Il commento al Vangelo di oggi di don Luigi Maria EpicocoIn quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire:
«Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione.
Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone.
Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona». (Luca 11, 29-32)
Vogliamo sempre segni incontrovertibili per convincerci a vivere una vita seria. In mancanza di questi segni cerchiamo di sopravvivere scendendo a compromesso con le cose che ci circondano. Ma il vero segno, quello di Giona, è il segno della resurrezione di Cristo. E questa resurrezione non risplende in cose straordinarie ma nei volti di chi ci circonda, nel sole del mattino, o nella pioggia battente; nelle notti calde d’estate ma anche nei freddi inverni; nei sorrisi dei bambini che incontrociamo sui marciapiedi o nella pagina di un libro che si legge. Dio dissemina di segni umili tutta la nostra vita, segni che sono come piccole fessure dove filtra la luce del Risorto. Non credere a quelle fessure significa perdersi anche la Luce nella sua totalità. Un cristiano dà un grande peso a queste fessure. Un cristiano sa vedere il tutto nel frammento.
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