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Padre de Servigny: le tre tentazioni del cattolico contemporaneo

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Mark Esnault - pubblicato il 14/09/17
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Si dice che siano di ritorno, senza complessi, mobili. Eppure i numeri sono numeri: i cattolici francesi sono sempre meno numerosi e praticanti. Padre Gérald de Servigny rifiuta la negazione della realtà, ma grazie al quadro oggettivo che tira su permette di identificare le ragioni obiettive per cui si può sperare nel rinnovamento. A condizione di saper riconoscere e aggirare tre rischi molto contemporanei.

I cattolici stanno davvero tornando? A questa domanda, battuta e ribattuta senza posa, manca spesso uno sguardo. Quello del prete. Parroco a Notre-Dame des armées a Versailles, padre Gérald de Servigny, autore di diversi libri, si è posto la domanda. E ne ha fatto un libro, che riprende la questione del titolo. Vi si pone una lucida constatazione circa il declino della Chiesa in Francia, prima di offrire delle chiavi di lettura che aprano alla speranza. L’abbiamo intervistato.

Aleteia: Quali sono le ragioni che l’hanno spinta a scrivere questo libro?

Padre de Servigny: Durante un ritiro ho incontrato un prete molto anziano, col quale abbiamo parlato della pratica religiosa in Francia. Discutendo del tasso di pratica religiosa, mi ha dato dei numeri che mi hanno fatto l’effetto di una mazzata: negli anni ’50, la pratica religiosa nel suo orticello in Normandia era del 95%. Adesso si aggira intorno al 5%. Ci si domanda come in cinquant’anni i cattolici sono potuti scomparire così. Ecco la domanda che ho voluto porre.

In effetti i numeri sono numeri…

È il vantaggio di un bilancio numerico: impedisce di chiudere gli occhi e di rassicurarsi artificialmente. Bisogna parlare papale papale dello stato in cui versa la nostra Chiesa, della sua realtà. Come si è potuti passare dal 92% di battezzati nel 1960 a poco più del 30 di oggi? Come si fa a non vedere il numero delle vocazioni che decresce incessantemente malgrado il supposto risveglio dei cattolici? La situazione deve essere affrontata così com’è, non come vorremmo vederla.

A quali fattori attribuisce questo declino?

I fattori storici sono importanti: la Rivoluzione francese, la separazione di Stato e Chiesa, le due guerre mondiali, il Maggio ’68… tutto questo ha contribuito, in ondate successive, a scristianizzare la Francia in profondità. Ma non bisogna trascurare i fattori filosofici e antropologici, che sovente risultano legati ai primi, in particolare l’emergere della postmodernità. La modernità è morta con la guerra. Auschwitz ha ucciso l’idea di uomo compiuto e il gulag quella di societas perfecta. Emerge dunque la postmodernità, una matrice completamente deostruita che lascia il posto a un individualismo forsennato e all’“uomo malato” descritto da sant’Agostino.

La Chiesa è quindi in balia delle onde? È sul punto di sprofondare?

La vera domanda è questa: la Chiesa può sparire in Francia? La risposta è sì. Può. Madeleine Delbrêl aveva scritto, nel 1966: «Un mondo cristianizzato sembra vuotarsi dal didentro, anzitutto di Dio, poi del Figlio di Dio, poi di ciò che questi comunica di divino alla sua Chiesa… spesso è il guscio ciò che collassa per ultimo». Siamo all’ultima fase: non possiamo sentire i collassi semplicemente perché hanno già avuto luogo.

Eppure lei suggerisce dei fattori di speranza

Sì, la trasformazione profonda della società operata da una parte della classe politica è stata un elettroshock per molti cattolici. Mentre tutti pensavano che il cattolicesimo francese fosse morto, abbiamo visto un milione di persone alzarsi in piedi. A seguire, le iniziative politiche, civiche e spirituali sono innumerevoli e augurano un rinnovamento possibile. A condizione, evidentemente, di evitare gli scogli più perigliosi.

Nel suo libro, in effetti, lei nota tre insidie che attendono i cattolici francesi. Quali sono?

Sono le tre tentazioni del cattolico contemporaneo. L’imborghesimento, l’atteggiamento da Ultimo dei Moicani e il cattolicesimo a mezz’aria. I tre scogli che fanno del cattolico rispettivamente un mondano, un isolato o un essere disincarnato. Ma fortunatamente ho visto molti giovani crescere, metter su progetti, impattare sulla società civile e mostrarsi per cattolici senza complessi, diversamente da quanto avveniva negli anni ’60, quando faceva bon ton nascondere la propria fede.

Alcuni dicono che abbiamo guadagnato in qualità anche se abbiamo largamente perduto in quantità.

È una visione troppo semplicistica. Guardiamoci dal giudicare i nostri predecessori come dei tiepidi, al contrario non facciamoci un a priori troppo positivo dei nostri contemporanei. Lungi da ogni manicheismo, ho voluto tracciare un bilancio quasi contabile dello stato della Chiesa in Francia, prima e adesso. Il ritorno è possibile, ma di sicuro non è trionfante.

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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