Uno dei suoi romanzi è sorprendentemente pro-cattolicodi Juan Diego Caicedo González
C’è stata un’epoca in cui in molte case, almeno molte più di oggi, si leggeva regolarmente la Bibbia in famiglia. Il progressivo abbandono di questa abitudine tradizionale è stato constatato dal grande poeta cristiano T.S. Eliot (importantissimo dal punto di vista della sua opera critica per la diffusione e la promozione di buona parte della miglior letteratura della prima metà del secolo scorso) come una perdita di notevole calibro non solo per la religiosità, ma anche per la cultura in generale.
La Sacra Scrittura educa in ogni senso allo spirito religioso giudaico-cristiano, ma anche, in termini di un’ampiezza non paragonabile, alla sensibilità nei confronti della parola, della bellezza e del saper apprezzare quelli che sono i tesori culturali dell’umanità, qualunque ne sia la provenienza. Eliot insisteva su questo, come aveva fatto in precedenza anche Goethe, un agnostico che stimava molto il cristianesimo.
In un’epoca in cui la buona lettura era più diffusa, accanto alla Bibbia non mancavano nelle biblioteche familiari libri di vari autori importanti, uno dei quali spicca su tutti: Charles Dickens.
Chi non ha sentito parlare del signor Scrooge, Oliver Twist o David Copperfield?
I padri di famiglia erano convinti, e a ragione, che la lettura di una o varie delle opere di questo autore potesse essere molto utile ai figli nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza, da questa alla gioventù e dalla gioventù alla maturità, e ovviamente anche per loro stessi. Dickens può essere considerato lo scrittore per eccellenza della famiglia e della casa, dell’infanzia e della solidarietà sociale. Un autore che, come direbbe Beethoven, scriveva dal cuore per il cuore.
Uno dei migliori conoscitori della sua opera, lo scrittore russo e studioso di letteratura Vladimir Nabokov, lo esprimeva così, parlando di uno dei suoi romanzi: “Tutto ciò che dobbiamo fare leggendo Casa Desolata è rilassarci e lasciare che sia la nostra spina dorsale a dominare. Anche se leggiamo con la mente, il centro della fruizione artistica si ritrova nelle nostre scapole. Quel piccolo brivido è sicuramente la forma più elevata di emozione che l’umanità sperimenta quando raggiunge l’arte e la scienza pura. Rendiamo culto al midollo spinale e al suo formicolio. Dobbiamo essere orgogliosi di essere vertebrati, perché siamo dei vertebrati nella cui testa risiede la fiamma divina. Il cervello non è altro che il prolungamento del midollo, ma lo stoppino percorre tutta la candela dall’alto in basso. Se non siamo capaci di sperimentare quel brivido, se non possiamo godere della letteratura, allora lasciamo tutto e limitiamoci alla televisione e al romanzo della settimana. Ma credo che Dickens dimostrerà di essere più forte”.
Il caso di Barnaby Rudge
Tra le tante opere di Dickens, c’è un romanzo spesso poco valorizzato dai cuori freddi o da chi si lamenta che la sua prosa sia troppo emotiva e sentimentale, nonostante gli elogi di Nabokov, di Franz Kafka, che invidiava il suo talento narrativo, o di Fëdor Dostoevskij, al quale sembrava encomiabile il cristianesimo che esprimeva. Si tratta di Barnaby Rudge, un romanzo storico, genere al quale lo scrittore apportò anche il suo Racconto di due città. Il primo è ambientato al tempo dei disordini londinesi del 1780, il secondo si svolge nel contesto della Rivoluzione francese. Le due opere hanno molto in comune, soprattutto perché sono studi spassionati della psicologia delle masse e del fanatismo, il vero fanatismo sanguinario e distruttore che può arrivare facilmente a dominare le menti e le azioni dei nemici più selvaggi e recalcitranti della fede.
Barnaby è un ragazzo che soffre di difficoltà a livello mentale, nato da un’unione non desiderata della madre con un individuo di bassa indole, scaltro e brutale, uno dei protagonisti della rivolta per motivi di odio personale. Barnaby pecca innanzitutto di ingenuità e credulità, visto che non è del tutto ritardato.
Durante i disordini dell’anno menzionato, prodotto delle macchinazioni politiche guidate da lord George Gordon, un anglicano che nutre un odio viscerale nei confronti dei cattolici, il ragazzo si relaziona con gli agitatori popolari.
I disordini, che consistono in una persecuzione accanita contro i cattolici, ai quali vengono bruciate le abitazioni e che si obbligano a fuggire da Londra (sono fatti storici), non sono controllati dalle autorità cittadine, complici per vari giorni della malvagità di Gordon, un capo religioso e parlamentare pieno di complessi e limitazioni, sia fisici che psicologici, descritto magistralmente da Dickens. Alla fine intervengono le truppe ufficiali per cercare di porre fine alle agitazioni, ma la distruzione è già stata devastante, incluso il fatto di aver dato alle fiamme una prigione uccidendo molti reclusi, che si cercava invece di favorire per liberarli.
Una delle prime decisioni rivoluzionarie è sempre stata quella di spezzare le catene nelle carceri per reclutare assassini che si mettessero al servizio del caos e della morte, come lo scrittore mostra anche nel Racconto di due città. D’altra parte, la crudeltà e il sadismo degli eserciti popolari e i servizi di intelligence dei Fouché e Beria rispettivamente nella Francia rivoluzionaria e nella Russia comunista, o nel Venezuela di un Nicolás Maduro, richiedono questo tipo di antisociali.
Usato dagli agitatori, Barnaby, convinto di essere un piccolo eroe, compagno di lotta di valorosi figli del popolo, viene imprigionato, processato e condannato a morte quando viene trovato insieme a questi e sospettato di complicità. Uno dei tratti più geniali dell’invenzione dickensiana è quello che il ragazzino con la mente un po’ limitata abbia un animale da compagnia di rara intelligenza, un corvo parlante, Grip, che si ingegna per comunicare con gli esseri umani come se fosse uno di loro. È la creatura che ha ispirato la nota opera Il corvo di Edgar Allan Poe, come il poeta stesso riconobbe apertamente.
Alla fine, il ragazzino viene salvato dall’esecuzione dai personaggi positivi della trama, che come quelli più cinici e demoniaci non mancano mai nell’opera di una persona che credeva ciecamente nel fatto che presto o tardi la giustizia del cielo si impone per punire o premiare, convinzione cristiana che traspare molto serenamente in tutti i capitoli finali dei romanzi di Dickens.
Il ruolo agitatore dell’odio
Il rancore nei confronti dei cattolici cresce in Barnaby Rudge come una piaga. La zizzania viene seminata con insidia da Gordon e dai suoi seguaci. A poco a poco si forgia una rivolta alla quale ogni vero credente dev’essere preparato nei periodi come il nostro presente, ai quali forse si riferiva San Giovanni Eudes quando parlava della più terribile persecuzione contro la Chiesa mai conosciuta, quella che sta iniziando al giorno d’oggi:
“Se un uomo si fosse sporto dal ponte di Londra per gridare fino a perdere il fiato a tutti i passanti di unirsi a Lord George Gordon, anche se per uno scopo che nessuno comprende, e che per questo motivo avesse avuto un certo fascino proprio, è probabile che avrebbe influito su una ventina di persone in un mese. Se tutti i protestanti zelanti fossero stati sollecitati pubblicamente a unirsi a un’associazione con lo scopo riconosciuto di cantare uno o due inni di tanto in tanto, ascoltare qualche sermone e alla fine chiedere al Parlamento di non approvare la legge per abolire il Codice Penale contro i sacerdoti cattolico-romani, la pena della prigione perpetua promulgata contro chi educa i bambini in questo credo e l’esclusione di tutti i membri della Chiesa romana dalla possibilità di ereditare beni nel Regno Unito per diritto acquisito o discendenza, questioni tutte così lontane dall’interesse o dalle inclinazioni della massa, forse si sarebbe riusciti a raggiungere un centinaio di persone”.
“Ma quando circolarono le voci sul fatto che questa associazione protestante [qui sono i cattolici che sono dichiarati curiosamente protestanti da Dickens, perché protestano nel modo più pacifico e in franca minoranza contro leggi ingiuste e discriminatorie. Chi saranno davvero i discriminati in questi casi?] si stava concentrando un potere segreto contro il Governo per fini indefiniti e importanti; quando l’aria era piena di sussurri su una cospirazione tra i poteri papisti per degradare e schiavizzare l’Inghilterra, stabilire l’Inquisizione a Londra e trasformare i banchi del mercato di Smithfield in gogne; quando si offrivano costantemente al pubblico motivi di terrore e allarmi che nessuno comprendeva, fuori e dentro il Parlamento, da parte di qualche entusiasta che non capiva nemmeno se stesso, e i fantasmi che riposavano tranquillamente nella loro tomba da secoli si alzavano di nuovo per perseguitare gli ignoranti e i creduloni [nelle opere dickensiane c’è sempre un riferimento ai fantasmi]; quando tutto si svolgeva, per così dire, nell’oscurità e gli inviti segreti a unirsi alla Grande Associazione Protestante in difesa della Religione, della Vita e della Libertà si diffondevano nelle pubbliche vie, si gettavano sotto le porte delle case, si lanciavano dalle finestre e si sfregavano tra le mani di chi girava di notte; quando splendevano su tutti i muri e brillavano sui pilastri di modo che troni e pietre sembravano contagiati dal terrore comune, invocando tutti gli uomini a unirsi ad occhi chiusi per resistere, senza sapere a cosa o perché, allora quella mania si diffuse davvero, e il gruppo che continuava a crescere giorno per giorno arrivò a 40.000 unità”.
L’ondata di odio si diffonde e avanza con un furore tremendo fino a coinvolgere buona parte della popolazione di Londra. Gordon e il suo braccio destro, con il quale finisce per scontrarsi, sono riluttanti a che il Parlamento ceda alla richiesta dei cattolici di essere considerati con uguali diritti rispetto agli anglicani.
Profondo conoscitore della psicologia delle masse, come mostra non solo nel Racconto di due città, ma anche in Tempi difficili e Oliver Twist (in quest’ultimo caso le masse hanno un comportamento migliore, anche se godono dello spettacolo della morte del criminale incallito Sikes, assassino della sua concubina Nancy), l’insigne romanziere crea il formidabile spettacolo letterario delle passioni più distruttive esacerbate, simili alla caccia nazista alle streghe e al più feroce fanatismo della storia, quello delle rivoluzioni di progetti politici totalitari, che ha provocato più vittime letali: migliaia durante il terrore della Rivoluzione francese, tra i 25 e i 30 milioni nell’Unione Sovietica di Lenin e Stalin, secondo stime degli storici più competenti, 70 milioni nella Cina di Mao Tse Tung e della sua Rivoluzione Culturale, in base al serio studio di Jung Chang e Jon Hallyday Mao, la storia sconosciuta.
A questo è seguito il massacro di Tiananmen ad opera dei soldati agli ordini di Deng Xiaoping, il riformista successore di Mao, e questa volta sono state le masse di studenti ad essere massacrate, come fa oggi Nicolás Maduro. Chi sembra difendere di più le masse nella storia degli ultimi secoli è diventato il suo peggior nemico. Curiosamente, sono queste persone di sinistra che accusano la Chiesa cattolica di fare ciò che sono invece proprio loro a fare.
La frenesia di annichilire in questo romanzo di Dickens è così feroce che finisce per provocare vittime tra gli stessi autori dell’incendio di una casa:
“C’erano altri che lanciavano le loro torce accese in aria, lasciando che cadessero sulle loro teste e sui loro volti, sollevando la pelle con profonde e tremende bruciature, e chi si gettava nel fuoco e ci sguazzava come se fosse nell’acqua, mentre c’erano altri ai quali la forza impediva di gettarsi su di esso, facendo sì che non mettessero in atto la loro ansia mortale. Sul cranio di un ragazzo ubriaco, che in base al suo aspetto non aveva ancora vent’anni e giaceva a terra con una bottiglia portata alla bocca, cadeva dal tetto un getto di piombo fuso, come in una pioggia di fuoco liquido, che gli fondeva la testa come se fosse cera. Quando le squadre disperse si riunirono, si tirarono fuori dalle cantine degli uomini, ancora vivi ma bruciati come da ferri incadescenti sulle spalle degli altri che si sforzavano di risvegliarli con storielle oscene e lasciavano i loro cadaveri nei corridoi degli ospedali. Ma tra tutta la folla urlante nessuno provava pietà né ripugnanza per quegli spettacoli, e non si è saziata quella furia tremenda, stupida e crudele”.
Questo succedeva nell’ultima notte dei disordini:
“Per strada, e in tutte le grate e le fenditure tra i ciottoli, scorreva un fiume di alcool; mani impazienti lo mescolavano, si versava sui marciapiedi e formava un grande stagno nel quale dozzine di persone affondavano la testa. Intorno a quella pozza tremenda giacevano mariti e mogli, padri e figli, madri e figlie, donne coi bambini in braccio e bambini che venivano allattati fino a morire. Alcuni si chinavano per accostare le labbra verso quel liquido e non rialzavano più la testa, altri saltavano in piedi dopo aver bevuto in preda a una vera furia e si mettevano a ballare, mezzi pazzi dalla gioia, mezzi affogati dal fuoco interiore, finché non cadevano al suolo e i loro cadaveri si incrostavano nel liquido che aveva provocato loro la morte. (…) Alcuni uomini erano tirati fuori vivi, ma trasformati in un tizzone ardente dalla testa ai piedi (…) In quest’ultima notte dei grandi disordini (perché in effetti fu l’ultima notte), le disgraziate vittime di una pazza ingiunzione furono trasformate in polvere e cenere dalle fiamme che loro stesse avevano appiccato”.
Era un assiduo lettore della Bibbia a scrivere questo. Non si respirano nella sua prosa accesa e visiva, fatte salve le proporzioni, echi delle ammonizioni dei profeti dell’Antico Testamento e dell’Apocalisse? A scrivere queste cose non era un misantropo rivoltato contro la condizione umana, ma uno dei romanzieri più convinti dell’esistenza di un bene ineffabile, di un Dio amorevole nei confronti delle sue creature. Un araldo dello scontro fraterno tra gli umani e dell’incanto degli animali, che scriveva così del corvo parlante, Grip, inseparabile dal suo padrone Barnaby, che non esita ad accompagnare anche in carcere:
“Accorse immediatamente un fabbro e lo gravò (Barnaby) di un giogo di pesanti catene. Camminando come poteva sotto quel peso straordinario, venne condotto in una cella rinforzata costruita di pietra, dove venne lasciato al sicuro dopo aver chiuso la porta con serrature e catene. Ma prima, e senza che Barnaby lo vedesse, gettarono dentro Grip, che con la testa piegata e le penne nerissime stropicciate e in disordine sembrava comprendere e condividere le disgrazie del suo padrone”.
Lo scrittore più preoccupato dei bambini
Il carcere, come sa bene chiunque abbia letto le sue opere, è una costante in Dickens, un autore che fece del materiale autobiografico la base da colmare con immaginazione e fantasia. La sua vita, trasportata nel campo della finzione, finisce per essere avvolta da queste ultime, pur continuando ad essere un fondamento indispensabile. Avendo visto il padre finire per debiti nel carcere di Marshalsea, Dickens conservò vive nella sua mente tutte le impressioni sordide e laceranti che suscita un centro di reclusione. Educato tardivamente e pieno di vergogna per i problemi paterni, dovette andare a lavorare fin da molto giovane in una fabbrica di bitume per sfamarsi e aiutare la famiglia.
“Please, sir, I want some more [Per favore, signore, ne vorrei un altro po’]”: la scena più famosa delle tante versioni cinematografiche di Oliver Twist; in questo caso, quella girata nel 1948 da David Lean.
La simpatia che Dickens provò sempre per i bambini non ha paragone nella letteratura universale. La piccola Dorrit, del romanzo omonimo, forse uno dei suoi capolavori; Oliver Twist, Nicholas Nickleby, maltrattato senza pietà a scuola, con una sorte simile a quella di David Copperfield, il più esteso racconto dickensiano sui legami e le differenze tra le tappe successive della vita di un uomo, con la sua formidabile galleria di personaggi, stravaganti e audaci o dolci e pazienti, un libro che tutti dovrebbero leggere con la sicura conseguenza, se si riuscisse a ottenere nell’utopia letteraria, di un’umanità migliore, tale è la forza della narrativa che contiene; la Nell de La bottega dell’antiquario, ispirato alla cognata scomparsa prematuramente; il piccolo Pip della prima parte di Grandi speranze, Esther e i suoi parenti orfani della Casa desolata, e soprattutto Florence, la figlia non desiderata di Dombey e figlio, uno dei suoi capolavori, parlano di bambini indifesi, assediati da miseria e incomprensione, da abusi di ogni tipo e maltrattamenti indicibili, che in una lotta pervicace cercano di sovrapporsi al dolore, aiutati da interventi provvidenziali. Ovviamente a Dickens non è mai venuto in mente che per evitare la sofferenza di quei bambini e delle loro madri sarebbe stato raccomandato l’aborto.
Visione cristiana della vita
Barnaby è uno di questi bambini, che sognano un’armonia familiare sconosciuta nei loro primi anni; bambini che quando raggiungono la maturità, come Copperfield e Nickleby (non è il caso di Barnaby, che ha la stessa età dall’inizio alla fine, visto che il romanzo abbraccia solo qualche settimana), trovano alla fine la pace per sposarsi, come in una favola. Dickens, come abbiamo già detto, nobilita la famiglia, comprendendo come pochi il valore dell’educazione e della crescita interiore, del carattere che si va formando contemporaneamente alla crescita biologica e che sfocia in una maturità di valori e principi. Acuto osservatore anche della politica, della corruzione, della burocrazia e dell’ipocrisia della religione malintesa, dovette coprire come giornalista alcune sessioni del Parlamento britannico. La sua visione di questi mondi di potere ormai insediatisi al vertice della società come piaghe sociali, lo rende uno degli spiriti più critici della letteratura universale. I maneggi politici e gli scandali finanziari di corruzione dei quali parla in Casa desolata e La piccola Dorrit sembrano tratti da un quotidiano del 2017.
La vita di Dickens non è stata propriamente un modello di moralità – divorziò e visse in concubinato con un’attrice più giovane di lui (amava il teatro, al quale rende omaggio in Nicholas Nickleby), con la quale a quanto sembra ebbe un figlio che scomparve.
Vari dei suoi figli, quelli di una famiglia numerosa, si lamentarono di un eccessivo rigorismo nella sua condotta paterna, ma come diceva uno di loro era un uomo profondamente cristiano, come si percepisce chiaramente in ciascuna delle sue opere, che includono una Vita di Cristo, scritta particolarmente per loro e per i bambini in generale, e l’immortale Canto di Natale, l’immensa e al tempo stesso semplice parabola del Giudizio Finale e del destino eterno degli uomini.
Trascinando folle che lo leggevano come oggi assistono a un film o a una serie televisiva di moda, incidendo come autorità indiscussa sull’opinione pubblica con la sua opera di scrittore e giornalista, mettendo il dito nella piaga dei problemi più scottanti del suo tempo, Dickens, insieme a pochi altri intellettuali inglesi, favorì un cambiamento di grande portata nella società della sua epoca. La sua opera è stata così cristiana che più di un anglicano si è poi proposto, in parte grazie alla sua influenza, di rinnovare quella Chiesa, e non riuscendoci di abbandonarla per aderire alla Chiesa cattolica. L’eredità dickensiana si nota anche nell’amore per la gioventù, l’educazione e la letteratura del beato cardinale John Henry Newman, una delle figure da ricordare con più assiduità nel cattolicesimo attuale, e questa eredità si nota ancor di più nella ricerca di un cristianesimo autentico, fino ad arrivare alla conversione al cattolicesimo, del forse futuro beato e santo G.K. Chesterton.
Chesterton: Dickens, riformatore sociale
Quest’ultimo ha capito perfettamente il significato di Dickens come autentico riformatore sociale, considerando l’autore de La piccola Dorrit per quello che era, un portavoce dell’uomo comune, delle necessità e degli aneliti più universali; una persona che è rimasta fedele fino alla fine della sua vita agli ideali del diritto e della libertà ben intesi, senza derive opportunistiche, demagogiche o menzognere:
“I segni dei suoi colpi sono rimasti nell’amministrazione parrocchiale, negli ospizi e negli ospedali, nelle cerimonie funebri, nelle esecuzioni pubbliche, nei laboratori penitenziari, nel Tribunale della Cancelleria. Tutte queste istituzioni non sono più ciò che erano. (…) In tutte queste realizzazioni pratiche, la partecipazione di Dickens è stata molto importante, e tale che nessuno può metterla in dubbio. Dickens è stato sicuramente ottimista, ma un ottimista singolare, efficiente e utile. Era certamente un sentimentale, ma dei più pratici”.
Tornando ai rapporti della letteratura con il cuore, forse la virtù principale di Dickens è la tenerezza. Tenerezza nei confronti degli afflitti, per un motivo o per l’altro. Tenerezza nei confronti dell’umanità addolorata. Tenerezza nei confronti della sofferenza che per molto tempo non dà tregua, anche se, come si è già detto, non manca la consolazione definitiva. Sicuramente sapeva che la massima espressione di tenerezza deriva dalla croce, dal cuore di Gesù, il Signore.
Resterebbero da dire ancora moltissime cose, a cominciare dall’umorismo brillante, nella migliore tradizione di Shakespeare e Henry Fielding (Tom Jones), uno dei romanzieri preferiti di Dickens. Raramente ci si diverte tanto come quando si leggono le Carte postume del Circolo Pickwick, il suo primo romanzo pubblicato, o gli appunti ironici e satirici sul comportamento degli statunitensi in Vita e avventure di Martin Chuzzlewit.
Si dovrebbe poi parlare del suo amore per la buona conversazione e l’euforia che accompagna il buon vino, quando lo beve chi si relaziona con sentimenti di trasparente amicizia, cordialità e nobile simpatia, che Chesterton gli riconosceva con entusiasmo. Non c’è niente, ad ogni modo, come leggere Dickens. Più lunghi e maturi sono i suoi romanzi, più piacere apportano e più suscitano la voglia di fare qualcosa per l’umanità. La sua influenza tanto positiva ricorda quella di altri libri che tanto hanno fatto per cambiare il mondo, come Don Chisciotte, Il libro della Vita di Santa Teresa e Storia di un’anima della seconda e più giovane Teresina.
Quanto hanno bisogno gli uomini di questi libri e di scrittori come Dickens!
[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]