Si aprono nuove prospettive per combattere l’obesità Come diceva la celebre frase? Gli italiani un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori… ma anche di buongustai e obesi!
Eh sì, perché secondo i dati del rapporto Osservasalute 2016, che fa riferimento ai risultati dell’Indagine Multiscopo dell’Istat: “Aspetti della vita quotidiana”, in Italia nel 2015, più di un terzo della popolazione adulta, il 35,3%, è in sovrappeso, mentre una persona su dieci è obesa (9,8%); complessivamente, il 45,1% dei soggetti di età superiore ai 18 anni ha un peso eccessivo.
Le Regioni meridionali registrano la prevalenza più alta di persone maggiorenni obese (Molise 14,1%, Abruzzo 12,7% e Puglia 12,3%) e in sovrappeso (Basilicata 39,9%, Campania 39,3% e Sicilia 38,7%) rispetto a quelle settentrionali (obese: Provincia autonoma di Bolzano 7,8% e Lombardia 8,7%; sovrappeso: Provincia autonoma di Trento 27,1% e Valle d’Aosta 30,4%). (Epicentro, il portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica)
Alla luce di questi numeri, in gran parte estensibili a tutta la società occidentale, la recente scoperta degli scienziati dell’università di Warwick sui neuroni che controllano l’appetito appare davvero interessante e densa di prospettive applicative.
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I TANICITI: producono senso di sazietà
Il 28 settembre infatti il sito dell’Ansa ci ha informati di questo studio pubblicato sulla rivista Molecular Metabolism sui neuroni che regolano la fame. Si chiamano “taniciti” e in presenza di specifiche molecole, gli amminoacidi, in particolare arginina e lisina presenti in svariati alimenti comuni, producono senso di sazietà.
I taniciti sono un gruppo di neuroni presenti nell’ipotalamo, una regione del cervello già nota agli scienziati per essere coinvolta nel controllo del peso, del metabolismo e dell’appetito.
La scoperta suggerisce che preferendo cibi ricchi di arginina e lisina, come merluzzo, albicocche, avocado, mandorle, lenticchie ecc… si possa produrre più facilmente e rapidamente il senso di sazietà.
Gli studiosi infatti hanno rilevato che sulla superficie dei taniciti sono collocati dei recettori specifici per gli amminoacidi, gli stessi recettori presenti sulla lingua, nelle papille gustative, per percepire il sapore “umami”, il quinto gusto scoperto nel secolo scorso in Giappone che si è aggiunto ai quattro classici: salato, dolce, acido, amaro.
L’umami è appunto il sapore caratteristico associato agli amminoacidi. Studiando con tecniche molto sofisticate i taniciti, gli esperti hanno scoperto che, non appena sentono la presenza degli amminoacidi, in particolare arginina e lisina, si attivano inviando un messaggio di sazietà.
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La World Obesity Federation
Proprio oggi il sito de Il Corriere della Sera riporta che l’obesità sta assumendo le caratteristiche di una vera e propria epidemia e, se questa non è una novità, lo sono i dati che ha fornito la World Obesity Federation, la Federazione mondiale sull’obesità. Secondo la WOF le principali malattie causate dall’obesità: cancro, diabete, infarti, malattie dello scheletro e patologie cardiache in genere, arriveranno – a partire dal 2025 – a far pagare alle società la cifra stratosferica annuale di 12 milioni di miliardi di dollari.
Risulta quindi fondamentale per contrastare la diffusione dell’obesità che la ricerca scientifica individui terapie naturali o molecole di sintesi in grado, sostanzialmente senza effetti collaterali, di regolare il senso della fame che, insieme alla sedentarietà e all’attuale consumo di cibi ad alto contenuto calorico, risultano insieme alla familiarità i fattori determinanti l’accumulo di grasso.
In passato infatti sono stati introdotti numerosi farmaci anoressanti, per la gran parte con caratteristiche di tipo anfetaminico, che hanno però dimostrato di produrre gravi effetti collaterali per cui sono stati di volta in volta ritirati dal commercio.
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Come combattere la fame nervosa?
Quest’estate ci eravamo interessati al fenomeno della “fame nervosa o emozionale”, la tendenza che hanno alcuni individui, soprattutto le donne, a mangiare senza una reale necessità di nutrimento.
Chissà se anche in questi casi la scoperta dei neuroni “spegni fame” potrà essere d’aiuto per le persone che usano il cibo a scopo compensatorio?