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I sette peccati capitali di Internet

Satana come raffigurato nel nono girone dell'Inferno di Dante, illustrato da Gustave Doré.

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Daniel R. Esparza - Aleteia USA - pubblicato il 02/10/17
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In una conferenza del 2011, trascritta dal The Wall Street Journal e ripubblicata di recente da The Atlantic, uno dei fondatori di LinkedIn, Reid Hoffman, ha suggerito una teoria che spiegherebbe il successo o il fallimento dei social network: ciascuno è collegato in più modi a uno dei sette vizi capitali. Non è un’idea tanto peregrina: Facebook è la vanità, Netflix l’accidia e Tinder è ovviamente la lussuria.

La domanda che si è posto Hoffman è semplice: perché i social networks, che sono di fatto di successo, hanno così poco (o nulla) a che vedere con le buone cause o con i bisogni reali?



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A suo avviso, il motivo è che queste cause e questi bisogni non sono abbastanza “peccaminosi”. Robinson Meyer, di The Atlantic, ha descritto le possibili relazioni tra i social network più popolari e i sette vizi capitali.

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La domanda che si è posto Hoffman è semplice: perché i social networks, che sono di fatto di successo, hanno così poco (o nulla) a che vedere con le buone cause o con i bisogni reali? A suo avviso, il motivo è che queste cause e questi bisogni non sono abbastanza “peccaminosi”.

Lussuria: Secondo l’Inferno di Dante, le anime lussuriose rimangono intrappolate per sempre in un uragano che non dà loro tregua. Gli utenti di Tinder potrebbero vivere un’esperienza simile: quella di far scivolare il dito a destra nell’applicazione senza mai trovare qualcuno con cui iniziare un rapporto serio.

Gola: Instagram è per i golosi. Il personaggio mitologico di Tantalo venne punito nel Tartaro, di modo che ogni volta che cercava di mangiare o di bere la frutta o l’acqua si allontanava da lui. Allo stesso modo, quando esploriamo Instagram ci addentriamo in un fiume di immagini condivise da buongustai che che mostrano cibi che non possiamo mangiare – almeno non sullo schermo.

Avarizia: Dante spiega che le anime degli avari sono condannate a lottare tra loro per sempre all’inferno, gettando pesi incommensurabilmente gravosi gli uni sugli altri. Secondo Meyer, è simile alla competizione professionale che si constata su LinkedIn.

Accidia: anche se non è un social network, Netflix è uno dei modi preferiti per perdere tempo al giorno d’oggi – anche se lo chiamiamo “procrastinare” anziché “pigrizia”.

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Nel quinto girone infernale Dante, gli iracondi sono condannati ad attaccarsi a vicenda continuamente, senza che no di loro riesca a prevalere sugli altri. Non è un'esatta descrizione delle nostre argomentazioni su Twitter?

Ira: nel quinto girone infernale Dante, gli iracondi sono condannati ad attaccarsi a vicenda continuamente, senza che no di loro riesca a prevalere sugli altri. Non è un’esatta descrizione delle nostre argomentazioni su Twitter?

Invidia: fondamentalmente, l’invidia ci fa sentire così desiderosi di ciò che non abbiamo che finiamo per non apprezzare ciò che possediamo davvero. Ecco Pinterest.

Orgoglio: ci sono varie opinioni sull’orgoglio, il peggiore di tutti i peccati, che consiste in sostanza nel credere di essere migliori del prossimo. Hoffman dichiara che l’orgoglio corrisponde a Facebook. Secondo Meyer, però, è Medium (o una delle altre piattaforme di blogging) che potrebbe incarnare l’orgoglio. È un modo per dire: “So come dire ciò che pensi di sapere, e come dirlo meglio, quindi vai avanti e condividi il mio articolo”.

Ma se Facebook non è l’orgoglio allora cosa lo è? La vanità o la vanagloria è l’illimitata e infondata fiducia nella propria capacità di attrazione, e un incontrollabile desiderio di lodarla. Secondo Meyer, è questo che attira le persone a Facebook: la capacità di offrire on-line la miglior versione possibile della propria vita, maneggiandone attentamente gli alti e bassi.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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