Perché occuparsi di diete alimentari? Perché non si tratta solo di questo, purtroppo. Vegetarismo e veganismo sfociano spesso in vere e proprie filosofie etiche, arrivando a parlare di “religione verde”.
Anzi, proprio alla base di queste convinzioni si intravede l’ideologia riduzionista che eleva eticamente l’animale a livello dell’uomo, rendendolo un nient’altro che, privandolo della sacralità di figlio di Dio, creato a Sua immagine e somiglianza. Come è stato giustamente sottolineato, sul sito www.eticanimalista.org si legge: «alcune religioni indicano l’uomo come immagine e somiglianza della divinità», eppure, «non credo che nell’animo umano vi siano sentimenti di generosità e di altruismo e quindi neppure che esso possa essere emanazione di volontà divina». Per cui, «molto meglio allontanarsi da quelle religioni che predicano l’antropocentrismo come discendenza divina» e avvicinarsi al «pensiero animalista, che è concreto e contestuale, libero da dogmi e da retaggi storici».
Non è un caso se i principali teorici dell’ateismo sono anche vegetariani e si battono per estendere agli animali i diritti umani, da Dawkins a Veronesi, da Luis Zapatero e Peter Singer. Proprio quest’ultimo scrive: «Lo scopo del mio argomento è di elevare lo status degli animali piuttosto che di abbassare lo status di qualsivoglia gruppo umano» (P. Singer, Etica pratica, Liguori editore 1988, p. 74), perché «chiamare “persona” un animale può sembrare strano solo perché è un segno dell’abitudine considerare la nostra specie rigidamente separata dalle altre» (p. 99). Checché ne dica il suo estimatore italiano, il filosofo vegano Leonardo Caffo, bastano poche righe perché Singer tragga le dirette conseguenze: «sono caratteristiche come la razionalità, l’autonomia e la coscienza di sé ad essere rilevanti. I neonati non hanno queste caratteristiche e ucciderli non può essere equiparato ad uccidere esseri umani normali, o qualsiasi altri esseri autocoscienti», tanto meno agli animali, che hanno capacità razionali maggiori degli umani disabili (compresi i Down). Infatti, «se per una donna l’onere di prendersi cura del bambino disabile comporta l’impossibilità di far fronte a un terzo figlio, e se la morte di un bambino disabile può portare alla nascita di un bambino con migliori prospettive di vita, allora la quantità totale di felicità sarà maggiore se il bambino disabile viene ucciso. La perdita della vita del bambino disabile è più che compensata dal guadagno di una vita più felice del bambino sano» (p. 186).
E’ l’animale che va sacralizzato, non la dignità umana. Lo stesso ragionamento era alla base della legge nazista sui diritti degli animali varata dal Führer, vegetariano militante, nel 1933 –portata recentemente alla luce da La Stampa-, in cui si legge:
«E’ proibito operare o trattare animali vivi a scopo sperimentale in modo che possa essere loro provocato sensibile dolore». Un divieto che fa riflettere se si pensa all’ampio uso di cavie umane -anche bambini- usate senza scrupolo per gli esperimenti scientifici nei lager. A proposito del legame tra i “verdi” e le violente ideologie, proprio la settimana scorsa un ministro del governo svedese, Mehmet Kaplan, si è dovuto dimettere dopo che sono emersi stretti legami tra il suo partito, i Verdi, e la coalizione terroristica dei Fratelli musulmani.
Tutto questo ovviamente non significa certo avvallare la gratuita violenza contro gli animali, il sano ecologismo infatti nasce e si giustifica in ambito cristiano, ed è stato il cristianesimo ad eliminare i sacrifici animali (e umani) ampiamente promossi dalle civiltà pre-cristiane. Ancora oggi la Chiesa cattolica è la prima alleata in questo ambito, come è stato ricordato anche da noti ambientalisti: «la Chiesa sta contribuendo sensibilmente alla maturazione del concetto di responsabilità ecologica». Proprio recentemente, ad esempio, i vescovi cattolici dell’India hanno bandito l’uso dell’avorio negli oggetti di culto per scoraggiare lo sterminio degli elefanti.
Nella sua enciclica “ecologista”, la Laudato Sì, Papa Francesco ha scritto che tutto «questo non significa equiparare tutti gli esseri viventi e togliere all’essere umano quel valore peculiare che implica allo stesso tempo una tremenda responsabilità. E nemmeno comporta una divinizzazione della terra, che ci priverebbe della chiamata a collaborare con essa e a proteggere la sua fragilità». Come spiegavamo inizialmente, anche il Papa avverte «l’ossessione di negare alla persona umana qualsiasi preminenza, e si porta avanti una lotta per le altre specie che non mettiamo in atto per difendere la pari dignità tra gli esseri umani. Certamente ci deve preoccupare che gli altri esseri viventi non siano trattati in modo irresponsabile, ma ci dovrebbero indignare soprattutto le enormi disuguaglianze che esistono tra di noi. Non può essere autentico un sentimento di intima unione con gli altri esseri della natura, se nello stesso tempo nel cuore non c’è tenerezza, compassione e preoccupazione per gli esseri umani». Ed infine: «è evidente l’incoerenza di chi lotta contro il traffico di animali a rischio di estinzione, ma rimane del tutto indifferente davanti alla tratta di persone, si disinteressa dei poveri, o è determinato a distruggere un altro essere umano che non gli è gradito», tramite l’aborto, ad esempio. Il Papa delinea bene l’ideologia che vive dietro all’animalismo sfrenato e all’ideologia del veganismo come scelta motivata da filosofie riduzioniste.
Bisognerebbe mettere anche in discussione il presunto effetto salutare di queste diete alimentari, poiché esse comportano l’assenza di vitamina B12 (non presente nel mondo vegetale, che abbassa i livelli di omocisteina), il ridotto apporto di Ferro e Calcio (con tutte le varie conseguenze, come l’alto rischio di osteoporosi), l’eccesso di acido fitico (che riduce l’assorbimento di zinco, calcio, magnesio e ferro), l’eccesso di ossalati (che inibiscono l’assorbimento di ferro, magnesio e calcio), la carenza di alcuni aminoacidi e grassi essenziali (ad esempio l’omega 3), fondamentali per la salute ecc. Basterebbe ricordare che la vegana più famosa al mondo, Jordan Younger, ha iniziato a mangiare pesce e carne perché rischiava la vita a causa dei bassissimi livelli nutritivi.
Non stupisce nemmeno il proliferare di studi che rilevano che vegetariani e vegani sono “meno sani” e con una minor lunghezza di vita (in particolare: maggiore incidenza di cancro, allergie e disturbi di salute mentale, maggiore necessità di assistenza sanitaria e più povertà della qualità della vita). L’ultimo è apparso pochi giorni fa, pubblicato su “Molecular Biology and Evolution” dalla Cornell University: è emerso, infatti che, l’abitudine ad un’alimentazione vegetariana ha portato, nel corso dell’evoluzione, un cambiamento del Dna di alcune popolazioni, che aumenta il rischio di infarti e cancro. Confrontando la popolazione vegetariana di Pune (India) con quella carnivora del Kansas (Stati Uniti), gli studiosi hanno osservato un aumento del rischio di malattie del cuore e dei tumori del colon nelle popolazioni in cui sono presenti variazioni genetiche legate alla dieta vegetariana. Senza considerare, afferma un terzo studio, che la dieta vegetariana potrebbe essere più dannosa per l’ambiente in termini di emissioni di gas serra, e c’è chi fa notare che anche le piante soffrono e cercano di aiutarsi, altri osservano che hanno una vita di relazione che viene brutalmente soppressa dagli animalisti: «Vi sono i vegetariani che rinunciano al rispetto della vita vegetale per proteggere quella animale», ha scritto ironicamente Umberto Eco (In cosa crede chi non crede?, Liberal 1996, p.9).
«I veri barbari», ha spiegato il filosofo laico Fernando Savater, docente presso l’Università di Madrid, «sono coloro che non distinguono uomini e animali. Caligola, che fece senatore un cavallo e uccise centinaia di persone che non apprezzava, quello era un barbaro. Perché trattava gli uomini come gli animali e gli animali come gli uomini». Claudio Magris ha ben sintetizzato: «La nostra esistenza e la nostra morale si basano su una radicale distinzione tra gli uomini e le altre creature viventi. Non è possibile applicare l’ etica kantiana agli animali né porre sullo stesso piano il genocidio di esseri umani e la distruzione di specie animali. Per l’universo, la Shoah e l’estinzione dei dinosauri sono probabilmente due fenomeni non troppo diversi, ma per noi no. Non è la religione ma sono l’etica e l’umanesimo a venir messi in crisi da un naturalismo radicale e a costringerci a separarci, nettamente e anche violentemente, dalla totalità dell’universo vivente, da tutte le altre creature».