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Alla consacrazione volevo offrirmi per un ragazzo malato, ma ho avuto paura

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Silvia Lucchetti - Aleteia Italia - pubblicato il 27/09/17
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Vorrei davvero come lui infilare le mani senza paura dentro le cose dolorose e avere la certezza che lì non si muoreIeri pomeriggio per la tredicesima edizione della festa patronale “Santa Maria Causa Nostrae Laetitiae”, la parrocchia ha organizzato recita del Rosario e Santa Messa all’aperto, nel parco del mio quartiere.

È sempre bello celebrare fuori, con sottofondo di voci di bambini sugli scivoli e rumore di salti e frenate di bicicletta. E poi passano le macchine, si fermano i pedoni, e anche se non si avvicinano per partecipare ti vedono lì, e magari pensano a qualcosa, si ricordano di quando tanti anni fa anche loro con la nonna andavano in chiesa. Non lo so. Però credo sia una testimonianza forte. Soprattutto in un tempo secolarizzato come il nostro.



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Mia madre ed io siamo arrivate un po’ in ritardo, al secondo mistero doloroso. Le sedie erano tutte occupate, allora ci siamo appoggiate sul muretto. Quando si è liberato un posto sono andata a sedermi e solo in quel momento mi sono accorta che c’era davanti, vicino al cancello, una signora con un ragazzo agitato, ho pensato subito fosse autistico (ma non so se sia davvero quella la malattia di cui soffre) con la maglietta dei Blink 182.

Io del gruppo pop punk (non lo dice solo Wikipedia ma lo confermano anche i miei cugini, quindi mi fido) ricordo solo la canzone “All the small things”, una mia amica di scuola era loro fan e me la cantava sempre saltellando super carica.

Vedendolo sulla sedia a rotelle ho subito pensato che non potesse camminare. Invece ad un certo punto, al “Oh Gesù mio, perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell’inferno” di non so più quale mistero, si è alzato in piedi di slancio e ha fatto sparire le sue mani e le sue braccia dentro il verde fitto della siepe, chissà cosa cercava… quale tesoro. È rimasto così parecchi secondi e poi cha cambiato lato e di nuovo ha nascosto le braccia tra i rami, sorridendo.

Durante la messa ogni tanto lo guardavo, la signora che era con lui gli restava accanto, lo accudiva, lo controllava, aveva il viso sereno e sorridente, ma chissà quanta stanchezza a volte! Quante preoccupazioni!

Nel momento della consacrazione ho sentito il desiderio di offrirmi, di offrire qualcosa per quel ragazzo. Mentre lo pensavo però ho avuto un attimo di paura, di dubbio nei confronti del Signore. Come Pietro che cammina sulle acque ma poi dubita e comincia ad affondare. Infatti ho messo le mani sopra la pancia e ho pensato al mio bambino che porto per Grazia in grembo. E se quello che stavo offrendo poteva danneggiarlo?


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Eccomi in acqua, impaurita come Pietro. Mi vergogno un po’ a scriverlo, come mi son vergognata ieri a pensarlo. In fondo ho come avuto timore di perdere qualcosa. La mia felicità? Il benessere di mio figlio? Però avvicinarsi alla sofferenza e al dolore degli altri a volte può far paura, come se farlo potesse togliere a noi, alle nostre vite a cui ci attacchiamo in maniera esasperata, come se da quello dipendesse la nostra gioia. Dallo stipendio, dalla salute, dal lavoro, dalla casa, dai progetti.

Stamattina mentre leggevo il commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco, mi sono posta questa domanda: da dove viene la mia forza? La mia felicità? Da quello che faccio, da qualcosa che possiedo o da Qualcuno?

Vorrei davvero che la mia forza venisse soltanto da Gesù!

Vorrei davvero, come il ragazzo con la maglietta dei Blink 182, infilare le mani senza paura dentro le cose dolorose e buie e avere la certezza che lì non si muore, che lì si trova il tesoro, che lì c’è risurrezione!

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