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L’incredibile clausura di una suora che per 45 anni “ha visto” solamente Gesù

La monaca rimasta reclusa per 45 anni

Julia Crotta, alias Suor Nazarena, prima di prendere i voti

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia Italia - pubblicato il 04/08/17
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La vicenda della monaca camaldolese è ancora avvolta nel mistero. Si cibava di pane e acqua e passava le giornate senza vedere nessuno

Per Julia Crotta, il Monastero camaldolese di Sant’Antonio Abate a Roma fu l’approdo di una lunghissima e sofferta ricerca vocazionale, cominciata geograficamente e culturalmente negli Stati Uniti.

Lei, originaria del Connecticut è considerata l’ultima religiosa “reclusa”.  Grazie ad una speciale autorizzazione di Papa Pio XII, questa monaca camaldolese conosciuta come suor Nazarena, ha vissuto quarantacinque della sua vita reclusa in una piccola cella del monastero sul colle Aventino. Senza mai parlare e incontrare nessuno.

Per la prima volta la sua cella è stata aperta al pubblico in occasione del reportage di Tv 2000, nel corso della trasmissione “Indagini ai confini del sacro” andato il onda il 7 febbraio scorso. Della sua vicenda si sono interessati papi e fedeli, ed è tuttora avvolta nel mistero.

BASKET E DANZA

Nata il 15 ottobre 1907, settima figlia di una coppia di immigrati italiani, Julia studia con successo musica e letteratura. Si laurea e allo stesso tempo pratica danza e basket. E’ una bella ragazza, alta e slanciata. Ha tanti amici e per lei si prospetta una carriera professionale o sportiva. E chissà un matrimonio e dei figli (www.camaldolesiromani.com).

“VIENI NEL DESERTO”

Eppure Julia non prende mai in considerazione nessuna di questa ipotesi. “Vieni con me nel deserto”: è la voce che sente mentre, a ventisette anni, nel 1934, sta partecipando quasi per caso a un ritiro spirituale in preparazione alla Pasqua. Vive quella che definirà nelle sue Lettere, una nox beatissima, un’esperienza che cambia il corso della sua vita, durante la quale Gesù in persona la chiama a fargli compagnia nel deserto e il cui esito finale saranno decenni di reclusione monastica.

IPOTESI PALESTINA

Come spiega il giornalista David Murgia, che ne ha ricostruito la biografia, non capisce subito cosa le è richiesto e non sa davvero come metterlo in pratica. Valuta anche la possibilità di recarsi materialmente nel deserto della Palestina, ma ha l’equilibrio e il buon senso di ascoltare fedelmente i consigli del proprio direttore spirituale. «Non mi fido assolutamente di quanto provo, anche quando credo che venga da lui [Dio]. Mi fido invece di chi parla nel suo nome», scriverà anni dopo.

“SAPEVO CHE SAREBBE ACCADUTO”

Eppure lei sentiva che quel giorno sarebbe avvenuto. «Dio mi diede grazie fuori dall’ordinario, sentivo che il matrimonio non era per me, e la mia vita era destinata ad altro. Sapevo che un giorno mi sarebbe stato di conoscere questa via fuori dall’ordinario, che ero chiamata a seguire», riporta in un’altra Lettera.

DOPO UNDICI ANNI

Passeranno undici anni da quella prima chiamata al deserto, senza che Julia mai abbandoni il suo proposito e mai scalpiti per fare di testa sua. La ricerca dell’approdo sarà continua e incessante. Riuscirà infine a trovare la sistemazione che desidera a Roma, presso il monastero di Sant’Antonio abate, come reclusa dell’ordine camaldolese.



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L’INCONTRO CON PIO XII

Il 21 novembre 1945 Julia viene ricevuta da papa Pio XII, il quale le dà la sua benedizione, legge il regolamento di vita che Julia ha stilato per la propria reclusione, teme che sia troppo esigente per la giovane donna, ma alla fine l’approva. Subito dopo monsignor Giulio Penitenti, che si è occupato della sua sistemazione, accompagna Julia nella cella dalla quale non uscirà più fino alla fine della sua vita.

RARISSIMI CONTATTI

Per tutta la vita Julia, ormai suor Maria Nazarena, sarà una donna forte, equilibrata, allegra, così la descrivono le uniche persone con cui ha rarissimi contatti: padre Anselmo Giabbani, a lungo Procuratore generale dell’Ordine camaldolese e suo padre spirituale fino alla fine della vita, e la Madre Abbadessa del monastero presso cui risiede.

«Mai, in questi 43 anni, ho provato tristezza, noia; al contrario una gioia sempre nuova, che non perde la sua freschezza. Come quella dell’eternità», scrive suor Nazarena nel 1988, due anni prima di morire, nei ricordi autobiografici estesi su insistenza del padre Giabbani  (Il Timone, 7 febbraio 2015).

PANE E ACQUA

La regola di vita di suor Nazarena è molto rigorosa. Dal minuto 11’47 del video di Tv 2000 si possono vedere le condizioni di incredibile austerità in cui è vissuta questa religiosa.

La sua stanza è una cella di cinque metri per tre, dorme, senza materasso e cuscino, su una cassapanca di legno a cui è stata inchiodata una croce, lavora alcune ore al giorno intrecciando le palme che si distribuiscono nel periodo di Pasqua, ha momenti di preghiera, di studio e di lectio divina, partecipa alla Messa da una finestrella con grata, attraverso la quale riceve la comunione. Ha un regime alimentare a pane e acqua quasi tutti i giorni della settimana (alcuni giorni si aggiungono un cucchiaino d’olio, un po’ di frutta o di verdura, o ancora un poco di marmellata), ulteriormente inasprito in quaresima e nei tempi penitenziali della Chiesa.



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TOTALE UNIONE A CRISTO

Nazarena, che da giovane aveva avuto un appetito robusto, scrive: «Soffro la fame (e ne sono contenta; altrimenti non avrei nulla da offrire), ma è sopportabile».

La chiave della vita di suor Nazarena è un’offerta totale di sé, in unione alle sofferenze di Cristo, per il bene delle anime e della Chiesa, ma nel totale nascondimento: «La supplico di non dire più nulla di me, lasci cadere tutto nel vuoto, nel silenzio. Credo che l’ora di Dio sia ancora molto lontana. Ho l’impressione che scoccherà solo dopo la mia morte».

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