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Rifugiati e migranti, responsabilità delle università cattoliche

Papa Francesco saluta un bambino durante la sua visita al centro di detenzione per migranti e rifugiati di Moria, vicino Mitilene, sull'isola greca di Lesbo, il 16 aprile 2016. Dichiarando “Siamo tutti migranti”, il Pontefice ha portato un messaggio di speranza a migliaia di persone che affrontano l'espulsione dalla Grecia e ha rimproverato la comunità internazionale per il fatto di non riuscire a porre fine alle guerre che alimentano la crisi. In una visita toccante che ha visto la gente inginocchiarsi in lacrime ai piedi del Papa, questi ha detto agli esiliati che non sono soli e ha chiesto che il mondo mostri la “comune umanità” dopo l'inasprimento della posizione dell'UE sui migranti. AFP PHOTO / PRIME MINISTER'S OFFICE / andrea bonetti / RESTRICTED TO EDITORIAL USE - MANDATORY CREDIT "AFP PHOTO / SOURCE / PRIME MINISTERS OFFICE/ ANDREA BONETTI" - NO MARKETING NO ADVERTISING CAMPAIGNS - DISTRIBUTED AS A SERVICE TO CLIENTS

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Ary Waldir Ramos Díaz - pubblicato il 31/10/17
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Intervista a padre Michael Czerny S.I., sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati del dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale della Santa SedeRifugiati e Migranti in un Mondo Globalizzato. Responsabilità e Risposte delle Università” è il tema della Conferenza Internazionale che si svolgerà dal 1° al 4 novembre 2017 nella sede della Pontificia Università Gregoriana (PUG) di Roma. Papa Francesco incontrerà i partecipanti all’evento per condividere le proprie riflessioni sull’argomento.

L’organizzatore principale della Conferenza è la Federazione Internazionale delle Università Cattoliche (FIUC). Saranno presenti anche rappresentati di istituzioni come l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e il Jesuit Refugee Service (JRS), impegnati nell’azione a favore dei rifugiati.

Per comprendere meglio le riflessioni di Papa Francesco e le sfide delle università in materia abbiamo parlato con Michael Czerny S.I., sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati (M e R) del dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale della Santa Sede. Al momento il Papa sta guidando personalmente la Sezione.

“Fin dall’inizio del suo pontificato, utilizzando sia parole che azioni persuasive, Papa Francesco ha esortato la Chiesa ad accompagnare tutte le categorie di persone che si vedono costrette a fuggire. Nel 2017 ha istituito la Sezione M e R per aiutarlo a implementare questo grande obiettivo pastorale”, ha detto ad Aleteia padre Czerny S.I., 71 anni, di origine cecoslovacca e trasferitosi con la famiglia in Canada quando aveva nove anni e mezzo. “Bisogna mettersi nei panni dei migranti e dei rifugiati, ascoltare la loro storia”, ha aggiunto.

Crede che la globalizzazione dell’indifferenza mostri il suo volto peggiore nel caso dei rifugiati e dei migranti, soprattutto nella mancanza di opportunità educative?

No! L’indifferenza ha molte variabili, molti volti, ma è certo che la problematica degli spostamenti forzati di persone ci dà una dimostrazione importante, perfino crudele, di questa indifferenza. Il problema è che le nostre società sono organizzate in modo tale da mantenere vari aspetti dell’indifferenza. Per fare un esempio, molte persone senzatetto sono affette da malattie mentali e non sappiamo come aiutarle, non sappiamo dare una risposta istituzionale e nemmeno personale. E allora non si può dire che la situazione di un senzatetto sia meno grave di quella di un migrante forzato o di un richiedente asilo. L’indifferenza è globalizzata e generalizzata, e quindi anche chi è appena arrivato in un Paese subisce l’indifferenza.

Quanto alla Conferenza che si svolgerà nella sede della PUG dal 1° al 4 novembre, quale sarà l’apporto della Sezione speciale M e R voluta da Papa Francesco in materia di istruzione superiore per aiutare i migranti e i rifugiati a migliorare la propria istruzione e a uscire dall’emarginazione?

Il punto di partenza è la vocazione delle università. Non si tratta di dire che debbano trasformarsi in un’altra cosa. Le università devono compiere fino in fondo la propria vocazione. Ciò si traduce nella ricerca, nell’insegnamento, ma anche nella protezione sociale. Il nostro apporto sarà ricordare alle università le varie dimensioni della loro vocazione rispetto alle tante persone che fuggono dalle persecuzioni, dalla violenza, dalla povertà, dai drammatici cambiamenti climatici. L’università deve aiutare a uscire dall’emarginazione, ma se si adagia nel “ghetto” dei suoi privilegi e della sua tranquillità non potrà rispondere, o lo farà in modo superficiale.

Di cosa stiamo parlando in concreto? Borse di studio, programmi più aperti che incidono sulla cultura o sulla società?

Proporremo una carta di elementi che le università cattoliche possano perseguire, ma per noi l’elemento più importante non è segnalare questo o quel programma o le borse di studio, ma realizzare la vocazione universitaria in relazione alla società di oggi. Ad esempio, un’università che non è autocritica nel modo di affrontare le ideologie, il razzismo e la xenofobia non sta contribuendo “universitariamente” alla società della quale è ospite. Avere molti dottorati, titoli, borse di studio e denaro è secondario rispetto alla vocazione, alla missione dell’università nella società.

Il Papa ha detto una volta a un’università pontificia che la teologia si fa in ginocchio. Probabilmente anche l’accademia si fa in ginocchio…

Certo! Ma anche camminando, non solo in ginocchio davanti al tabernacolo o in un salone o un laboratorio. Si fa camminando andando incontro alla società.

Perché è tanto difficile intendere il concetto che Francesco ci invita ad assumere per cui i migranti sono nostri fratelli e nostre sorelle alla ricerca di una vita migliore?

Iniziando dalle cose più comuni, si tratta del frutto del peccato. La dimostrazione più diffusa del peccato è il disconoscimento di mio fratello e mia sorella come tali. Sono sempre tentato di trattarli come ostacoli, o peggio ancora come nemici dei miei interessi. Questo peccato è fondamentale. Forse abbiamo bisogno di un esame di coscienza. Quali sono gli interessi della nostra università cattolica che nascondono i volti fraterni che cercano accoglienza tra noi? Com’è possibile che non li vediamo dal nostro posto privilegiato, accademico, cattolico?

Qual è l’aspetto più difficile da mettere in pratica in base alla missione delle università nella chiamata di Francesco ad accogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti e i rifugiati?

L’ostacolo più frequente è essere “troppo occupati” e frettolosi. Non abbiamo il tempo di respirare, men che meno di ascoltare. L’università si auto-genera una serie di doveri, compiti e cose da fare, e come ha detto Gesù a Marta “tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno” (Lc 10).

Quali sono gli aspetti che dimentichiamo in base a una prospettiva più personale?

In questo momento non abbiamo la capacità, la facilità e l’abitudine di metterci al posto dell’altro. Sono convinto che tutto sarebbe diverso se ascoltassimo il racconto di un rifugiato che cerca asilo o di un migrante che spera in un nuovo futuro. Se ascoltassimo qualcosa della loro storia diremmo istintivamente: “Al loro posto avrei fatto esattamente la stessa cosa, ma non avrei reagito con tanta pazienza”. Affrontano cose terribili con pazienza e speranza. Dopo un po’ di interazione non possiamo reagire se non con simpatia e comprensione. Purtroppo i mezzi di comunicazione ci stanno inondando di una serie perversa di immagini e notizie senza offrirci grande accesso all’ampiezza e alla profondità del fenomeno.

Ci saranno un patto globale sui rifugiati e uno per una migrazione sicura, ordinata, regolare e responsabile. Entrambi dovranno essere siglati alla fine del 2018 all’ONU. Quale sarà l’apporto della Sezione M e R?

Per contribuire a questi processi, la M e R, guidata dal Papa, ha preparato due documenti. I venti Punti di Azione Pastorale sono destinati all’utilizzo da parte di diocesi, parrocchie, congregazioni religiose e movimenti della Chiesa, e di scuole, gruppi e altre organizzazioni della società civile, che si occupano di quanti sono “costretti a fuggire”. I punti sono priorità pastorali per programmi locali e temi chiave per omelie, educazione e mezzi di comunicazione. La M e R invita tutti a unirsi alla riflessione, alla preghiera, alla comunicazione e all’azione. I Venti Punti di Azione per i Patti Globali si esprimono in un linguaggio legale e offrono maggiori dettagli. Sono ideati per il dialogo con Governi e organizzazioni internazionali, con la speranza di vedere queste preoccupazioni incluse nei due Patti Globali.

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Sezione Migranti e Rifugiati della Santa Sede
Papa Francesco ha consegnato ai suoi collaboratori il giubbotto salvagente di una bambina siriana di 6 anni morta nel mar Egeo insieme alla sua famiglia. Oggi si trova nella sede della Sezione Migranti e Rifugiati (M e R). A sinistra padre Michael Czerny S.I., a destra padre Fabio Baggio, entrambi sottosegretari della Sezione M e R del dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale della Santa Sede.

La Sezione Migranti e Rifugiati della Santa Sede

La Sezione Migranti e Rifugiati (M e R) è un dipartimento della Curia vaticana volto all’azione pastorale e diretto personalmente da Papa Francesco per via della sua convinzione che servano sforzi e un’attenzione speciale per assicurare che chi si vede costretto a migrare non sia escluso o dimenticato.

La Sezione M e R incoraggia la Chiesa universale ad assistere olisticamente tutti gli sfollati a causa di conflitti, disastri naturali, persecuzioni ed estrema povertà, chi fugge in cerca di sicurezza, chi viene fermato nel suo viaggio e chi è vittima della tratta di esseri umani.

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[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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