Il Presidente filippino sembra rispettare l’arcivescovo di Manila. Cosa sta succedendo?Da quando Rodrigo Duterte è arrivato al potere nel maggio 2016, più di 7.000 cittadini filippini accusati di essere coinvolti nel traffico di droga sono stati uccisi. A nessuno è stata offerta la riabilitazione, o un giusto processo. Molti erano minorenni e bambini. Le vittime più recenti sono due ragazzi uccisi dalla polizia a colpi di arma da fuoco. Questa ondata di omicidi sotto gli occhi di Duterte ha fatto infuriare esperti, policymakers, accademici e scuole cattoliche. E a ragione.
C’è tuttavia una voce pubblica che sembra essere rimasta in silenzio: quella del cardinale Luis Tagle. Cosa insolita, vista l’influenza morale che ha come arcivescovo di Manila e il rispetto che il Presidente nutre nei suoi confronti.
Facendo un po’ più di attenzione, tuttavia, si capisce che il cardinale ha preso posizione. Da quando Duterte è stato eletto, il porporato ha denunciato la violenza e gli omicidi in qualsiasi forma, ma sempre senza colpire il Presidente, sottolineando il bisogno di unità piuttosto che di divisione, dell’azione redentiva piuttosto che della critica.
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Ecco una cronaca delle sue dichiarazioni principali sugli omicidi extragiudiziari, dall’agosto 2016 ai due recenti di questo mese. Ciascuna mostra il suo coraggio morale, ma anche la sua convinzione che chiunque meriti una possibilità di redenzione – cittadino o Presidente, poliziotto o persona sospettata di coinvolgimento nel traffico di droga:
29 agosto 2016 – Sulla radio cattolica ha detto agli ascoltatori di tenere a mente non solo gli omicidi extragiudiziari, ma qualsiasi forma di omicidio.
23 ottobre 2016 – La sua diocesi ha lanciato un programma di disintossicazione dalle droghe su base parrocchiale, mostrando che le alternative efficaci sono un’argomentazione più potente delle parole.
11 dicembre 2016 – Ha pronunciato un’omelia su come bisogna offrire ai peccatori aiuto e non morte.
8 gennaio 2017 – Ha celebrato una Messa per gli ex tossicodipendenti. Ciascuno di loro è un segno vivente del messaggio del mese prima.
20 agosto 2017 – Dopo una pausa di otto mesi, ha diffuso una dichiarazione pastorale che esprimeva i suoi punti di vista sugli omicidi. La dichiarazione è giunta in risposta all’omicidio di Kian de los Santos, un 19enne sospettato dalla polizia di essere coinvolto nello spaccio di droga.
In questa dichiarazione, anziché discutere la sua posizione nel dibattito politico, il cardinale ha aperto con un appello all’unità. Nel primo paragrafo ha ricordato ai filippini che, indipendentemente dalle fazioni, tutti vogliono ciò che è meglio per il popolo. Tutti i filippini vogliono liberare il Paese dalle droghe illegali e dai loro effetti disumanizzanti:
In primo luogo, tutti i filippini concordano sul fatto che la minaccia delle droghe illegali è reale e distruttiva. Dobbiamo affrontare questo problema e agire insieme come un unico popolo. Purtroppo il problema ci ha divisi. Considerando la complessità della questione, nessun individuo singolo, gruppo o istituzione può affermare di avere l’unica risposta giusta. Abbiamo bisogno gli uni degli altri. Non possiamo trascurarci a vicenda.
Dopo questo promemoria conciliatorio, il cardinale offre un modo concreto in cui può affrontare come vescovo la violenza crescente, sottolineando che questo problema non è solo politico o criminale, ma umano.
Invitiamo le famiglie, le agenzie governative nazionali, le unità governative locali, le organizzazioni, le scuole, le comunità basate sulla fede, i medici, i poliziotti, i militari, i tossicodipendenti in via di recupero ecc. a riunirsi, ascoltarsi e a tracciare una via comune.
Il problema delle droghe illegali non dovrebbe essere ridotto a una questione politica o criminale. È una preoccupazione umanitaria che riguarda tutti noi. L’arcidiocesi di Manila è disponibile a ospitare questo dialogo plurisettoriale.
La sua dichiarazione mostra come la Chiesa non si limiti a predicare, ma operi per difendere l’umanità.
8 settembre 2017 – 19 giorni dopo la sua dichiarazione precedente, il cardinale ne ha rilasciata un’altra, che un giornalista ha definito “la sua dichiarazione scritta più forte contro gli omicidi nel contesto della guerra della droga”.
Nel testo, Tagle riferisce di aver ospitato un dialogo plurisettoriale cinque giorni dopo la sua ultima dichiarazione, e menziona come abbia trascorso del tempo con le famiglie delle vittime e predicato un ritiro di mezza giornata presso l’Accademia Nazionale di Polizia delle Filippine.
Queste iniziative pratiche, che interessano le persone da entrambe le parti della questione, sottolineano la sua salda convinzione che la soluzione più efficace a questa ondata di morte debba favorire l’unità più che la divisione.
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La sua preferenza per l’unità, ad ogni modo, non significa che nasconda il problema sotto il tappeto. Come mostra l’estratto seguente, il crescente numero di morti lo turba profondamente. Anziché biasimare agenzie governative o individui particolari, tuttavia, preferisce considerare la responsabilità della governance come responsabilità di tutti i filippini:
Con dolore e orrore continuiamo a ricevere notizie quotidiane di omicidi in tutto il Paese. Non possiamo permettere che la distruzione di vite diventi una cosa normale. Non possiamo governare la Nazione uccidendo. Non possiamo promuovere una cultura filippina umana e degna attraverso gli omicidi. Denunciamo come disumano e non cristiano un atto volontario progettato e volto a infliggere dolore o morte ai danni di una persona umana, ed esortiamo chi ferisce o uccide gli altri ad ascoltare la propria coscienza, la voce di Dio che ci esorta a fare il bene e a evitare il male. La violenza senza cuore può essere conquistata solo cambiando i cuori e scoprendo nel più profondo del nostro essere l’inclinazione a fare il bene e ad amare il nostro prossimo.
Il cardinale conclude la sua lettera ricordando che si può vincere la violenza solo quando chi è responsabile degli omicidi sperimenta una conversione del cuore e riscopre il proprio desiderio interiore di fare ciò che è giusto. Questo promemoria esorta i filippini a rendersi conto del fatto che la causa del problema non è né politica né limitata a pochi politici corrotti. La causa di fondo è una ferita che tutti noi condividiamo come esseri umani – una ferita che solo la grazia può guarire e cambiare.
[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]