesimo.

In base a questa sensibilità, Francesco ha chiesto: “È troppo pensare di introdurre nel linguaggio della cooperazione internazionale la categoria dell’amore, declinata come gratuità, parità nel trattare, solidarietà, cultura del dono, fraternità, misericordia? […] Amare vuol dire contribuire affinché ogni Paese aumenti la produzione e giunga all’autosufficienza alimentare. Amare si traduce nel pensare nuovi modelli di sviluppo e di consumo, e nell’adottare politiche che non aggravino la situazione delle popolazioni meno avanzate o la loro dipendenza esterna. Amare significa non continuare a dividere la famiglia umana tra chi ha il superfluo e chi manca del necessario”.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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