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La vera fecondità: la storia di Laura e Filippo

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Silvia Lucchetti - Aleteia Italia - pubblicato il 18/07/17
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Due sposi cristiani ricevono in abbondanza il dono della vita affidandosi alla Provvidenza Spesso ci interroghiamo sul significato profondo delle parole: sterilità, infertilità, fecondità e apertura alla vita.
Vi confesso che spesso in questi quattro anni di matrimonio ho avuto bisogno di ricevere chiarimenti rispetto a dei dubbi personali dai sacerdoti incontrati nei confessionali. Dopo il matrimonio mi veniva spontaneo interrogarmi su queste tematiche. Forse avrei dovuto approfondirle prima, in parte lo avevo fatto anche tramite il corso di preparazione al matrimonio. Ma si sa, ci vuole tempo e preghiera per comprendere certe questioni che hanno così a che fare con la nostra vocazione.

“Il centuplo quaggiù. Adozioni internazionali e tanta Provvidenza” (Berica editrice, collana UomoVivo) di Laura Debolini e Filippo Fiani è un libro che aiuta ad entrare nel senso vero dei termini maternità, paternità, accoglienza della vita, famiglia.

Laura e Filippo sono due sposi che raccontano ognuno con la propria voce il desiderio di famiglia numerosa che hanno nutrito fin dal fidanzamento, il sogno di una casa aperta a tutti e viva, le loro esperienze di affidi brevi e lunghi, di figli accolti e lasciati andare.



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Il cuore del libro è l’avventura d’amore e burocrazia intrapresa per adottare in tempi diversi due bambini peruviani: Maria Pilar e Samuel. Ma poi la famiglia si allarga inaspettatamente, dopo tanti anni di matrimonio, con la nascita di Elisabetta.

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La bella introduzione dei fondatori di Ai.Bi. Marco Griffini e Irene Bertuzzi sottolinea che il libro è

“Dedicato a tutte quelle coppie che vogliono intraprendere la strada dell’adozione e hanno bisogno di risposte non solo tecniche, ma anche emotive. Dedicato a quelle famiglie che hanno sperimentato l’adozione e si ritrovano a rivivere il viaggio della speranza, le paure, le incertezze, la felicità e la gioia di essere genitori. Dedicato a tutte le famiglie che si sentono famiglia”.

Un libro per tutti: perché ciascuno ha bisogno di comprendere la differenza tra voler possedere e rendersi disponibili ad amare e accudire incondizionatamente.

Il libro non è un manuale pratico e veloce per sapere tutto sull’adozione, anche se non mancano informazioni importanti, ma è un diario prezioso di due sposi cristiani. Perché come si legge nell’introduzione…

«L’adozione non è un poderoso dossier, un cumulo di pratiche infinite, né tutto ciò che serve per definire un atto giuridico. L’adozione per Laura e Filippo è molto, molto di più: è un vero atto di fede».

Dopo il matrimonio celebrato l’8 dicembre del 2001 Laura e Filippo mettono subito in atto, almeno in parte, i desideri che avevano maturato nel fidanzamento attraverso un cammino di fede.

«I nostri progetti erano ancora tutti rimandati a data da destinarsi, la condizione lavorativa di Laura oltre che precaria, prevedeva di seguire corsi lontano da casa, quindi all’inizio, la nostra apertura ai figli fu limitata a piccoli progetti di accoglienza temporanea, ospitalità a tempo determinato e soggiorni terapeutici di bambini provenienti dalle varie parti del mondo».

Nel frattempo la coppia comincia a pensare anche a un figlio proprio, però “i mesi passavano ma i tentativi non sembravano produrre gli effetti sperati. Era ancora presto per pensare a eventuali problemi e il sistema dei tentativi non era poi così spiacevole…”.

La storia continua con il racconto dell’iter burocratico fatto di file interminabili, di impiegati “fantasiosi”, di attese degne di Ulisse, tutto intervallato da racconti di vita quotidiana, accoglienza di ragazzi in affido, traslochi, consapevolezze. Le due voci si alternano, ed è bello così: la narrazione ne guadagna in vivacità e completezza.

FILIPPO AFFERMA SENZA MEZZI TERMINI COSA SIA (E COSA NON SIA) L’ADOZIONE

«Decidere di rendersi disponibili all’adozione, non è un surrogato della maternità, non è una cura alla sterilità e non è neppure la voglia di avere un figlio: è il desiderio di rendere una famiglia a qualcuno che non ce l’ha più. Chi pensa: «Poverini, non ne possono avere, hanno dovuto adottare…», non c’ha capito nulla e chi arriva all’adozione solo dopo averle provate tutte è pure messo peggio. (…) Non si va a scegliere un bambino dando le misure, il colore degli occhi, dei capelli, chiedendolo vaccinato, senza nei, automunito e milite-esente. Si va a dare una disponibilità, nella speranza che chi se la trova tra le mani, ne faccia buon uso e ti abbini a dei figli tenendo conto delle tue capacità e delle loro esigenze».


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E ORA LA PAROLA A LAURA…

«Quando ti sposi, convinta di farlo davanti al Signore, sicura che costruirai una famiglia, magari anche numerosa, e Dio non ti dona quello che ti ha promesso, la tentazione di pretendere questi doni si fa avanti. Ma non cedi e allora cosa fare? La risposta a quello che è stato il cammino fatto insieme a mio marito quando abbiamo deciso di seguire la strada dell’adozione l’ho trovata sintetizzata in due frasi di Chiara Corbella Petrillo quando ho avuto la grazia di conoscere la storia di questa donna meravigliosa: «Qualsiasi cosa farai avrà senso solo se la vedrai in funzione della vita eterna. E se starai amando veramente te ne accorgerai dal fatto che nulla ti appartiene veramente perché tutto è un dono». Eccoci qua, con queste poche parole si spazza via ogni egoismo, ogni pretesa, ogni presunto diritto al figlio e ogni arroganza, perché tutto è dono. La suora che ci aveva preparato al matrimonio ci aveva detto che i figli sono tutti in affidamento, niente è nostro, Dio ce li consegna perché noi li cresciamo, li educhiamo, li mettiamo possibilmente nella strada che porta a Lui, in cambio di sorrisi e tenerezze e sbavate in tutti gli abiti possibili, ma loro sono, sono indipendentemente da noi, sono e basta».

Sono molto emozionanti i racconti delle telefonate che annunciano l’abbinamento con Maria Pilar e, solo alcuni anni dopo quello con Samuel. Laura e Filippo condividono con i lettori pagine molto belle, intime e allegre, senza seguire un percorso temporale lineare che, se inizialmente spiazza, poi permette di riprendere fiato, asciugare le lacrime e finire di ridere.

Filippo racconta così l’attesa prima di vedere Maria Pilar:

«Trascorremmo le due ore più lunghe del mondo in un fastfood dove mangiammo dei pezzi di pollo fritto che io ingoiavo senza masticare, come inebetito. Ricordo vagamente che mia moglie e la nostra accompagnatrice Eugenia ridevano del mio stordimento e ancora oggi, ogni volta che vedo la faccia baffuta del signor KFC, mi sento un groppo in gola, come se avessi ingoiato un pollo intero con le penne e tutto. (…)».

Dopo l’adozione di Maria Pilar i due coraggiosi sposi, sprezzanti della burocrazia, (più Laura a dire il vero, visto che è lei ad occuparsi di documenti e domande) ricominciano il percorso una seconda volta. Altro giro altra corsa. Se questo non è amore!



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Due anni, tre e mesi e quattro giorni il tempo per l’abbinamento di Maria Pilar, mentre per Samuelcinque anni, un mese e dieci giorni.

«Arrivò il gran momento e venimmo a sapere che il giorno 30 settembre, mentre noi eravamo a goderci lo spettacolo pirotecnico della festa del perdono del nostro paese, a Lima qualcuno ci ha voluto regalare il fuoco d’artificio più spumeggiante e fantasmagorico che avessimo mai visto: Samuèl!».

Ma i fuochi d’artificio non finiscono qua perché – anticipata dall’”antefatto profetico” di Maria Pilar che durante una visita all’acquario di Genova chiede alla madre due regalini: uno per il fratello che sapeva dover arrivare e l’altro per una sorellina forse solo desiderata – la Provvidenza Divina sorprende i due sposi che, dopo 14 anni di matrimonio e due figli adottivi, scoprono di aspettare Elisabetta.

Ora sono in cinque, ma chissà cos’ha ancora in serbo il Signore per loro!

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