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10 modi per distruggere il morale dei sacerdoti

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Robert McTeigue, SJ - pubblicato il 13/10/17
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Quando è stata l’ultima volta che hai sentito parlare di adorazione come di una questione di giustizia?Volete distruggere il morale di un sacerdote? Dite o fate quanto segue:

1. “Padre, la mia parte preferita della Messa è quella del segno della pace!”
2. “Perché oggi non abbiamo fatto la cosa della coppa? Mi piace davvero!”
3. “Padre, siamo a corto di ostie – dovrei metterne di più nel taberacolo perché le possa distribuire a Messa?”
4. “La parte più importante della Messa nuziale è la candela dell’unità!”
5. “Perché non votiamo la musica che vogliamo per la Messa?”
6. “Cosa possiamo fare per rendere la Messa più divertente per i bambini?”
7. Andare a Messa indossando pantaloncini corti stinti, scarpe da ginnastica sporche e una maglietta che inneggia alla vostra rock band preferita.
8. Per ricevere la Comunione, stendete la mano e fate lo sguardo annoiato, come se il sacerdote vi stesse dando un chip per il poker gratuito per Atlantic City e voi voleste essere da qualche altra parte.
9. Vagate con lo sguardo assente con l’Ostia in mano, e quando il sacerdote sta per raggiungervi cacciatevi l’Ostia in bocca come se vi avesse dato uno sciroppo per la tosse.
10. Dopo la Messa, fate lo sguardo perplesso quando il sacerdote rimane inorridito trovando delle Ostie nei libri di preghiere, nei libretti dei canti o sotto i banchi.

Sto esagerando? Niente affatto. Sono stato testimone di ciascuna delle 10 cose elencate o perché l’ho vista di persona o perché mi è stato riferita da sacerdoti fedeli. Un presbitero, esasperato, mi ha detto: “Non so come potrò continuare a offrire la Messa in pubblico”.


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E cosa ha fatto per i laici questo approccio all’adorazione, che un sacerdote che conosco descrive come “al massimo casuale”? Ha riempito le nostre parrocchie? Ha prodotto un boom di vocazioni? Ha prodotto i santi e gli eroi di cui la Chiesa ha bisogno?

A questo punto potreste ricordare la battuta di Mark Twain “Chiunque si lamenta del tempo, ma nessuno fa niente al riguardo”. Generare lamentele e accuse sembra essere al giorno d’oggi un settore in crescita nella blogosfera cattolica, e non voglio unirmi alla serie di indici puntati.

Chiederò semplicemente una cosa: “Non possiamo avere una conversazione onesta sul modo in cui adoriamo? E non possiamo avere una conversazione onesta su come onorare Dio (o meno) influisca sulla nostra anima?”

Uno dei migliori autori ad affrontare oggi questioni di questo tipo è Peter Kwasniewski. I suoi ultimi libri, Resurgent in the Midst of Crisis e Noble Beauty, Transcendent Holiness, sono modelli di chiarezza, carità, erudizione, spirito e umile saggezza.

Kwasniewski ci offre un chiaro senso di quello che dev’essere fermato: “Dobbiamo smettere di scendere a compromessi quando si tratta di adorare Dio Onnipotente; dobbiamo evitare attentamente, o bandire dalle nostre chiese, qualsiasi mediocrità, banalità, mondanità e modernismo. Anzi, c’è di più: la creatura razionale, angelica o umana, deve a Dio un’adorazione giusta e reverente; abbiamo un dovere, più fondamentale e più urgente di qualsiasi altro dovere di giustizia, di lodare, benedire, adorare e rendere grazie alla Santissima Trinità, il nostro inizio e la nostra fine, nel modo che ha rivelato essere adatto alla sua gloria e al suo onore”.



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Parla di adorazione come questione di giustizia. Avete sicuramente sentito i cattolici parlare all’infinito di giustizia, soprattutto di giustizia sociale. Quando è stata l’ultima volta in cui avete sentito parlare di adorazione come di una questione di giustizia? Ma l’Aquinate chiarisce che la virtù della religione include “l’adorazione dovuta a Lui come fonte di ogni essere e principio di tutto il governo delle cose”. Come possiamo farlo?

Ancora una volta impariamo qualcosa da Kwasniewski: “Questo ‘senso di serietà’ è proprio quello che la solennità rituale o cerimoniale serve a promuovere creando e promuovendo il giusto atteggiamento in chi adora – la consapevolezza che siamo, o che saremo presto, in ginocchio di fronte al Re dei Re e Signore dei Signori, il Salvatore Crocifisso e Risorto nascosto sotto il velo della Santa Eucaristia, e che questa posizione privilegiata richiede da noi il massimo grado di umiltà, adorazione e anelito alla santità. Solo quando queste virtù (e altre simili a loro) caratterizzano, in modo visibile e udibile, ogni aspetto della nostra adorazione pubblica abbiamo una liturgia autenticamente sacra, fedele alla sua natura immutabile, e quindi spiritualmente sana per tutti coloro che vi partecipano”.


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Questo “senso di serietà” nell’adorazione di cui parla è un bisogno umano fondamentale, riconosciuto da uomini saggi nel corso dei tempi. Secoli prima di Cristo, il filosofo Platone ha scritto: “Lascia allora che i genitori lascino in eredità ai loro figli non solo ricchezze, ma lo spirito di reverenza”. Per amore di Dio e del prossimo, per il bene della morale di sacerdoti fedeli ma scoraggiati, possiamo avere una conversazione onesta e caritatevole sull’adorazione degna nei confronti di Dio?

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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